Medici sospesi, tra umanità e competenza: non sono mostri

Nella retorica bellicistica che ha infarcito la narrazione sull’epidemia i medici sospesi dal servizio per aver rifiutato il vaccino sono dei disertori. Eppure fino a ieri erano professionisti seri e preparati. La Bussola racconta le loro storie, tra la sofferenza dell’ostilità dei colleghi e la gratitudine dei pazienti rimasti improvvisamente “orfani” che mitiga il dolore. Storie di medici, storie di medicina umana, non di mostri. Come Patrizia, pediatra, 60 anni, una vita per prendersi cura di quei bambini che la natura non le aveva dato.

Lo stillicidio delle sospensioni dei medici e degli operatori sanitari sta procedendo inesorabilmente. Ormai sono più di un migliaio le sospensioni comminate da aziende sanitarie e ordini professionali nei confronti dei sanitari che non si sono sottoposti al ciclo vaccinale anti Covid.

Dietro questi numeri, ci sono storie, vicende umane, anche drammi personali. A volte qualcuno di questi sanitari finisce per cedere, soprattutto medici di medicina generale i cui pazienti senza di loro resterebbero senza medico di riferimento, in attesa di avvicendamenti, che non sono certo immediati, stante anche la scarsità di personale medico.

Nella retorica bellicistica che ha infarcito la narrazione ufficiale sull’epidemia, all’inizio medici ed infermieri erano i soldati in trincea e fuori da diversi ospedali campeggiavano striscioni con scritte quali “siete l’orgoglio del nostro Paese”; ora invece questi operatori, che si erano prodigati nelle cure dei malati, vengono considerati dei renitenti, dei disertori. Oppure, nel caso di chi viene a trovarsi come si diceva nelle condizioni di doversi vaccinare, il termine usato con soddisfazione ma senza rispetto da molti media è “i pentiti”, un termine mediato dalla lotta giudiziaria al terrorismo o alla mafia.

Chi sono in realtà questi “medici no vax”, molti dei quali in realtà hanno ricevuto nel corso della loro vita tutte le vaccinazioni proposte dal Sistema Sanitario, e in alcuni casi – come, ad esempio, i pediatri – le hanno tranquillamente praticate nel corso degli anni ai bambini?

Non si tratta di pseudo stregoni, praticanti chissà quali medicine alternative, ma professionisti seri, preparati, scrupolosi, rei – semplicemente – di nutrire dei dubbi sulle preparazioni vaccinali attualmente in distribuzione, che magari stanno semplicemente aspettando nuovi vaccini, possibilmente realizzati con metodiche tradizionali, e non con mRNA.

Sono professionisti che affrontano con coraggio e con sofferenza l’indifferenza se non l’ostilità dei colleghi, che non offrono alcun tipo di solidarietà (non sono certo dei portuali triestini) ma solo freddezza, sarcasmo, e l’invito perentorio di obbedire agli ordini dello Stato.

La Bussola vorrebbe raccontare qualcuna di queste storie, a partire da quella di una Pediatra di base, che per evitare ulteriori ristorsioni e giudizi puntati addosso, ci ha chiesto di mantenere l’anonimato.

La Pediatra Patrizia, sessant’anni, ha speso tutta la sua vita per curare i bambini. Non ne ha avuti di propri, dal punto di vista biologico, anche se ne ha avuti in affido, ed è stata per loro mamma nel modo più completo, e poi sono stati a migliaia quelli che lei ha curato, ha seguito, a cui ha anche proposto le vaccinazioni. Ha aiutato migliaia di mamme a tirar su i loro piccoli, a nutrirli nel modo migliore, a prevenire difetti e malattie. Ha prescritto farmaci, si è sentita raccontare di febbroni notturni, di esantemi e di tossi che preoccupavano le giovani mamme. Ha tranquillizzato e confortato. Ha sempre vissuto il lavoro come una missione.

Ora non lo può più fare: è stata sospesa. Non ha ottemperato all’obbligo vaccinale di legge per i sanitari. Poco importa che sia un medico bravissimo, scrupoloso, che nel caso prendesse il Covid si sottoporrebbe immediatamente alle cure domiciliari per guarire, e si guarderebbe bene dall’entrare in contatto coi suoi piccoli pazienti.

Poco importa che abbia sempre lavorato con tutte le osservanze delle disposizioni sulla diffusione del contagio, e che nessuno dei suoi piccoli pazienti si sia ammalato di Covid: dura lex sed lex. I provvedimenti normativi non tengono conto di qualità come la competenza professionale, la bravura, la dedizione al lavoro. Non è più il tempo delle virtù umane, ma delle procedure.

E così la buona dottoressa Patrizia non potrà più prendersi cura dei suoi bambini. Dovrà stare a casa, senza poter esercitare quell’arte del curare che ha praticato per oltre trent’anni, in attesa – questa è la sua speranza – che la normativa venga rivista, magari alla luce di nuove evidenze epidemiologiche. Intanto però il dolore è grande, mitigato solo dall’affetto di quelle mamme e quei papà che le hanno voluto scrivere, nel momento della sospensione. Una lettera commovente, piena di affetto e di gratitudine, che la Pediatra ci ha autorizzato a pubblicare.

“Cara dottoressa, il solo pensiero di non ritrovare più la professionista che abbiamo conosciuto ci frenava ogni qualvolta, negli ultimi giorni, eravamo tentati dal citofonare per un saluto. Temevamo di avere il dispiacere di non ritrovarti lì, infatti siamo passati stasera proprio perché sapevamo di non restare con l’amaro in bocca. Purtroppo, adesso dobbiamo affrontare tutti con te, che sei stata la guida, non solo nostra ma di gran parte di questo territorio, questo distacco dal tuo amato lavoro, sperando sia molto breve. Grazie a te per le doti che hai saputo mettere a disposizione, l’esperienza con la quale hai assistito i nostri piccoli sempre con professionalità e spirito materno. Confidiamo che questo sia solo un arrivederci per quanto riguarda il lavoro. Per il resto siamo sicuri che non ci perderemo di vista. Ricorda che ti sosteniamo e ti ammiriamo e che non ti sentirai sola perchè sono sicuro che di persone che ti vogliono bene come noi ne hai tante”.

Insomma, da questa testimonianza siamo di fronte a una benemerita della professione medica, ma di colpo diventata la strega di Biancaneve. 

Paolo Gulisano

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