La verità sul conflitto in Ucraina raccontata da un vero reporter

Il 24 febbraio 2022 hanno preso il via le operazioni militari in Ucraina. Da quel momento è anche iniziata una guerra di propaganda con cui i media occidentali hanno raccontato il conflitto a un pubblico che fino ad allora sapeva poco o nulla della storia e della realtà politica di quelle zone. E ora, da quando è iniziato il battage propagandistico, ne sa ancor meno e in maniera distorta.

Però, ciò che non fanno i media – spiegare i fatti – lo possono fare i libri. In particolare questo volume, Donbass. Le mie cronache di guerrascritto da Vittorio Nicola Rangeloni (Idrovolante Edizioni, 340 pagine, 20 euro). L’autore, un giovane lecchese con madre russa, nel 2015 volle capire cosa stava accadendo in Ucraina, e soprattutto nelle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, nate a seguito del colpo di stato avvenuto nel 2014 e che avevano portato in quelle regioni da sempre russofone a una violenta aggressione militare da parte del Governo di Kiev.

Rangeloni mise insieme una cifra per il viaggio e iniziò la sua avventura di reporter di guerra. Partì, come scrisse fin dai primi giorni, “deciso a cercare la verità”, ovvero recarsi nel Donbass con l’obiettivo di raccontare un conflitto di cui, in Italia, si parlava poco. La sua missione: essere un reporter indipendente, una voce fuori dal coro per raccontare la guerra dal fronte.

Agevolato dalla sua perfetta conoscenza della lingua russa, Rangeloni ha avuto modo di trascorrere questi anni toccando con mano la realtà del Donbass, di conoscere il suo popolo, dagli abitanti dei villaggi ai comandanti della milizia, dai sacerdoti ortodossi che celebravano le Sacre Liturgie sotto le bombe ucraine fino a Aleksandr Zacharčenko, una figura leggendaria per il popolo del Donbass.

Ad aprile 2014, Zacharčenko era comandante di una milizia separatista che partecipò alla conquista della sede di governo nel centro di Donetsk. Ha ricoperto un importante ruolo nell’insurrezione, sopravvivendo a numerosi conflitti a fuoco contro le forze armate ucraine, per poi essere promosso il 24 luglio 2014 al grado di maggiore delle forze armate del Donbass, e pertanto dichiarato terrorista dallo stato ucraino.

Il 2 novembre 2014 Zacharčenko vinse le elezioni parlamentari di Donetsk con il 78,93% dei voti. Fu in questa veste di presidente che Rangeloni ebbe modo di incontrarlo, dandoci nel libro il ritratto dettagliato di un personaggio che non era solo un eroico combattente, ma anche un politico attento ai bisogni della sua popolazione, e che si rivelò anche un buon diplomatico conducendo le trattative per la Repubblica Popolare di Donetsk per la stipula del secondo trattato di pace di Minsk.

Zacharčenko morì il 31 agosto 2018, ucciso dall’esplosione di un’autobomba piazzata presso il bar del capoluogo del Donbass che frequentava come un comune cittadino.

Il libro di Rangeloni è dunque un prezioso reportage di guerra, con notizie mai divulgate in Occidente. Ma non è solo questo: il giovane reporter oltre alle cronache che giorno dopo giorno da otto anni riporta sui suoi canali informativi, corredate da immagini inequivocabili delle distruzioni operate dalle forze armate ucraine, e dai battaglioni mercenari. Tra questi, come il famigerato Azov composto da neonazisti e neopagani, che hanno seminato morte e terrore, davanti alla cui ideologia i media, i politici e persino certi vertici ecclesiastici hanno chiuso gli occhi fingendo di non vedere le svastiche e i vari simboli occultistici.

Rangeloni, invece, compie un prezioso lavoro in cui analizza e descrive lo scenario politico in cui tutto questo ha avuto e sta avendo luogo. La guerra in Ucraina è una conseguenza di numerose premesse da ricercare in tutta la storia del paese. L’autore ha assistito all’inizio delle proteste di Kiev, che nel febbraio del 2014 hanno portato al famoso golpe del “Maidan”.

Il libro inizia proprio da questa rivoluzione che inciderà sui fragili equilibri interni del paese, portando a una frattura insanabile con quella parte della popolazione che non ha accettato quanto accadeva nella capitale, telecomandata dagli Stati Uniti. Dalla primavera del 2015 Vittorio Nicola Rangeloni si è immerso nel conflitto, provando sulla sua pelle le stesse privazioni, le preoccupazioni e le difficoltà della gente del posto.

Le fasi della guerra a cui non ha assistito direttamente sono state raccontate attraverso testimonianze, sfoghi, confidenze e sogni di persone che hanno combattuto armi in mano o semplicemente subito gli scontri. Gran parte dei luoghi, degli scenari e dei protagonisti narrati in questo libro sono pressoché inaccessibili alla maggior parte dei reporter occidentali, che raramente hanno messo piede al di fuori dal centro delle principali città.

A Rangeloni e alle sue cronache non sono mancate in questi anni attacchi e critiche. Si è cercato – inutilmente – di far passare i suoi articoli per fake news, ma il giornalista è sempre riuscito a dare le prove di quello che scriveva. Gli si è persino imputato di avere una madre di origine russa, come se fosse una colpa, e come se l’essere italiano al 100% avrebbe dovuto portarlo a una diversa narrazione, magari più appiattita su quel l’informazione mainstream di cui il lecchese ha sempre svelato limiti, censure e falsità.

Come George Orwell diceva nel capolavoro distopico 1984“nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”. L’Ucraina dal 2015 sta fra golpe e neonazismo, ma non ne ha parlato nessuno in Occidente. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky è l’ottavo politico più ricco dell’Occidente e stretto collaboratore di Ihor Valeriyovych Kolomoiskyi che è l’oligarca più ricco dell’Ucraina, banchiere, “re del cioccolato” e proprietario anche della TV 1+1 che ha lanciato Zelensky. E come se non bastasse ha enormi interessi nel Donbass.

Rangeloni ci racconta una verità che i media nascondono: l’intreccio di affarismo, di autoritarismo, di violenza nei confronti delle opposizioni e di scarsa correttezza del ceto dirigente ucraino. Alla corruzione morale che domina a Kiev, contrappone puntualmente la genuinità, la religiosità, la semplicità del popolo del Donbass. Una visione quasi romantica di questa terra e di questa gente, ha insinuato qualcuno.

Ma la scelta di dare voce a questo popolo, che come altri popoli soffre della mancanza di libertà, di diritti individuali e civili, e sta versando da sette anni fiumi di sangue innocente, non è semplicemente il racconto romantico di un giovane infatuato di una terra che oltretutto non è la sua Patria (visto che le Patrie di Rangeloni sono due, l’Italia e la Russia), ma un atto di giustizia. Come quello di coloro che raccontarono la verità sulle persecuzioni in Messico, sulle ingiustizie inglesi perpetrate in Irlanda, sui soprusi italiani in Sud Tirolo, sui Gulag sovietici e sul Cile di un uomo, Pinochet, portato al potere dagli Stati Uniti.

Se Rangeloni è accusato di “essere di parte” – come se le narrazioni ufficiali sul conflitto in Ucraina fossero perfettamente neutrali, asettiche, imparziali – è solo perché intende dare voce a chi non ha voce. Questo libro sarà importante per capire cosa è successo in questi anni decisivi, mentre un Occidente soddisfatto e distratto non immaginava che a breve sarebbe stato profondamente modificato da emergenze sanitarie prima e militari ora. È davvero un libro-testimonianza, e sarà utile a futura memoria.

Paolo Gulisano

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