LETTURE/ Fantasy italiano, sogni nuovi e sapienza antica

Che ne è ai giorni nostri del Fantasy, il genere letterario reso famoso da autori come Tolkien, Lewis, Michael Ende? Questa narrativa che affonda le proprie radici nel mito e nell’epica, fino alle leggende medievali, sta diventando in realtà sempre più lo specchio dei nostri tempi e dei suoi gusti. Gli autori di maggior successo, a giudicare da quanto esposto e proposto nelle librerie italiane, sono i trucidi George Martin e Joseph Abernethy, con le loro saghe collocate in cupi scenari dominati da un profluvio di violenza, di odio irrimediabile, di sofferenza senza redenzione che non sia la vendetta.

Tuttavia un segnale interessante e in controtendenza viene dagli Stati Uniti, dove è stato proclamato autore Fantasy dell’anno Andrzej Sapkowski, autore polacco della saga The Witcher, premiato durante l’ultima World Fantasy Convention, che ha prevalso su avversari del calibro di Stephen King, Terry Pratchett e Ursula K. Le Guin.

Il protagonista della sua saga, Geralt, non è meno duro e spietato di altri “nuovi eroi” della letteratura dell’immaginario, ma perlomeno si dedica alla distruzione di mostri. E forse il tema, peraltro antichissimo, della lotta al mostro, che comincia nel mito classico con il Minotauro per arrivare al Beowulf medievale e poi ritornare prepotentemente nella narrativa d’avventura con Moby Dick, è quello che caratterizza ancora oggi la migliore Fantasy. Anche nel nostro Paese, dove lo ha trattato Silvana De Mari — la più grande autrice italiana — nell’Ultimo Elfo, nell’Ultimo Orco, e nella saga di Hania attualmente in corso di pubblicazione presso l’editrice Giunti.

Esistono in Italia degli autori, oltre la De Mari, in grado di avvicinare l’interesse suscitato da Sapkowski?
Recentemente ci sono state almeno due pubblicazioni in grado di dire la loro nell’affollato territorio del Fantasy: La stagione del ritorno di Angela Di Bartolo e la saga di Antica di Agostino Mano.

Il primo, edito da Runa, è un volume di grande respiro epico, dove l’autrice, bolognese, assistente sociale con l’hobby dell’archeologia e un grande amore per la storia, percorre i sentieri narrativi del Fantasy classico. L’Autrice si colloca sulla scia del grande Tolkien, dal quale non fa mistero di essere stata ispirata. Grandi scenari, drammi personali, una narrazione elegante e attenta alla psicologia dei personaggi.
Una storia dove la Di Bartolo rappresenta ancora una volta il dramma più antico della storia: il conflitto tra Bene e Male, tra luce e ombra.

Già visto, dirà qualcuno? Non lo si è visto mai abbastanza, si potrebbe rispondere. E infatti l’uomo che non impara dagli errori della storia è destinato tristemente a ripeterli.
Il lettore disincantato di oggi viene quindi provocato opportunamente dalla riproposizione dei temi e antiche fantastiche leggende, collocate in una loro ambientazione storica, in cui tuttavia ci si imbatte in personaggi e figure leggendarie e straordinarie, lasciando anche qualche interrogativo non del tutto ozioso: quanto ne sappiamo veramente del passato? Quali misteri si celano nella nostra storia?

Il secondo autore italiano meritevole di segnalazione è Agostino Mano, che ha dato alle stampe per l’Editrice Falco la saga di Antica. Il filone fantastico aperto dallo scrittore calabrese, giovane promessa della letteratura fantasy italiana, offre ai lettori le imprese dei Cavalieri della luce, un Ordine di valorosi guerrieri, un po’ templari, un po’ Jedi, un po’ cavalieri del Graal. Il loro spirito è riassunto nel loro motto: “La mia luce alla stella, la mia vita al Re, e l’onore a me”.
La narrazione di Agostino Mano è ricca di tutte le caratteristiche della cultura e dell’immaginario medievale, la cui eco è avvertibile nelle pagine del romanziere calabrese: il mondo del soprannaturale, con angeli e demoni, ma anche spiriti e folletti, in diretto contatto col mondo della normale umanità, come lo erano stati nell’Età di Mezzo. Lo spettacolo offerto da tali pagine è a disposizione di tutti i lettori, come realtà quasi tangibile, purché si possiedano occhi in grado di saper guardare, scorgendo i segni dell’invisibile all’interno della quotidianità.
Mano sa riprendere alcuni tra i temi fantastici più frequenti nella letteratura medievale: il racconto delle gesta degli eroi, il viaggio come prova quasi iniziatica, come Cerca.

La Di Bartolo e Agostino Mano insomma raccontano storie che, nella loro fervida immaginazione, hanno il pregio di non dimenticare le questioni fondamentali del vivere umano. Sta tutto qui il loro fascino, quello che fa produrre ancora nuove spettacolari versioni del mito: non è una pura evasione dalla realtà per rifugiarsi nella fantasia, ma è forse l’occasione per volgere lo sguardo verso cose grandi, verso noi stessi e la nostra anima assetata di Bellezza, verso le stelle, cercando i segni del nostro destino.

Abbiamo ancora bisogno di quell’abilità narrativa e di quella fervida immaginazione di chi scolpiva le cattedrali gotiche, con i suoi mostri e le sue creature fantastiche, o di chi scriveva la storia della Cerca del Santo Graal o le peripezie di un re e della sua spada incantata adoperando il linguaggio del simbolo, che trasfigurava la realtà mantenendo però la sua intensità e il suo valore, attraversando, inattaccabile, il tempo e la storia. Nel divertirci con le appassionanti vicende di questa giovane Fantasy, tra toni epici e avventure emozionanti, ci possiamo ritrovare a indagare tra i meandri del nostro passato, ricordandoci che, come diceva il grande Shakespeare, “ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, che nella tua filosofia”.

Il racconto fantastico dunque, sia che si tratti di fiaba o di narrazione epica, di leggenda come di racconto “gotico”, sospeso tra il misterioso e il terribile, è sempre in qualche modo espressione umana sottesa tra il sacro e il profano, a partire dal linguaggio, che reca sempre in sé le tracce di arcaici miti, fino ai contenuti, che sono comunque e sempre quelli del fantastico, ossia dell’irruzione, oscura e inquietante, oppure solare e confortante, di un evento soprannaturale nella realtà quotidiana.

Non c’è generazione di lettori (o di spettatori) la quale, a dispetto di tutte le mode, non senta la suggestione dell’elemento fantastico, mitico, fiabesco: un tipo di letteratura portatrice di una sapienza antichissima.

Paolo Gulisano

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