In ricordo di Andreas Hofer, eroe cristiano del Tirolo

Oggi a Mantova – come ogni anno – si è celebrato Andreas Hofer. Un nome che forse a molti è sconosciuto, ma che è quello di uno dei più grandi eroi cristiani della storia, degno di star vicino a un Giovanni d’Austria: eroe della libertà del Tirolo, difensore della fede cristiana. Un autentico mito per il Tirolo, la sua Heimat, la sua Patria, ma poco noto nel resto d’Europa. Quel poco che si trova nei libri di storia lo definisce come un oste che cercò di opporsi senza successo al dominio napoleonico, che sollevò il Tirolo in una rivolta armata popolare e che finì fucilato a Mantova il 20 febbraio 1810.

Niente di cui stupirsi: la storia viene scritta dai vincitori: tale affermazione è comunemente e largamente accettata. Gli stessi vinti hanno imparato a leggere tra le righe di quanto viene detto sulle loro vicende. Spesso dalle versioni ufficiali prendono vita le contro-storie, i tentativi – magari ostacolati anche duramente – di proporre ipotesi diverse, di far sentire altre voci, di cercare altre ragioni. Il dramma è quando la storia non viene scritta. 

Peggio della damnatio memoriae non c’è che l’assenza di memoria: dimenticare, come se nulla fosse accaduto, o far finta di non ricordare, che comunque dà il medesimo esito: la relegazione nell’oblio. Tale operazione – sempre e comunque scorretta – appare addirittura paradossale in un ‘epoca come la nostra che si avvale di numerosissimi strumenti di lavoro per gli storici nonché possibilità di comunicazione e accesso all’informazione. 

La storia di Andreas Hofer, il cui epilogo fu la fucilazione avvenuta a Mantova il 20 febbraio 1810 è un esempio paradigmatico di storia negata. Una pagina della storia dell’Europa dolorosamente percorsa da tante immani tragedie, specie nel secolo appena trascorso, risultato non solo dei diversi totalitarismi, ma soprattutto del clima ideologico determinato dai sogni (o sarebbe meglio dire incubi) della ragione, che ha voluto violentare la natura e l’uomo in forza delle pretese dell’utopia e delle sue realizzazioni pratiche. 

Duecento anni fa si verificò in una parte d’Europa un evento di considerevole importanza per una piccola terra, il Tirolo, ma che non fu trascurabile anche per il resto del nostro continente. Un evento purtroppo ignorato nei manuali di storia. Eppure si trattò di una grande insurrezione, di una guerra di popolo, un conflitto che si determinò con caratteristiche che pure dovrebbero attirare l’attenzione degli studiosi. La rivolta fu soprattutto la reazione di una società contadina, tradizionale, cattolica, all’aggressione perpetrata dallo stato autoritario uscito dalla Rivoluzione Francese del 1789, uno Stato formalmente espressione della rivoluzionaria volontà popolare, ma in realtà profondamente estraneo al popolo “vero”, quello che viveva nelle grandi città come quello delle campagne. 

Ben lungi dall’essere – come voleva dare a intendere la libellistica giacobina – l’espressione di una contro-rivoluzione borghese, reazionaria e clericale in difesa di privilegi economici e della restaurazione di uno stato feudale, la rivolta tirolese, come le altre insorgenze, ebbe come protagonisti soprattutto i contadini, che intravedevano in quella ideologia una minaccia terribile per la loro stessa esistenza

Tra gli insorgenti tirolesi militò inoltre quella classe media, laboriosa e misconosciuta, alla quale apparteneva Andrei Hofer, che sempre costituisce la spina dorsale di una nazione: piccoli commercianti, padri e madri di famiglia, artigiani che, lasciate le case o le botteghe, presero le armi e salirono sulle montagne a combattere perché fossero restituite loro le chiese, le vite incolumi dei loro sacerdoti, la libertà di espressione.

Alla fine la rivolta tirolese fu schiacciata. Addirittura venne negato il nome stesso di questa terra, che Napoleone volle sostituire col termine Alto Adige, che sarebbe stato poi riesumato dal nazionalismo italiano quando nel 1919 strappò con la forza la regione all’Austria. Hofer venne fucilato, ma subito dopo la morte diventò leggenda: nel suo nome e nel culto del Sacro Cuore i Tirolesi mantennero viva e vitale la propria identità. L’oste della Valle Passiria rimase per sempre l’emblema del coraggio popolare, della fede intrepida, dell’amore ai propri cari e ai propri amici. 

Ancora oggi, a Mantova, sono risuonate le note di un canto struggente, l’Andreas Hofer Lied,  che è oggi l’inno del Tirolo. Il testo dell’inno, scritto nel 1832, è di Julius Moser, mentre la melodia è opera di Leopold Knebelsberger. Vogliamo fare omaggio ai nostri lettori della traduzione di questo testo.

A Mantova era in catene

il coraggioso Hofer,

a Mantova alla morte

lo porta la schiera nemica.

Gli sanguina il cuore dei fratelli,

la terra tedesca intera ahimè nella vergogna e nel dolore,

con lui il Tirolo, con lui il Tirolo!

Con lui il Tirolo, con lui il Tirolo!

Le mani dietro la schiena,

Andreas Hofer camminò

con un passo calmo e deciso,

gli sembrò iniqua la morte,

la morte, così molte volte

gli fu mandata nella valle dal monte Isel,

nella santa terra tirolese, nella santa terra tirolese!

Nella santa terra tirolese, nella santa terra tirolese!

Ma dopo che dalle sbarre della cella

nella dura Mantova,

le fedeli armi dei fratelli

vide stendere nelle mani

allora gridò forte: “Dio sia con voi,

con l’impero dei tedeschi traditi!”

e con il Tirolo, e con il Tirolo!

E con il Tirolo, e con il Tirolo!

Il tamburo non voleva rullare

volentieri la bacchetta,

al momento in cui Andreas Hofer

camminò verso la porta della prigione.

Andreas ancora libero dalle catene,

rimase fermo in piedi sul patibolo,

l’uomo dal Tirolo, l’uomo dal Tirolo!

L’uomo dal Tirolo, l’uomo dal Tirolo!

Dovrebbe mettersi in ginocchio lì,

disse: “Questo non lo faccio!

Io voglio morire, così in piedi,

voglio morire come mi sono battuto,

così come sono in piedi su questa trincea,

viva il mio buon imperatore Francesco,

e con lui il suo Tirolo, e con lui il suo Tirolo!

E con lui il suo Tirolo, e con lui il suo Tirolo!”

E dalla mano la benda

il caporale gli leva;

Andreas Hofer prega

qui un’ultima volta;

poi grida: “Ora, centratemi nel punto giusto!

Fate fuoco! ahimè! come sparate male!

Addio, o mio Tirolo. Addio, o mio Tirolo.

Addio, o mio Tirolo. Addio, o mio Tirolo”.

Andreas Hofer viene immortalato nei suoi ultimi momenti, tragici e gloriosi, mentre sta per andare verso il plotone di esecuzione, ma la morte non gli fa paura e gli sembra poca cosa perché ha combattuto per una giusta causa: la libertà del suo popolo. Hofer pensa ai suoi amici e li incoraggia affinché portino avanti la causa tirolese e quella dell’”Impero dei tedeschi” con cui si intende non la Germania ma l’Austria asburgica.

La canzone sottolinea che Hofer rimase in piedi ad attendere l’esecuzione: non accettò di mettersi in ginocchio per l’esecuzione, come usavano fare i francesi. Volle morire a testa alta, così come aveva combattuto, senza mai arrendersi e senza gesti di sottomissione. E sfidò il nemico per l’ultima volta, così che fu lui ad ordinare al plotone di esecuzione di sparare gridando lui stesso “Feuer!” (Fuoco!).

Paolo Gulisano

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