GLI ULTIMI JEDI… O FORSE NO

Ho visto Episodio VIII, Gli ultimi Jedi. L’ho visto con uno sguardo particolare, quello che mi si è formato negli scorsi mesi lavorando con il caro amico Filippo Rossi alla realizzazione del nostro libro La Forza sia con voi. Inevitabile. Con Filippo abbiamo ripercorso quarant’anni di Saga, di discussioni, di emozioni, di polemiche a volte.

Gli Ultimi Jedi mi ha dunque dato delle conferme e delle sorprese. Tra le conferme, anzitutto quella che Star Wars rappresenta un tipo di cinema senza tempo. Questa Saga non è affatto usurata, ha ancora molto da dire ma allo stesso tempo ha molte cose da ricordarci. Da questo punto di vista non trovo né banali né scontati i richiami agli episodi precedenti, così come certi clamorosi ritorni, come quello di Yoda, che poi tanto clamorosi non sono. Sono conferme.

Le sorprese nella continuità sono la cifra ultima di questa ultima trilogia. Innanzitutto perché- come dice mio figlio Francesco- veramente non si sa dove la Saga stia andando a parare. Mentre la prima trilogia di Episodio 4,5 e 6 era l’evidente romanzo di formazione di Luke Skywalker e la sfida all’ultimo sangue tra Impero e Ribellione, mentre la seconda trilogia era una sorta di Anakineide, l’epica tragica del predestinato della Forza con il suo finale passaggio al lato Oscuro, dove gli spettatori già sapevano quale sarebbe stato l’esito, in questa terza trilogia i giochi sono assolutamente aperti, e lo si avverte da una certa fibrillazione presente nel Fandom dove pullulano decine di ipotesi sull’epilogo delle vicende. Il fatto che ci siano così tante ipotesi e possibilità, su Ben Solo, su Rey, su Leia, e praticamente su ogni personaggio, tanto che non si potrebbe a priori escludere qualunque ritorno, dopo quello di Yoda. Perché non Obi Wan, o addirittura Anakin? Potrebbero emergere nuovi nemici, così come è nato il Primo Ordine dopo la caduta dell’Impero. Mai, in quarant’anni, la Saga era stata così aperta, liquida, anzi: gassosa. Tutto può succedere, a livello narrativo. Ma di fronte a questa vasta variabilità sussistono anche dei punti fermi. Il principale punto fermo è la memoria. Uno dei momenti più commoventi del film è quando R2 D2 proietta a Luke il celeberrimo ologramma che era stato il punto di partenza di tutta la Saga. Si noti che in tutti gli episodi di Star Wars il fragile ologramma con il toccante appello di Leia al vecchio Jedi Kenobi non si era mai più visto. Lo avevamo ritrovato solo in Rogue One, il fantastico spin-off preludio all’inizio vero e proprio dell’epica starwarsiana. R2 tira dunque fuori l’ologramma, come una vecchia foto sbiadita, come il ricordo di qualcosa di prezioso, e in effetti riesce a toccare le corde del cuore inasprito e amareggiato di Luke. Nel grandioso film Excalibur di John Boorman, una delle migliori opere ispirate al Ciclo Arturiano che tanto è presente nell’immaginario dello stesso Lucas, il Mago Merlino pronuncia davanti ad Artù queste lapidarie parole: “la maledizione degli uomini è che essi dimenticano”. La memoria diventa dunque un antidoto contro questa maledizione. R2 ricorda a Luke il suo passato, il suo stupore di ragazzo di fronte a quell’ologramma. Luke a sua volta riporta alla sorella Leia il monile che era sul Falcon, i dadi di Han Solo. Non dimenticarlo- sembra dirle-, e non dimenticare.

Anche questo è un elemento interessante di questo film: l’apparire di oggetti che rappresentano una continuità, che fanno memoria. L’unico oggetto di questo tipo è sempre stata la sola spada, la saber di Luke. Qui troviamo i dadi, l’ologramma, e i libri Jedi. Libri che sono fondamentali, anche se più importante- come ricorda Yoda- è il cuore che ne serba il contenuto.

E parlando di Jedi, veniamo al cuore di questo film, della sua trama: la questione Jedi. Certo, c’è un Primo Ordine da affrontare e combattere, ci sono enormi questioni politiche, ma al fondo c’è la questione dell’Ordine. La stessa politica è una conseguenza del rapporto con la Forza. Filippo ed io abbiamo sostenuto nel nostro libro che la Forza e il Lato Oscuro della Forza sono energie universali che esistono potenzialmente in tutti e da tutti palpabili, visibili, usabili; da affinare successivamente in individui selezionati in relazione con la società di appartenenza. Tali individui esprimono scelte personali nel nome dell’energia vivente, scelte che causano conseguenze non solo tragicamente individuali ma soprattutto drammaticamente collettive. Non è una questione di pochi, ma di tutti. Lucas rappresenta una società estranea regolate da leggi estranee, ma vi riporta esperienze e aspirazioni personali, di uomo inserito nel mondo. Ma Star Wars è anche un’opera mistica.

Aliena dalla politica quale strumento dell’uomo sociale terrestre per gestire i rapporti di forza individuali, qui sotto il dominio di un’energia vivente extraumana, gli scontri nel nome della Forza e del suo Lato Oscuro riguardano in primo luogo la profondità degli animi dei protagonisti. Profondità riconoscibili perché comuni ma rappresentabili solo in parte, lasciando forse una sensazione di non detto, un senso di incompiutezza nella forma.

Il non-lucasiano, l’oltre-lucasiano Kylo Ren rappresenta l’asso finale di briscola che prende tutto al tavolo galattico della politica; e rilancia. È il classico villain mascherato di cui viene rivelato quasi subito il volto. Non si tratta di un difetto artistico: la maschera vivente di Kylo Ren è a sorpresa l’inaspettato viso da ragazzetto mal cresciuto di Ben Solo, percorso e deformato dall’angoscia infantile, maniacale e (auto)distruttiva. Come in passato, nel sottofinale di Episodio VI, l’inaspettata sorpresa del volto umanissimo, perché gonfio, malsano e spaccato, del vecchio Anakin Skywalker era la maschera vivente di Darth Vader – segnata da un’espressione paterna, trasfigurata dal folle antieroe giovanile. È qui che la limitata, classificabile, comprensibile politica si sublima ad analisi universale dell’Uomo e dell’arte: nello scarto sconcertante tra le nostre aspettative estetiche e i risultati imprevisti ma geniali.

Tanto tempo fa Yoda aveva detto: “Guerra non fa nessuno grande”, e Luke sembra ora finalmente averlo capito, e messo in atto. Tant’è che non combatte contro Ben, non sfodera la sua spada, e intraprende la via tolkieniana del sacrificio, dell’eroismo della rinuncia. A dispetto di tutto il sarcasmo cattivo che ho letto in questi giorni, questo è l’eroismo vero, quello che può superare il peso terrificante del fallimento, che come dice ancora Yoda, è un grande Maestro. Luke – e lo stesso Yoda con lui- ha compreso gli errori commessi dai Jedi nel passato. È quasi con orrore che ha realizzato che l’emergere di Sidious era stata responsabilità dei Jedi. La memoria, dicevamo, è una grande medicina. Ma non deve essere intesa come una rievocazione sentimentalistica, o peggio un rimestare nelle ferite, con l’unico effetto di riaprirle e farle sanguinare copiosamente e dolorosamente, ma la memoria è consapevolezza, di ciò che è stato, di ciò che è, e del compito che attende. Per questo Luke accoglie il richiamo accorato, quasi disperato, di Rey, di esserle maestro, di indicarle le vie della Forza. Rey, che non ha né padre né madre, è alla ricerca di un maestro, di una guida. Un tema fondamentale.

Abbiamo detto che, pur figli dei loro anni reali, questi film raccontano di un’epoca fittizia extra-cronologica, e lo fanno così bene da uscire dal loro tempo. Star Wars, dopo Il Signore degli Anelli, rappresenta il meglio dei desideri fiabeschi, emozionali, religiosi presenti nel cuore umano.

Paolo Gulisano

 

Un pensiero su “GLI ULTIMI JEDI… O FORSE NO

  1. Alessandro Cretosi Bissi

    Gentilissimo,
    il Suo commento è profondo e presenta aspetti molto interessanti, come il tema del fallimento, che può essere un grande maestro, o della memoria. A tal proposito, mi ha molto colpito il tema della rinascita della coscienza e della speranza attraverso la narrazione dei bambini che raccontano le gesta di Luke. La scena mi ha fatto pensare alle bellissime pagine dei romanzi di Silvana De Mari.
    Mi permetta anche una personale considerazione: questo episodio segna una profonda rottura nella dinamica allievo maestro a favore del trionfo della forza della mente, a mio parere vera protagonista del film.
    Sarò forse un romantico, ma il Falcon arriva a salvare gli amici e io avrei voluto che lì, al posto di Han Solo (sarà veramente morto?), ci fosse Luke o che, meglio ancora, Luke arrivasse a bordo del proprio Starfighter con il fidato R2 al seguito a sacrificarsi in carne e ossa, come prima di lui il suo maestro, diventando così realmente maestro di Rei.
    In ogni caso in casa è arrivato il Suo libro, che leggerò.
    Un caro augurio di buon Natale.
    Alessandro Cretosi Bissi

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