Oggi ricorre il 40° anniversario della morte di Tolkien. Paolo Gulisano ha scritto per noi un pezzo “celebrativo”, ma non solo
Bournemouth, Inghilterra, una tranquilla località climatica affacciata sulla Manica. E’ lì che si spense, il 2 settembre 1973, quarant’anni fa, John Ronald Tolkien. Se ne andò in una giornata di fine estate, ancora piacevolmente calda. Bournemouth era un villaggio particolarmente caro a Edith, la donna della sua vita, che lo aveva lasciato due anni prima.
In quegli ultimi giorni di vita, trascorsi sulle rive del mare, mentre sentiva la vita sfuggirgli, certamente Tolkien ricordò con commozione profonda la conclusione di Il Signore degli Anelli, la struggente partenza dei Portatori dell’Anello e degli Elfi di alto lignaggio che lasciavano per sempre la Terra di Mezzo Tolkien parla, in quelle pagine, di “tristezza benedetta e priva di ogni amarezza”. Tale era lo stato d’animo, appena mitigato dalla solenne serenità che infondeva Gandalf, che ora portava al dito il Terzo Anello, Narya il grande. Sulle rive del Mare finisce definitivamente la Compagnia dell’Anello, un’epopea che nessuno voleva vedere conclusa, ma che doveva conoscere — come dagli imperscrutabili disegni di Iluvatar — il suo epilogo. Frodo aveva baciato Merry e Pipino e per ultimo Sam al quale era consegnato il testimone della memoria, il dovere del ritorno, il compito di tramandare il ricordo degli avvenimenti, perché la gente ricordasse il Grande Pericolo e amasse ancora di più il proprio caro paese.