IRLANDA/ Quando la fede va in guerra: Brian Boru e la battaglia di Clontarf

King Brian BoruIl 23 aprile di 1000 anni fa era un venerdì, il Venerdì Santo, e in quel giorno l’Irlanda visse uno dei giorni più gloriosi della sua storia bella e tragica. In questi giorni Dublino, la swinging Dublin del turismo giovane, della birra e della musica, ricorda e riflette su un evento accaduto esattamente un millennio fa, una pietra miliare nella storia dell’isola, quando un grande guerriero, un re poeta, Brian Boru – una sorta di William Wallace irlandese- vinse l’ultima e decisiva battaglia contro i Vichinghi ed assicurò alla sua terra la libertà. Per duecento anni, nel corso del IX e X secolo, l’Irlanda aveva vissuto l’incubo vichingo, che era iniziato come fenomeno di scorrerie e razzie episodiche per poi diventare un vero e proprio tentativo di invasione e conquista. Le conseguenze di questo assalto furono drammatiche. Oltre alle migliaia di vittime della violenza vichinga, l’Irlanda si trovò ad essere isolata dal resto d’Europa proprio nel periodo di maggiore sua influenza sulla cultura e sulla società continentali. I Vichinghi cominciarono a costruire delle loro città, basi navali situate tutte sulla costa che costituivano l’approdo di nuove navi e nuove truppe: Waterford, Wexford, Limerick, la stessa Dublino. La resistenza che gli irlandesi opposero fu tale che i colonizzatori vichinghi non riuscirono a dominare e a sottomettere l’isola, ma nemmeno si poté scacciarli dai loro villaggi che cominciavano a crescere e a popolarsi non solo di guerrieri ma anche di mercanti, artigiani, famiglie. Esisteva ormai un’Irlanda vichinga, che viveva accanto all’Irlanda celtica, una presenza pagana che invitava non solo a combatterla, ma anche a cercare di evangelizzarla.

La difficile coesistenza degli irlandesi con i loro colonizzatori si tradusse in fragili tregue e frequenti scontri. Tuttavia, all’inizio del X secolo, i Vichinghi decisero di completare la conquista dell’Irlanda, e vi fecero affluire nuove forze, trasportate da grandi flotte. Nel corso di questa lotta decisiva l’antico sistema politico irlandese si sfasciò per sempre: le dinastie che avevano dominato l’isola subirono colpi mortali.

I norvegesi tuttavia non seppero approfittare appieno di questi successi, né dell’anarchia che si era determinata nell’isola, e la situazione permise l’emergere di uomini nuovi, capaci e ambiziosi. Dalle genti Dalcassian delle Contea di Clare uscirono due valorosi condottieri, i fratelli Mahon e Brian, che iniziarono una lunga e determinata guerra di logoramento contro le città vichinghe del sud ovest, fino a liberare il Munster, di cui Mahon si proclamò re. Nel 967 i due fratelli sbaragliarono definitivamente i vichinghi dell’ovest, che avevano in Limerick il loro caposaldo, usando nei confronti dei propri avversari la stessa ferocia che avevano dovuto subire per lungo tempo: il capoluogo vichingo venne devastato e non ci fu pietà per il nemico. In seguito Mahon venne assassinato, e toccò al solo Brian continuare la lotta: divenne re del Munster, e per trent’anni fu un re guerriero, impegnato a ingaggiare scontri con i vichinghi trovandosi costantemente in inferiorità numerica. Non fu solo un valente soldato, ma anche un abile politico, dotato di intelligenza, astuzia, abilità e determinazione. Brian venne soprannominato Boru, ossia “dei tributi”, perché richiedeva che si rendesse omaggio con i dovuti tributi alla sua sovranità, man mano che essa si estendeva territorialmente. I clan d’Irlanda erano ancora una volta divisi, alcuni addirittura alleati con i norvegesi, e bande di guerrieri sradicati, figli di donne irlandesi e di vichinghi, frutto della violenza subita, chiamati gallghaedil (mezzi stranieri) vagavano per l’isola come mercenari. Brian iniziò una lunga lotta che lo portò ad essere incoronato re supremo di Irlanda nell’anno 1002. Narrano le antiche cronache che Brian Boru venne proclamato Re Supremo di Irlanda presso Tara, l’antichissima residenza sacra dei sovrani di Erin. La sua elezione venne suggellata dalla Lia Fàil, la grigia pietra del destino che emetteva un canto quando il predestinato saliva sopra di essa. Dopo aver compiuto questo rito arcano Re Brian si recò ad Armagh, il centro religioso dell’Isola, là dove lo stesso San Patrizio aveva fondato la Chiesa in Irlanda e che aveva posto a capo di tutte le diocesi, un primato riconosciuto dalla stessa Roma. Ad Armagh il suo diritto ad esercitare la regalità sull’isola venne confermato dalla Chiesa: egli era riconosciuto come un grande re cristiano che non solo aveva sempre combattuto con decisione l’idolatria dei Vichinghi, ma aveva anche favorito la rinascita della Chiesa, anche se su basi del tutto nuove. Brian Boru infatti, uomo di profonda cultura, conosceva il sistema feudale europeo, a cui sembrò avvicinarsi nella sua concezione politica, nonché le opere e le gesta di Carlo Magno, che era il modello del sovrano ideale. Secondo quindi un esempio carolingio sostenne il ruolo delle diocesi e dei vescovi: accanto al monachesimo cominciò a crescere di importanza anche la struttura diocesana, che aveva visto da sempre la propria sede primaziale in Armagh, là dove San Patrizio aveva esercitato le sue funzioni di vescovo.

Il potere vichingo in Irlanda si sgretolò sotto i colpi che i guerrieri irlandesi continuarono a infliggergli, e terminò definitivamente nell’aprile del 1014, quando un esercito guidato personalmente dall’anziano re affrontò alle porte di Dublino l’armata vichinga. Fu un grande scontro, passato alla storia come la Battaglia di Clontarf, dal nome del villaggio costiero che ne fu scenario, o Battaglia del Venerdì Santo, dalla data in cui ebbe luogo, o la Battaglia di Brian. I lunghi anni di conflitto avevano reso esperti gli irlandesi sulle tecniche di combattimento dei Vichinghi, e i guerrieri gaelici si erano inoltre dotati di armi più pesanti, in grado di competere con le corazze nemiche. Lo scontro a Clontarf fu durissimo, e i norvegesi subirono una clamorosa disfatta. Re Brian, tuttavia, non poté assaporare il suo definitivo trionfo: venne infatti mortalmente ferito nel corso del combattimento. Il re era caduto, ma la guerra era vinta, e mentre le navi vichinghe lasciavano per sempre le coste di Erin il sogno del grande sovrano, l’imperatore degli irlandesi, di una Irlanda libera e riunificata, poteva dirsi finalmente realizzato. Un successo che sarebbe durato meno di due secoli, fino al giorno in cui cavalieri normanni (quindi con origini vichinghe) in nome del Re d’Inghilterra non giunsero a conquistare l’isola, e vi sarebbero rimasti per oltre settecento anni. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia.

 Paolo Gulisano

 http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2014/4/23/IRLANDA-Quando-la-fede-va-in-guerra-Brian-Boru-e-la-battaglia-di-Clontarf/493550/

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