I messaggi in codice di Shakespeare contro il regno che soffocò i cattolici

Il 5 Novembre l’Inghilterra festeggia una ricorrenza tutta sua, con fuochi e maschere che sembrano un prolungamento di Halloween. Ciò che si festeggia è la definitiva sconfitta delle speranze dei cattolici inglesi di fermare le spaventose persecuzioni avviate sotto il regno di Elisabetta: il Guy Fawkes Day.

Questa storia ebbe luogo 400 anni fa, nel 1605. Guy Fawkes era un soldato inglese, nativo dello Yorkshire. Apparteneva alla piccola minoranza di inglesi rimasti cattolici, nonostante le durissime persecuzioni che per questo dovevano subire. Vivevano la loro fede nella clandestinità, oppure erano costretti ad andare in esilio. Fawkes fu uno di questi: decise di infatti di lasciare l’Inghilterra e offrire la propria spada di ufficiale ad un sovrano cattolico, esattamente l’Imperatore d’Austria, sotto il quale servì per diversi anni in vari conflitti, maturando una notevole esperienza nell’uso della polvere da sparo.

Nel 1603, alla morte della Regina Elisabetta, gli succedette l’imbelle Giacomo Stuart, che era stato posto sul trono dagli oligarchi inglesi, primo fra tutti il luciferino Lord Salisbury, Robert Cecil, figlio di quel William Cecil che era stato l’anima nera del tirannico regime elisabettiano, il fondatore dei famigerati servizi segreti della Regina, il feroce persecutore dei cattolici. Le Leggi Penali avevano disintegrato la Chiesa in Inghilterra, e chi era rimasto fedele alla Chiesa di sempre era costretto alla clandestinità. I cattolici avevano riposto molte speranze in Giacomo, che era figlio di Maria Stuarda, la Regina martire di Scozia, ma presto le loro attese furono frustrate.

Un gruppo di cospiratori decise che bisognava rovesciare la tirannia con un attentato. Si progettò così di uccidere con un’esplosione il re e tutti i membri del Parlamento mentre erano riuniti nella Camera dei Lord per l’apertura delle sessioni parlamentari dell’anno 1605.

Fawkes, che aveva considerevoli esperienze militari e una buona conoscenza degli esplosivi, era entrato a far parte del piccolo gruppo di congiurati. Sembra che egli non avesse alcun ruolo di guida, ma fosse solo l’esecutore materiale dell’attentato.

I cospiratori presero in affitto una cantina sottostante al Parlamento; Fawkes aiutò a riempire la stanza con polvere da sparo che fu nascosta sotto suppellettili varie. I 36 barili si stima contenessero 2500 kg di polvere. Si pensa che il piano originale prevedesse lo scavo di una galleria che partisse dalla cantina per posizionare gli esplosivi esattamente sotto la sala delle riunioni della Camera dei Lord. L’ esplosione avrebbe potuto ridurre in macerie molti degli edifici del complesso di Westminster.

La notte tra il 4 e il 5 novembre 1605 il complotto venne sventato: Fawkes fu arrestato nella cantina da un drappello di uomini armati. In suo possesso furono trovati un orologio, fiammiferi e carta per l’accensione. Prima dell’arresto alcuni cospiratori erano preoccupati per i cattolici che sarebbero stati presenti in Parlamento il giorno dell’attentato, così che cercarono di avvisare i cattolici di tenersi lontani da Westminster. Le autorità si insospettirono e diedero inizio alle indagini che portarono alla scoperta, nei sotterranei, delle polveri pronte per esplodere.

Fawkes fu fatto confessare dopo giorni di torture, rivelando i nomi degli altri cospiratori, e raccontando dettagliatamente del complotto. Il processo fu, per così dire, puramente simbolico, poichèi le sentenze erano già state predeterminate.

Il 31 gennaio 1606 Fawkes e le altre persone implicate nella cospirazione furono portate al Old Palace Yard a Westminster, dove furono impiccati, decapitati e squartati.

Da allora ogni 5 novembre in Gran Bretagna viene festeggiato il fallimento dell’attentato nella cosiddetta “Notte di Guy Fawkes”, nella quale viene bruciato su un falò un pupazzo che simboleggia l’attentatore.

Inoltre ogni 5 novembre, secondo la tradizione, dei soldati vestiti con le divise del tempo percorrono in lungo e in largo i corridoi di Westminster facendosi lume con vecchie lanterne, come se fossero alla ricerca dell’attentatore. In Inghilterra non si celebrano molte feste, ma guarda caso nel giorno di Guy Fawkes ragazzi e ragazze, con la faccia dipinta di nero, nasi rossi, vestiti troppo larghi e troppo lunghi e cappelli ammaccati sulla testa vanno in giro in gruppetti di due, sei o otto chiedendo denaro per acquistare razzi e mortaretti con i quali festeggiare e bruciare l’effige di Guy Fawkes

Ma le cose andarono proprio così, come racconta la narrazione ufficiale? La studiosa Elisabetta Sala el suo romanzo “L’esecuzione della giustizia“, D’Ettoris Editore, ci fornisce una versione molto diversa.

La Sala, docente di storia e letteratura inglese e autrice di diversi preziosi saggi sull’epoca di Enrico VIII, di Elisabetta I e di Shakespeare, in questo romanzo, riscrive la tragica vicenda di questa sedicente congiura papista.

La storia — si sa — è scritta dai vincitori, ma per il suo romanzo Elisabetta Sala ha utilizzato non solo la sua fantasia, ma anche alcune antiche e rimosse fonti, che dicono che le cose andarono molto diversamente.

Il mancato attentato del 5 novembre 1605 non sarebbe stato altro che una terribile trappola ordita dai vertici dello Stato: l’arresto di tutti i membri del “complotto”, l’individuazione del mostro principale in Guy Fawkes, e l’ombra delle trame gesuitiche, diede l’occasione al Governo di Sua Maestà di mettere in atto una sorta di “soluzione finale” della presenza papista in Gran Bretagna.

La narrazione della Sala è immediatamente avvincente, come un Giallo o un thriller. Ci conduce nella Londra del tempo con una ricostruzione ambientale perfetta, frutto delle sue profonde conoscenze storiche, ci fa respirare il clima terribile che si viveva sotto uno dei peggiori regimi totalitari della storia. Ma oltre l’angoscia per la persecuzione, la paura della delazione, la minaccia costante dell’arresto, della tortura, della morte, o della rovina economica, i procedimenti di “rieducazione” dei figli dei congiurati, la speranza non muore. A tenerla accesa ci pensano i coraggiosi “recusants”, coloro che resistono nella clandestinità. E tra questi c’è William Shakespeare, la cui figura giganteggia discreta nel romanzo; Will è un maestro, un artista ispirato e adorato dal popolo, ma è anche un vero e proprio punto di riferimento per la dissidenza, per coloro che non vogliono arrendersi al regime. Le sue opere lanciano messaggi in codice, contengono scomode verità criptate nelle tragedie, da Romeo e Giulietta a Macbeth fino alla Tempesta. Il potere lo sa, e cerca disperatamente di incastrarlo, di trovare le prove della sua clandestina cattolicità per poterlo finalmente trascinare sul patibolo. Ma Will continuerà a farsi beffe di loro.

Un romanzo commovente, intrigante, appassionante, che alla fine raggiunge lo stesso scopo che si era prefisso Shakespeare: tener desta la coscienza del lettore, far sì che si ponga domande e cerchi la risposta.

Paolo Gulisano

La Verità – 04/11/2018

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