Storia d’Inghilterra

Hilaire Belloc (1870-1953) è stato uno dei più interessanti pensatori inglesi della prima metà del Novecento, autore di decine di saggi storici. Fu un eclettico, anche se la sua arte rimaneva ancorata alla solida e rigorosa preparazione che aveva ricevuto ad Oxford: fu giornalista, saggista, storico, apologeta cristiano, ma anche politico, venendo eletto due volte al Parlamento di Londra. La sua bibliografia può vantare oltre centocinquanta pubblicazioni in circa mezzo secolo di attività. L’essenza della vita e dell’attività di quest’uomo è riassunta nelle parole di un suo amico, a sua volta scrittore nonché uno dei protagonisti della rinascita cattolica inglese del Novecento, monsignor Ronald Knox: “La lotta era il suo destino, e non l’amava…” Si guadagnò il soprannome di Old Thunder, “vecchio tuono”.

Condivise una grande e lunga amicizia con uno dei più celebri scrittori inglesi del suo tempo, Gilbert Keith Chesterton. Se la notorietà di G.K. Chesterton ha resistito agli anni, altrettanto purtroppo non si può dire del suo grande amico e sodale di tante battaglie Hilaire Belloc, in particolare in Italia dove pochissima della sua produzione è stata tradotta.

Particolarmente meritoria è dunque l’iniziativa della piccola ma interessantissima casa editrice Oaks di proporre al pubblico italiano questa Storia d’Inghilterra in due volumi.

Belloc ripercorre dalle origini la storia della Britannia, fin da quando l’isola si affaccia alla ribalta della storia europea con l’arrivo degli eserciti romani guidati da Giulio Cesare. L’isola dei druidi, della misteriosa Stonehenge, dei guerrieri indomiti che si dipingevano di blu, divenne parte del grande ecumene romano.

L’Impero Romano abbandonò la Britannia nell’anno 407, dato che era necessario richiamare le legioni più periferiche nell’Urbe assediata dalle invasioni barbariche. La Britannia celto-romana divenne a sua volta preda ambita dalle tribù germaniche- come gli Angli e i Sassoni- che la invasero e ne stravolsero il volto, la lingua, i costumi, la struttura sociale. L’antico retaggio celtico sopravvisse nelle più remote zone occidentali, la Cornovaglia e il Galles, e nella Scozia, a nord di quei valli costruiti dai romani. Belloc ci offre dunque una vasta panoramica sulla storia della sua terra materna, che egli ama appassionatamente, nonostante gli errori e gli orrori compiuti dagli inglesi nel corso degli ultimi secoli.

Belloc, cattolico fervente, si sofferma a lungo sull’evangelizzazione dell’isola, avvenuta dapprima grazie ai soldati romani già cristiani, poi ai monaci celti venuti dall’Irlanda, poi ai missionari benedettini inviati da papa Gregorio Magno. Una vera e propria epopea della fede.

Ancor più si rinforzò l’identità cristiana nel Medioevo grazie a quella grande forza manifestatasi in Europa nell’undicesimo secolo: i normanni, un popolo sceso dalla nativa Scandinavia nella regione francese che da loro prende il nome e poi sciamati nel resto del continente. Questi terribili vichinghi, animati da un’incredibile volontà e da un invincibile spirito guerriero, si erano convertiti al cristianesimo con altrettanta passione e diventarono i protagonisti dell’edificazione della società feudale e allo stesso tempo i più fattivi collaboratori del movimento di riforma religiosa monastica. Uno dei loro nobili, Guglielmo il Conquistatore, nel 1066 sbarcò in Inghilterra impadronendosene in breve tempo, sconfiggendo i Sassoni, per poi riforgiarla con i suoi baroni, avvicinandola in modo definitivo all’Europa, rompendone il secolare isolamento con legami commerciali, vincoli di sangue e l’impegno a farne una parte essenziale della civiltà europea cristiana. Siamo così alla terza forza: le crociate. Di esse i protagonisti principali furono proprio i cavalieri normanni, che insieme ai Franchi si avventurarono in Terra Santa a fronteggiare la potenza islamica, che già da secoli ambiva all’Europa e che ancora occupava la terra di Spagna.

Ciò che non aveva fatto l’Islam, fu compiuto dal Rinascimento e poi dalla Riforma: la disgregazione del tessuto comunitario dell’Europa, dell’unità della fede, della libertà delle culture.   Belloc, con un coraggio encomiabile, affronta nelle sue pagine il compito di fare luce sulle origini della Riforma protestante, in particolare quella che si impose in Inghilterra ponendo le basi, come aveva già avuto modo di dimostrare, dello svilupparsi dello Stato servile. Una rilettura controcorrente, che dimostra la natura aristocratica, ariana, antipopolare della ribellione contro la Chiesa cattolica. Ci racconta di come la ricchezza si avvantaggiò di questa rivolta contro l’ordine nel cuore stesso della civiltà; poiché ritorna sempre a vantaggio dei ricchi il negare le comuni concezioni del diritto e del torto, il mettere in questione la filosofia del senso comune, l’indebolire l’energia viva e immediata della volontà umana organizzata ed espressa dalla comunità intera. È sempre stato nella natura della grande ricchezza d’essere pazzamente tentata (benché dall’esperienza pratica debba sapere quanto poco la ricchezza può dare) ad assicurarsi un dominio sempre più vasto sugli uomini; il che si può fare ottimamente imponendo rigidi vincoli sociali.

Un potente alleato della Riforma, per Belloc, fu la ricchezza immorale speranzosa di trarre profitto dal crollo generale dell’organizzazione sociale basata sul popolo. L’ateismo e la ricchezza, la lussuria e la sensualità, l’erudizione e l’aristocraticità del Rinascimento risposero, non curandosi delle folle cattoliche, all’invito della barbarie. Gli iconoclasti dell’avarizia si strinsero – le mani nelle mani – con gli iconoclasti della cecità e della furia e con gli iconoclasti dell’orgoglio accademico.

La perdita della Britannia, sottratta al Cattolicesimo con la violenza dei regni di Enrico VIII e poi di Elisabetta I, fu per Belloc di importanza capitale. La più fedele figlia della Santa Sede, l’isola dei santi e dei dotti, abbandonò la Fede non per un’altra forma di cristianesimo, ma per i nuovi idoli neopagani. L’effetto della Riforma, commenta Belloc, fu l’isolamento dell’anima. L’isolamento dell’anima significa la perdita di un sostegno collettivo, di un sano equilibrio assicurato dall’esperienza comune, da una pubblica certezza, da una volontà generale. Ma applicato alla vita sociale questo dissolvente opera qualcosa di più letale che il completamento e consolidamento dell’umana miseria. Nella dissoluzione dell’unità religiosa ha inizio la dissoluzione dell’uomo moderno. La distruzione del cattolicesimo fu la premessa indispensabile per costruire l’Impero Britannico, un impero senza scrupoli, un colonialismo ferocemente predatore, mai sazio.

La Storia d’Inghilterra di Belloc è un’opera da non perdere per poter capire a fondo le radici della modernità.

Paolo Gulisano

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