Dai farmaci ai tamponi, zero strategia: le falle del Cts

Sfogliando i verbali del Comitato Tecnico Scientifico, emerge un quadro problematico sulla gestione dal punto di vista epidemiologico. Subito dopo lo stato di emergenza, il Cts si limitava a raccomandare l’igiene personale: non si parla di tamponi, di identificazione e isolamento dei casi. La prima richiesta agli ospedali di aumento dei posti letto è del 1° marzo. In compenso ci si è preoccupati di non discriminare i guariti. Capitolo nero, quello dei farmaci: per acquisire i primi procolli terapeutici dell’Aifa si è atteso fino al 27 marzo, pochi giorni prima del picco, raggiunto il quale il Cts cantava vittoria parlando di pandemia sotto controllo. 

“Ce lo chiedono gli scienziati…Lo hanno detto gli esperti”. Questo è da mesi il ritornello con cui il Governo giustifica agli occhi degli italiani le misure prese. Davanti a tale autorità tutti hanno dovuto – o voluto –  piegare il capo.

Sfogliando i verbali desecretati delle riunioni del Comitato Tecnico Scientifico, emerge un quadro decisamente problematico sulla gestione dell’epidemia da parte del Direttorio tecnico, in particolare dal punto di vista della strategia epidemiologica.

Partiamo dal Verbale numero 12, del 28 febbraio. Il Coronavirus è ufficialmente in Italia da alcuni giorni, le televisioni ci mostrano le immagini di Codogno e i casi iniziano a diffondersi. Da parte sua il Governo ha dichiarato lo Stato di Emergenza destinato come sappiamo ora a durare a tempo indeterminato. Da due mesi riceviamo notizie e immagini inquietanti dalla Cina. Sta per scoppiare l’epidemia che come ora sappiamo verrà enfatizzata mediaticamente come il nuovo grande flagello, come la nuova Spagnola. Quali sono dunque le proposte strategicheche il CTS fa al Governo, che da parte sua è partito a spron battuto con le chiusure? Le leggiamo al punto “Adozioni misure igieniche per le malattie a diffusione respiratoria”. Si tratta delle comuni misure igieniche: lavarsi spesso le mani, coprirsi naso e bocca se si starnutisce, usare disinfettanti.

Ma era appena arrivata l’influenza o quella che poi è stata fatta passare per una tragedia planetaria? Non si parla assolutamente di tamponi, di identificazione e isolamento dei casi, di strategie epidemiologiche. C’è invece la raccomandazione da far avere ai cittadini di non prendere farmaci antivirali né antibiotici, se non prescritti da un medico. Un po’ poco. E sui dispositivi di protezione individuale? Il CTS è categorico: “Usare la mascherina solo se si sospetta di essere malato o si assiste persone malate”. Ma come? Questo presidio che è diventato ormai un must, il simbolo stesso della vita al tempo del Covid, che deve essere utilizzata anche in spiaggia a Ferragosto, a febbraio era presa in considerazione solo in questi due casi? Allora non era ancora provata scientificamente la sua utilità?

Nel verbale inoltre manca totalmente una visione strategica di quello che si sarebbe dovuto fare per affrontare il grave problema incombente. Qualcuno se ne doveva essere accorto, e due giorni dopo, nella riunione del 1 marzo, finalmente si parla di ospedali, esprimendo la richiesta di un aumento dei posti letto, e una riorganizzazione dei reparti. Alla buonora.

Nel prestigioso gruppo di lavoro è però totalmente assente ogni riferimento alla Sanità territoriale, e di lì a poco molte regioni, in primis la Lombardia, avrebbero dato disposizione ai Medici di Base di chiudere gli ambulatori. Per molte persone questo avrebbe significato non sapere a chi rivolgersi, se non agli ospedali, intasando i Pronto Soccorso. Gli scienziati del CTS non lo avevano previsto? Ancora una volta manca una strategia precisa di contenimento, di individuazione e trattamento dei casi. Si parla di “sviluppo ed implementazione del contact tracing, anche attraverso il potenziamento dei Dipartimenti di Prevenzione”, che però resterà lettera morta.

Però comincia a fare capolino l’idea delle App di tracciamento, la famosa immuni. Mente i morti diventavano migliaia, sempre in un verbale del mese di marzo vediamo il CTS prendere in considerazione l’idea di una modifica dell’atteggiamento nei confronti dei dispositivi di protezione. Troviamo questo punto in un ordine del giorno: “Analisi della opportunità circa l’impiego diffuso di dispositivi di protezione delle vie aeree anche alla popolazione generale”. E se dicessimo a Conte di farle indossare a tutti? Massì. Poi ci avrebbe pensato il Premier a non farle togliere più. Nello stesso verbale leggiamo anche di “analisi delle problematiche relative alla trasmissione intrafamiliare” del contagio. In realtà i principali luoghi di diffusione del virus erano quelli sanitari: in primo luogo gli ospedali, e poi le strutture di ricovero per anziani per le quali non era stata prevista alcuna messa in sicurezza. Eppure le evidenze medico-scientifiche avevano già abbondantemente dimostrato che si trattava di un’epidemia geriatrica, pericolosa per gli anziani e le persone con fragilità di salute.

Ma c’erano altre criticità che attiravano l’attenzione del CTS. Nella riunione del 30 marzo, uno dei temi all’ordine del giorno era: “Aspetti psicologici relativi allo stigma sociale dei pazienti guariti, al rientro dopo le misure di contenimento”. Una preoccupazione rilevantissima: guai all’insorgere di forme di “discriminazione”, di “razzismo”, verso chi ha avuto il Covid. Una preoccupazione surreale, ideologica, lontana dalla realtà, che non ha mai visto una persona malata e poi guarita oggetto di chissà quali discriminazioni. Forse in quei giorni di fine marzo – mentre ci si avvicinava al picco – sarebbe stato necessario attivare ben altre attenzioni psicologiche: verso le persone sempre più terrorizzate, che spesso hanno finito per suicidarsi, per i bambini segregati in casa, per le persone con patologie croniche impossibilitate a fare esami e visite di controllo.

In realtà ai bambini lo stesso verbale dedica un punto piuttosto elaborato, con una serie di indicazioni su come intrattenerli durante il lockdown. A parte il valore pedagogico piuttosto dubbio di queste note, da un punto di vista di medicina preventiva stupisce l’indicazione di avviarli all’attività culinaria, col rischio (molto alto secondo le statistiche) di incidenti domestici coi fornelli, dai quali ogni buona mamma sa che i bambini vanno tenuti lontani.

Infine, il capitolo farmaci. Nei verbali del CTS non se ne accenna fino al 27 marzo. I medici aspettavano disperatamente indicazioni su come agire, su cosa somministrare. I protocolli terapeutici evidentemente non rientravano nel suo campo di interesse, anche se sappiamo che singoli esponenti del Direttorio non si facevano pregare per rilasciare dichiarazioni contro la validità di farmaci o terapie utilizzate con successo sul campo. Nel verbale del 27 marzo però vengono acquisite alcune indicazioni dell’Aifa sulla sperimentazione in corso di alcuni antivirali, e su uno studio sull’utilizzo di gargarismi di acqua ossigenata.

Intanto l’epidemia raggiungeva, il 2 aprile, il picco, e la curva iniziava la fase discendente. Nel verbale del 9 aprile il CTS poteva scrivere con orgoglio: “La trasmissione Covid è controllata. Le capacità di Sanità Pubblica sono sufficienti”. Quasi un bollettino della vittoria.

Ma visto che il Governo continua a mantenere ad oltranza lo Stato di Guerra, evidentemente il problema non è “tecnico-scientifico”, ma squisitamente politico.

Paolo Gulisano

https://www.lanuovabq.it/it/dai-farmaci-ai-tamponi-zero-strategia-le-falle-del-cts

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