L’Irlanda politicamente corretta tradisce i suoi eroi

Michael Collins in uniforme

L’Irlanda politicamente corretta tradisce i suoi eroi. Ricordiamo noi Michael Collins e i suoi compagni

Negli scorsi giorni l’Irlanda ha visto la formazione di un nuovo governo, dopo oltre quattro mesi dalle elezioni politiche che avevano visto una incredibile ascesa da parte dello Sin Fein, una formazione che si potrebbe definire socialista e populista, e la sconfitta dei due partiti che nell’Isola avevano costituito nella scena politica un bipolarismo sempre più imperfetto: il Fianna Fail e il Fine Gael.

Questi due partiti sempre contrapposti e alternativi hanno per decenni rappresentato due anime e due tradizioni del Paese: da una parte il Fine Gael, erede della politica che un secolo fa portò al compromesso con l’Inghilterra e quindi alla divisione dell’Isola, con la fondazione dell’entità amministrativa chiamata “Irlanda del Nord” su basi settarie anticattoliche; dall’altra il Fianna Fail fondato da Éamon de Valera e altri eroi della guerra di indipendenza, che nel 1921 si erano opposti alla firma del Trattato. Queste contrapposizioni avevano portato anche alla Guerra Civile, con lutti e tragedie che hanno profondamente segnato la vita irlandese lasciando una triste eredità durata molti anni.

Ora questi due partiti sono arrivati a un’intesa, una sorta di grande inciucio, per governare insieme a scapito dello Sinn Fein. Ne è uscito un accordo di governo con un programma che – se attuato – farebbe dell’Irlanda uno dei Paesi più secolarizzati d’Europa. L’Irlanda di oggi sembra avviata a diventare una delle “società liquide” della post modernità, con una cultura dominante alla rincorsa di ogni possibile espressione dell’ideologicamente corretto. C’è da chiedersi tuttavia se era per una società di questo tipo che combatterono gli eroi della Rivolta di Pasqua del 1916 che portò all’Indipendenza, non prima però di una cruenta guerra civile.

I firmatari della proclamazione di Indipendenza erano stati tutti condannati a morte e giustiziati. Solo pochi tra coloro che avevano combattuto sulle barricate di Dublino erano sopravvissuti, e tra questi Éamon de Valera e Michael Collins. De Valera era un politico nato, mentre Collins era un grande combattente e un notevole stratega.

La Rivolta era stata fatta dopo secoli di grande sofferenza del popolo irlandese, dopo oppressioni, persecuzioni religiose contro i cattolici, e dopo la tragedia di metà Ottocento con la grande carestia che aveva fatto un milione di morti, il 16% dell’intera popolazione dell’Isola: una autentica apocalisse. La Prima Guerra Mondiale segnò un momento fondamentale nella storia della politica irlandese. La scelta del Partito Parlamentarista – politicamente moderato – di appoggiare la causa della Guerra e di invitare i giovani irlandesi ad arruolarsi nell’esercito britannico, con le conseguenti migliaia di morti, rappresentò il suicidio politico di questa storica formazione che per lungo tempo aveva inviato a Londra i soli rappresentanti irlandesi. Venne il tempo di una nuova, giovane classe dirigente, uscita dalle barricate del 1916, dove si era immolata quell’élite intellettuale che aveva operato per la cosiddetta rinascita celtica.

Michael Collins

In quei frangenti drammatici, emerse dalle rovine un eroe di quelli che nascono una volta ogni qualche secolo. Michael Collins, di cui quest’anno si celebra il 130° anniversario della nascita, era questo tipo di uomo. Nato in un villaggio rurale nella Contea di Cork, era forte, coraggioso, idealista, religioso, volitivo. A sedici anni aveva dovuto interrompere gli studi ed emigrare in Inghilterra per lavorare e aiutare la sua famiglia. Non vide la Gran Bretagna solo come il nemico storico del suo Paese, ma diventò capace di apprezzare elementi della sua cultura. Diventò un lettore di G.K. Chesterton e diceva che l’opera che più aveva ispirato la sua visione politica era stata Il Napoleone di Nottingh Hill, la storia di un giovane idealista che si batte per difendere la sua piccola patria.

Collins dopo un breve periodo inglese tornò in Irlanda, aderì al movimento indipendentista, e combattè nella rivolta di Pasqua. Fu arrestato e deportato in Inghilterra, in un campo di concentramento. Quando venne rilasciato alla fine del 1918, tornò a casa, determinato a far sì che quella della Pasqua del 1916 fosse l’ultima sconfitta, e l’inizio di una rinascita.

Fu il grande protagonista della guerriglia che durò fino al 1921. Combattè con lo spirito di un cavaliere antico, ma con tecniche e strategie adeguate al momento. Non era più tempo di nobili disfatte, ma di vittorie.

La Guerra Anglo-Irlandese, che fu durissima, si concluse nel 1921 con un Trattato che spaccò il Paese. Michael Collins e gli altri esponenti del movimento indipendentista ritennero – con un certo pragmatismo politico – che fosse tempo di porre fine alle sofferenze del popolo irlandese e di portare a casa un obiettivo concreto: la nascita del Free State, lo Stato Libero di Irlanda. A costo di rinunciare alle Sei Contee che andarono a formare quella artificiosa entità amministrativa definita “Northern Ireland” che doveva rimanere orgogliosamente parte del Regno Unito, l’ultimo avamposto dell’Impero Britannico.

Éamon de Valera

Ciò significò decenni di aspre sofferenze per la popolazione cattolica e repubblicana del Nord, significò apartheid, discriminazioni, ingiustizie, violenze. Forse gli esponenti politici che vollero il Trattato del 1921 non erano consapevoli delle conseguenze di questa scelta. D’altra parte continuare la lotta, come voleva invece de Valera assieme all’ala più intransigente dello Sinn Fein, non avrebbe voluto dire necessariamente conseguire una vittoria. Fu una scelta comunque drammatica e lacerante.

Gli oppositori del trattato, formarono un governo repubblicano di opposizione con a capo lo stesso de Valera, e cominciarono una campagna che portò alla guerra civile irlandese, un terribile evento fratricida. Collins e de Valera, i due vecchi amici e compagni d’arme, si ritrovarono così uno contro l’altro. A metà del 1922, Collins si dimise dal suo incarico di Presidente del Governo Provvisorio per diventare Comandante in Capo dell’esercito irlandese, un esercito formale costituito dai resti dell’IRA, che come il Sinn Féin si era divisa quasi a metà sull’opportunità di sostenere il Trattato.

Michael Collins decise di fare un tentativo per mettere termine al conflitto organizzando un viaggio nella sua contea natia. Ma il 22 agosto 1922 il convoglio venne attaccato da un gruppo di Repubblicani e fu assassinato.

Non si è mai saputo se l’ordine di ucciderlo fosse venuto dallo stesso de Valera, o fosse stata l’iniziativa personale di qualche subalterno, fatto sta che il Grande Mick, l’uomo che aveva ridato orgoglio, speranza, determinazione ai suoi compatrioti, fu ucciso. La tesi del coinvolgimento diretto di de Valera è accreditata, non senza polemiche, dal film Michael Collins, del 1996, in cui il patriota irlandese è interpretato da Liam Neeson.

Liam Neeson nel film “Michael Collins” (1996)

Quando fu assassinato, Collins aveva solo trentadue anni. Come tutti i veri eroi, come Ettore, come Alessandro Magno, aveva consumato la sua vita e compiuto le sue imprese nello spazio di pochissimo tempo. Non avrebbe mai governato quel Paese che aveva liberato. La sua stella aveva brillato nel cielo d’Irlanda, illuminando la sua storia, gloriosa e tragica.

Un esempio per il suo Paese, a cui mostrò che il suo destino non era quello di restare una piccola, umiliata provincia dell’Impero Britannico. Ma anche per tutti coloro che ritengono che valga la pena battersi per ritrovare e salvare la propria anima e quella del proprio popolo.

Paolo Gulisano

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