San Gregorio di Nissa – 10 gennaio

Gregorio di Nissa, nato a Cesarea di Cappadocia circa nel 335 e morto a sessant’anni nel 395 fu uno dei più importanti Padri della Chiesa d’Oriente. Certamente il più profondo dei Padri greci del suo tempo. A lui si deve il primo trattato sulla perfezione cristiana, il «De virginitate».

Uomo di carattere meditativo, con grandi capacità di riflessione, fu un pensatore originale e profondo. La sua formazione cristiana fu curata particolarmente dal fratello Basilio – grande vescovo e anch’egli santo – e dalla sorella Macrina. Compì gli studi, apprezzando particolarmente la filosofia e la retorica. In un primo tempo si dedicò all’insegnamento e si sposò. Poi anch’egli, come il fratello e la sorella, si dedicò interamente alla vita ascetica. 

Fu proprio il fratello a fargli comprendere la vanità del mondo; così abbandonò la cattedra, e verso il 360 raggiunse i suoi amici nel cenobio fondato da San Basilio sulle rive dell’Iris, nel Ponto, per darsi all’ascesi e allo studio della Scrittura. Più tardi venne eletto Vescovo di Nissa e si dimostrò pastore zelante, così da attirarsi la stima della comunità. Accusato di malversazioni economiche dagli avversari eretici, che criticavano le sue capacità amministrative (si sa, l’eretico è sempre affascinato dal successo manageriale) dovette per breve tempo abbandonare la sua sede episcopale, ma poi vi rientrò trionfalmente e continuò ad impegnarsi nella lotta per difendere la vera fede. Soprattutto dopo la morte di Basilio, quasi raccogliendone l’eredità spirituale, cooperò al trionfo dell’ortodossia. Partecipò a vari sinodi; cercò di dirimere i contrasti tra le Chiese; prese parte attiva alla riorganizzazione ecclesiastica, e fu un protagonista del Concilio di Costantinopoli del 381, che definì la divinità dello Spirito Santo.

Il vescovo di Nissa, se forse era poco abile negli affari, s’imponeva però con la sua eloquenza e la vastità della scienza filosofìca e teologica. Nel secondo concilio ecumenico convocato nel 381 a Costantinopoli da Teodosio I, l’ultimo degli Imperatori a regnare su tutto l’Impero Romano, fu salutato “colonna dell’ortodossia”. In esecuzione del terzo canone del concilio, l’imperatore (attenzione: l’Imperatore, non il Papa) stabilì che sarebbero stati esclusi, come eretici notori, dalle chiese della provincia del Ponto, coloro che non erano in comunione con i vescovi Elladio di Cesarea, Otreio di Mitilene nella Piccola Armenia, e Gregorio di Nissa. E probabile che il santo sia stato incaricato di redigere la professione di fede che concluse i lavori del concilio. 

Sembra pure che abbia ricevuto l’incombenza di stabilire l’ordine nelle chiese della Palestina e dell’Arabia. San Gregorio ricomparirà ancora più di una volta, a Costantinopoli per i discorsi d’occasione e per le grandi orazioni funebri in morte della principessa Pulcheria e dell’imperatrice Flacilla. Nel 394 prese parte al concilio celebrato sotto la presidenza del patriarca Nettario. Nella suddetta città, dopo d’allora, il suo nome non compare più nei documenti del tempo. Se ne deduce che sia morto poco dopo. 

Nelle sue opere Gregorio esprime con chiarezza la finalità dei suoi studi, lo scopo supremo a cui mira nel suo lavoro di teologo: non impiegare la vita in cose vane, ma trovare la luce che consenta di discernere ciò che è veramente utile. Trovò questo bene supremo nel cristianesimo, grazie al quale è possibile «l’imitazione della natura divina» (La professione cristiana). Con la sua acuta intelligenza e le sue vaste conoscenze filosofiche e teologiche, egli difese la fede cristiana contro gli eretici, che negavano la divinità del Figlio e dello Spirito Santo. Un vizio che sembra prolungarsi nel corso dei secoli. 

Commentò la Sacra Scrittura, soffermandosi sulla creazione dell’uomo. Questo era per lui un tema centrale: la creazione. Egli vedeva nella creatura il riflesso del Creatore e trovava qui la strada verso Dio. Commentando la creazione dell’uomo, Gregorio mette in evidenza che Dio, “l migliore degli artisti, forgia la nostra natura in maniera da renderla adatta all’esercizio della regalità. Attraverso la superiorità stabilita dall’anima, e per mezzo della stessa conformazione del corpo, Egli dispone le cose in modo che l’uomo sia realmente idoneo al potere regale“. Ma l’uomo, preso nella rete dei peccati, spesso abusa della creazione, non esercita una vera regalità. Per questo, infatti, per realizzare cioè una vera responsabilità verso le creature, deve essere penetrato da Dio e vivere nella sua luce. L’uomo è un riflesso di quella bellezza originaria che è Dio: “Tutto quanto Dio creò era ottimo“, scrive il santo Vescovo. E aggiunge: “Lo testimonia il racconto della creazione. Fra le cose ottime c’era anche l’uomo, ornato di una bellezza di gran lunga superiore a tutte le cose belle. Che cos’altro, infatti, poteva essere bello, al pari di chi era simile alla bellezza pura e incorruttibile? … Riflesso e immagine della vita eterna, egli era bello davvero, anzi bellissimo, con il segno raggiante della vita sul suo volto“. 

Tra le sue opere anche un importante libro sulla vita di Mosè, che presenta come uomo in cammino verso Dio: questa salita verso il Monte Sinai diventa per lui un’’immagine della nostra salita nella vita umana verso la vera vita, verso l’incontro con Dio. Egli ha interpretato anche la preghiera del Signore, il Padre Nostro, e le Beatitudini. Nel suo Grande discorso catechetico espose le linee fondamentali della teologia, non per una teologia accademica chiusa in se stessa, ma per offrire ai catechisti un sistema di riferimento da tener presente nelle loro istruzioni, quasi il quadro nel quale si muove poi l’interpretazione pedagogica della fede.

Gregorio, inoltre, fu insigne per la sua dottrina spirituale. Tutta la sua teologia non era una riflessione accademica, ma espressione di una vita spirituale, di una vita di fede vissuta. Da grande «padre della mistica» prospettò in vari trattati – come La professione cristiana e La perfezione cristiana – il cammino che i cristiani devono intraprendere per raggiungere la vera vita, la perfezione. Un cammino che comincia col riconoscimento dentro di sé del riflesso della luce divina: purificando il suo cuore, l’uomo ritorna ad essere, come era al principio, una limpida immagine di Dio, Bellezza esemplare. 

Così l’uomo, purificandosi, può vedere Dio, come i puri di cuore. “Se, con un tenore di vita diligente e attento, laverai le brutture che si sono depositate sul tuo cuore, risplenderà in te la divina bellezza … Contemplando te stesso, vedrai in te Colui che è il desiderio del tuo cuore, e sarai beato” scrive nel suo commento alle Beatitudini. Bisogna quindi lavare le brutture che si sono depositate sul nostro cuore e ritrovare in noi stessi la luce di Dio. 

Esaltò la verginità consacrata e ne propose un modello insigne nella vita della sorella Macrina, che rimase per lui sempre una guida, un esempio. Tenne vari discorsi e omelie, e scrisse numerose lettere. Da tutta la sua opera traspare che l’uomo ha come fine la contemplazione di Dio. Solo in essa potrà trovare il suo appagamento. Per anticipare in qualche misura tale obiettivo già in questa vita, egli deve progredire incessantemente verso una vita spirituale, una vita in dialogo con Dio. In altre parole – ed è questa la lezione più importante che san Gregorio Nisseno ci consegna – la piena realizzazione dell’uomo consiste nella santità, in una vita vissuta nell’incontro con Dio, che così diventa luminosa anche per gli altri, anche per il mondo.

Paolo Gulisano

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