Non c’è notte che non veda il giorno

«Sai perché hai paura? Perché non sai quando tutto questo finirà. È questo che lacera il cuore. Non sapere se e quando finirà».
Il ragazzo fissò il vecchio. Pensò che aveva perfettamente colto nel segno. Ma voleva in qualche modo provocarlo ancora
«E voi sapete se e quando finirà?»
«Non c’è notte che non veda il giorno»
«Quindi dopo la notte tornerà il giorno?»
Il vecchio gli posò una mano sulla spalla. «Certamente. Questa è la nostra certezza: la certezza del Natale. Dio ha già vinto. Per questo non possiamo non essere felici. L’Oscuro Signore gode della tristezza degli uomini, del loro dolore, della loro infelicità. Lui odia il Natale, perché gli ricorda la sua eterna sconfitta».

Racconto di Natale

La porta della piccola casa – poco più che una baracca di legno e pietra – si aprì a metà. «Entra» disse una voce bassa. Il ragazzo entrò velocemente all’interno. La stanza era illuminata e riscaldata dal fuoco del cammino.

«Siedi» disse il vecchio che abitava nella casupola. «Mi sembri stanco»

“Lo sono” rispose il giovane. Ho fatto dieci chilometri a piedi per venire qui. Non posso prendere la corriera: ovviamente non ho il lasciapassare.

“Ovviamente” ripetè il vecchio.

«Faccio parte della Ribellione» aggiunse il ragazzo con un certo orgoglio. «So che anche voi ne avete fatto parte, fin dall’inizio, fino a quando avete deciso di fare l’eremita. Ma un tempo eravate…».

«Non importa chi io sia stato in passato, in un lontano passato» disse il vecchio con un gesto che sembrava scacciare dal suo sguardo antichi ricordi.

«Sono passati solo dieci anni, maestro».

«Dieci anni… è vero. Ma tutto è cambiato completamente. In dieci anni un male terribile è dilagato, travolgendo tutti e tutto nella sua marcia inesorabile».

Il ragazzo tacque. La casetta era avvolta dal silenzio della montagna. Il vento soffiava sui rami degli alberi pesanti di neve. «Perché sei venuto qui da me?».

«Maestro, voi non vi ricordate di me. Io sono uno dei tanti che anni fa voi curaste. Mi salvaste la vita, a me e i miei genitori. Abbiamo sempre conservato il ricordo della vostra gentilezza e del vostro coraggio».

Il vecchio sorrise. «Ti hanno mai letto la fiaba di Cenerentola, da bambino?»

«No, però vidi il DVD…» disse il ragazzo incuriosito. «Perché me lo chiedete?»

«Se tu avessi letto il libro, ti ricorderesti di una frase che non c’è in nessuna versione cinematografica. La pronuncia la madre di Cenerentola. È l’addio di questa madre che Cenerentola poi perderà, così da finire sotto le grinfie della matrigna». 

Mentre il vecchio parlava, un cane altrettanto anziano, un pastore australiano, venne ad accucciarsi ai suoi piedi, a cercare le carezze dell’uomo, lambendogli le mani col muso.  

«Sii gentile, ed abbi coraggio».

«Come dite, maestro?»

«E’ la frase della madre di Cenerentola». 

Il ragazzo rimase in silenzio. Gli avevano parlato della saggezza di quest’uomo che un tempo era stato famoso, prima di ritirarsi in un eremo. E ora gli raccontava una frase di una vecchia fiaba.

«Perché sei venuto qui?» chiese il vecchio fissandolo con attenzione, mentre accarezzava la testa del cane.

«Perché sta arrivando Natale, e io non riesco a capirne il significato».

Il vecchio lesse negli occhi del ragazzo lo smarrimento e la confusione. 

«Sono i tuoi che ti hanno parlato del Natale?»

«Si, certo. E chi altri? E per Natale, sapete cosa intendo. Non la festa dell’Inverno, di cui parlano i Media, e nemmeno la festa dell’Umanitarismo, che si celebra nei Luoghi del Culto Ufficiale. Il Natale vero…»

«E che cos’è il Natale vero?» chiese il vecchio dolcemente

«Lo sapete meglio di me… la Nascita. La nascita del Figlio di Dio».

«Allora conosci la verità, ragazzo. Cosa ti turba? Perché sei confuso?»

«Maestro, ma se è vero come mi hanno raccontato i miei, e i loro amici, che la pensano come loro, che pregano davanti al Presepe nascosto in un angolo della casa dove eventuali delatori non lo possano vedere, che secoli fa Dio venne ad abitare in mezzo a noi, a portare il Bene, a scacciare le tenebre, perché le tenebre stanno vincendo, anzi trionfando? Perché è l’odio a vincere, a schiacciarci?»

«Così sembrerebbe, ma non è così» disse il vecchio.

«Come non è così?» urlò il ragazzo, tanto da far scattare ritto sulle zampe il cane. «Il male ci domina, ci infligge sofferenza, e tutto questo è ingiusto!»

«Tutto questo ti fa paura? Ti confonde, ti turba?» chiese il vecchio, e i suoi dolci occhi castani scrutarono dentro la sua anima.

«Sì, no…non lo so».

Il ragazzo si prese la testa fra le mani. 

«Sai perché hai paura? Perché non sai quando tutto questo finirà. È questo che lacera il cuore. Non sapere se e quando finirà».

Il ragazzo fissò il vecchio. Pensò che aveva perfettamente colto nel segno. Ma voleva in qualche modo provocarlo ancora

«E voi sapete se e quando finirà?»

«Non c’è notte che non veda il giorno» mormorò. 

«Come dite?» chiese, mentre il vento aveva cominciato a soffiare più forte. 

È una frase di William Shakespeare sorrise il vecchio. La usavo spesso, quando misero fuori legge il Vangelo. Un grande scrittore non potevano però censurarlo, e molti non capivano il significato di questa espressione. D’altra parte, il grande Will era abituato ad essere un cattolico clandestino, e a criptare i suoi messaggi. In qualche modo fu lui ad insegnarmi a vivere nella clandestinità dopo la rivoluzione».

«Quindi dopo la notte tornerà il giorno?»

Il vecchio gli posò una mano sulla spalla. «Certamente. Questa è la nostra certezza: la certezza del Natale. Dio ha già vinto. Per questo non possiamo non essere felici. L’Oscuro Signore gode della tristezza degli uomini, del loro dolore, della loro infelicità. Lui odia il Natale, perché gli ricorda la sua eterna sconfitta. Lui in particolare odia la gioia della Natività. E allora lasciamo che lui, e i suoi seguaci, sguazzino nel fango del loro odio, del loro male, del loro squallore. Vieni, usciamo fuori”.

Il vecchio si alzò con una agilità sorprendente, ed uscì dalla casetta, seguito dal cane e dal ragazzo. Fuori era freddo, e buio, un buio rischiarato dal candore del bosco innevato. Il vecchio alzò gli occhi verso il cielo, ad ammirare la volta stellata. 

Il ragazzo era ancora incerto, spaurito, ma guardando al vecchio maestro sentì che il coraggio stava tornando in lui.       

«È  proprio così, vero?». «Certamente.  Anche questa notte vedrà il ritorno della Luce. Una luce che non può essere spenta. Grazie a Dio».

Paolo Gulisano

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