Isteria anti-vaccino E torna il Morbillo

Vaccinazioni-FotoliaNei giorni scorsi il Council on Foreign Relations ha lanciato un allarme sul ritorno in Europa e Stati Uniti di malattie che si credevano debellate, come il morbillo e la parotite. Causa principale sarebbe l’isteria anti-vaccino diffusa da associazioni e media che lanciano allarmi esagerati sugli effetti collaterali dei vaccini, sottacendo il rischio della mancanza di copertura. Sull’argomento abbiamo chiesto il parere di Paolo Gulisano, medico e scrittore, autore di numerosi libri tra cui “Pandemie” (Ancora 2006) e “L’arte del guarire” (Ancora 2011).

E’ di questi giorni la notizia che in Siria si sono registrati dei casi di Poliomielite, una malattia che nel paese mediorientale, come in gran parte del mondo, era da tempo scomparsa. L’Organizzazione mondiale della Salute da anni si fa vanto di annunciare trionfalmente,  un paese dopo l’altro, la situazione di “Polio Free” per detto paese. Eppure, è bastato che la situazione catastrofica in cui la Siria – paese con gli standard sanitari più elevati del mondo arabo e orientale- versa negli ultimi anni per la guerra civile, provocasse l’interruzione della buona pratica delle vaccinazioni su tutta la popolazione infantile, per far riemergere un problema sanitario che si credeva risolto.

Il caso siriano dimostra in modo inoppugnabile due cose: la validità della pratica vaccinale, ma allo stesso tempo i suoi limiti. Con buona pace dei movimenti anti-vaccinali ad oltranza, è evidente che la vaccinazione antipolio funzionava, e decisamente bene. D’altra parte, invece, si può constare che certe posizioni trionfalistiche e utopiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguardo l’eradicazione di certe malattie erano infondate. Il caso siriano dunque ci dovrebbe far riflettere. In Italia la cronaca porta periodicamente alla ribalta il dibattito sulle malattie infettive e sulle vaccinazioni, questa modalità di prevenzione fondamentale che la scienza ha a disposizione da un paio di secoli, da quando un umile medico inglese di campagna, Jenner, lontano dalle superbe accademie scientifiche,  riuscì grazie a molta osservazione (il metodo scientifico per eccellenza) a scoprire l’immunizzazione, ovvero la possibilità di far produrre all’organismo gli anticorpi per difendersi dalle malattie.

Cresce il numero di genitori che decide di non sottoporre i propri figli alle vaccinazioni. Che succede in questo caso? Per fortuna di questi bambini, il rischio di prendere certe malattie è basso. La vaccinazione su larga scala che in Italia è praticata da alcuni decenni per malattie come la Poliomielite, il Tetano, la Difterite, e da un ventennio  l’Epatite B, ha drasticamente ridotto la circolazione di alcuni degli agenti infettivi responsabili di tali malattie, come la Polio e la Difterite, tale da rendere l’Italia uno dei paesi “Polio Free” di cui si diceva in precedenza; e con rari casi delle altre malattie menzionate, con eccezione dell’Epatite B diffusa però nella popolazione adulta, dove si contrae per mezzo del contatto con sangue infetto o con rapporti sessuali (evidentemente promiscui).

Tuttavia è evidente che i bambini non vaccinati che godono almeno per i primi anni di vita di una tale protezione, data dall’immunità della grandissima parte della popolazione infantile, non potranno mantenere questo beneficio nel crescere, nel venire in contatto, in un mondo dove le distanze si fanno sempre più brevi, con soggetti portatori di virus. Non sempre i genitori cosiddetti “inadempienti” sembrano rendersi conto dei rischi cui sottopongono i propri figli, nei confronti di queste come di altre malattie.

Il Sistema Sanitario del nostro paese, come quello di altri paesi europei, promuove attivamente la vaccinazione contro malattie come le meningiti, o la Pertosse, o il Morbillo, la Parotite e la Rosolia. Proprio il Morbillo è oggetto da alcuni anni di una campagna partita dagli Stati Uniti che incolpa il vaccino contro questa malattia nientemeno che di essere la causa dell’autismo. Un’accusa che non è suffragata da alcuna prova, da alcuna relazione causa-effetto scientificamente dimostrata, ma che gira per il mondo grazie al tam-tam della rete. E sono proprio i genitori più “informati” dal Web, e inoltre quelli con la scolarità più elevata, come ha sorprendentemente rilevato una recentissima indagine dell’ASL di Milano, quelli che vanno ad infoltire le schiere degli inadempienti, quelli che respingono la vaccinazione trivalente contro Morbillo, Parotite e Rosolia.

Il genitore “acculturato” attraverso notizie allarmistiche e ipotesi dietrologiche che trovano spazio sulla rete preferiscono esporre i propri figli al rischio di contrarre queste malattie, in particolare il Morbillo, piuttosto che farli vaccinare. Magari adducendo il pretesto che il Morbillo non è una malattia pericolosa, che da piccoli l’abbiamo fatta tutti e non era successo niente, se non quei buffi puntini rossi e qualche giorno a casa da scuola. In realtà le statistiche sanitarie ci dicono che fino a vent’anni fa, fino alla proposta di vaccinazione fatta attivamente dalle ASL, pur restando una vaccinazione non obbligatoria, si registravano ogni anno nella sola Italia migliaia di ricoveri ospedalieri per complicanze di Morbillo, con circa 5 mila casi di encefalite da Morbillo. Oggi, grazie alla sensibilizzazione effettuata dai servizi di Medicina Preventiva e dai Pediatri, la copertura vaccinale che in alcune regioni virtuose del Paese è oltre il 95%, ha portato a risultati notevolissimi nei confronti del Morbillo, ma evidentemente questo come altri virus non sono scomparsi, e la guardia non va abbassata.

In una società dove il Web è tutto, occorre promuovere una corretta informazione, rifuggendo da certe notizie privo di ogni fondamento scientifico, ma allo stesso tempo esercitando un’attenzione critica nei confronti di quanto agenzie sanitarie sempre più ideologizzate vanno propinando in tema di salute.

Nel nostro Paese, ad esempio, è stata introdotta da qualche anno una vaccinazione molto discussa, quella contro alcuni ceppi del  Papilloma Virus, un microrganismo che si trasmette con i rapporti sessuali e che nel corso degli anni può causare il tumore della cervice uterina. Il vaccino viene proposto alle bambine di undici anni, giacché – come viene ripetutamente affermato in sedi di incontri, convegni e indagini con questionari – l’età di inzio dell’attività sessuale si va costantemente abbassando. Ammesso che ciò sia vero, e che porti di conseguenza al rischio di malattie sessualmente trasmesse, non si capisce perché invece di praticare una vaccinazione che rischia di dare false sicurezze rispetto alla protezione rispetto a tali malattie (il vaccino HPV in uso non protegge da tutti i ceppi virali e non se ne conosce la durata di efficacia) non si lavori, su un piano educativo, per rialzare in modo opportuno l’età in cui avere un’attività sessuale. Ma sappiamo bene cosa scatenerebbe questa semplice ed elementare evidenza.

Resta infine il fatto, per tranquillizzare un po’ i lettori, che nell’Occidente contemporaneo la mortalità dovuta a malattie infettive, ossia trasmissibili, è in percentuale meno dell’uno per cento. Di fatto si muore per malattie cronico-degenerative, come i disturbi cardiocircolatori, le malattie respiratorie, i tumori. Una importante causa di morte è rappresentata anche dagli incidenti, che costituiscono la prima causa di morte nei giovani al di sotto dei venticinque anni, seguita al secondo posto – è triste dirlo – dai suicidi. Questo è ciò per cui si muore oggi in Italia, in Europa e nel mondo occidentale. Eppure nessun dato sulla mortalità da tumori, da infarti, da ischemie cerebrali o da incidenti del traffico è in grado di determinare il panico collettivo suscitato dalla sola possibilità che ci si possa ammalare per azione di un virus, per un vaccino fatto o non fatto. Un dato su cui riflettere.

Paolo Gulisano

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-isteria-anti-vaccinoe-torna-il-morbillo-8292.htm

 

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