Tolkien secondo Amazon: solo fantasy senza epica

La serie appena iniziata, che vuol essere un prequel de Il Signore degli Anelli, lascia l’impressione che manchi qualcosa di sostanziale rispetto al legendarium del grande autore inglese: l’afflato religioso, l’anelito al Dio nascosto, il problema del male e la bellezza “tolkieniana” intesa come riflesso della grazia.

Ha preso il via la prima stagione dedicata da Amazon alle storie di John Ronald Tolkien. Gli Anelli del potere vengono presentati come un prequel del capolavoro dello scrittore inglese Il Signore degli Anelli. Le vicende che precedono immediatamente quelle della Guerra dell’Anello erano state narrate nella sua opera letteraria di esordio, Lo Hobbit. La serie di Amazon, in realtà, trae ispirazione da quanto Tolkien narrò nelle Appendici de Il Signore degli Anelli, e in un’altra opera apparsa soltanto dopo la morte dello scrittore, avvenuta nel 1973. Fu il figlio Christopher a dare una veste editoriale a quei racconti a cui Tolkien aveva lavorato per tutta la vita, pubblicati col titolo Il Silmarillion.

Il Silmarillion è la storia del mondo fin dagli inizi, e si apre con una vera e propria Genesi, dove Dio, chiamato Ilùvatar, che significa «il padre di tutto», da inizio alla Creazione, come realtà buona. Ma poi si fa strada il male, rappresentato dalla potenza luciferina di Melkor, che non è una divinità malvagia, ma un angelo ribelle, inferiore in tutto al suo creatore, Iluvatar. Egli non può creare, perché questa è una prerogativa esclusiva di Dio, ma può sforzarsi di corrompere, di pervertire, di distruggere ciò che Dio ha creato, e ciò che Egli ama, poiché è divorato e mosso all’azione da un’invidia radicale per Dio. Inizia così un lungo tempo di conflitti, di ascese di regni e di cadute di altre, che vanno a caratterizzare quella che Tolkien chiama la Prima Era.

La serie di Amazon ha scelto di “saltare” tutta questa era, e inizia invece il suo racconto dalla Seconda. Questo potrebbe disorientare i lettori che non conoscono i libri di Tolkien, e di fatto ammicca al Signore degli Anelli, probabilmente per rivolgersi al grande pubblico degli spettatori delle due trilogie cinematografiche, che ritrova subito alcuni protagonisti di queste: Galadriel, Elrond, e poi i nani, gli elfi, e una versione primitiva degli Hobbit, dall’aspetto decisamente  tribale e nomade, che sono i Pelopiedi. D’altra parte le vicende che vengono narrate nella serie Amazon precedono di molti secoli quelle della Guerra dell’Anello.

E quali vicende del vasto legendarium tolkieniano hanno scelto gli autori della serie? La scelta è stata quella di rappresentare uno scontro quasi cosmico tra Melkor e Sauron e le forze oscure degli orchi, e dall’altra parte gli elfi. Tra questi, la principessa-guerriera Galadriel assume un ruolo preponderante, che nel vero Silmarillion non aveva. Una guerriera determinata, animata però soprattutto da un desiderio di vendetta contro coloro che le hanno ucciso l’amato fratello. A questo punto la narrazione televisiva prende la via della sfida personale tra la nobile elfa e tutti coloro che si frappongono al suo obiettivo di trovarsi faccia a faccia con Sauron o chi per esso. Sullo sfondo altre narrazioni secondarie: dalle dinamiche interne ai regni elfici, al loro delicato rapporto con i nani (che ritroviamo esattamente uguali a come li si era incontrati nelle trilogie, come elemento di assoluta continuità, fino al nomadismo dei Pelopiedi, e infine alle vicende di quel Regno misterioso che è l’isola di Numenor, che nella mitologia di Tolkien ha un ruolo assolutamente cruciale. Vedremo come sarà rappresentato nel prosieguo della serie. Per ora, se ne trae l’impressione di una buona serie fantasy, ma niente di più. Un Trono di Spade senza le pesanti truculenze di questa.

Ma l’opera di Tolkien non era semplicemente fantasy: era una vera e propria epica, un ritorno a questo genere letterario di grande respiro narrativo. Il Silmarillion, come pure Il Signore degli Anelli, è infatti l’opera di un uomo profondamente religioso, e dove sono presenti, profondamente meditate, problematiche di tipo religioso. Non c’è un Dio palesemente cristiano, certo, ma l’universo di Tolkien è volutamente pre-cristiano, e Dio è un dio nascosto. Egli ha creato il mondo, lo ha riempito di creature, e quindi è rimasto celato. Non c’è la Rivelazione, e questo determina l’atmosfera dei racconti che è essenzialmente di nostalgia: gli Elfi, i primogeniti di Dio, sono le creature che più profondamente avvertono questo desiderio di ritorno alle origini, alla Terra oltre l’estremo occidente da cui sanno di provenire. Dio non è adorato, nei racconti tolkieniani, non gli è reso omaggio, non è oggetto di culto, ma è ricercato, bramato con un sentimento struggente e malinconico. All’Origine tendono gli Elfi, creature immortali, all’Origine tendono gli uomini dei regni numenoreani. Chi per sfuggire alla propria inevitabile sorte, chi per riassaporare la bellezza e la perfezione primordiale.

Sul cammino di questa ricerca c’è – inesorabilmente – il male, ossia la menzogna, l’invidia, la divisione. Satana – colui che separa – è il tentatore nelle vesti di Melkor o di Sauron, suo servitore. Il male in Tolkien, che è ben lontano da una visione manichea della realtà, è assenza di bene, è l’ombra, la mancanza di luce. Mordor era stata definita la “terra nera”, dominata dall’oscurità dei colori, dove domina l’ombra tenebrosa. Tolkien usa frequentemente la parola shadow, ombra, appunto. Nel Signore degli Anelli si fa frequentemente riferimento all’ombra, tanto che Sauron stesso viene definito in tale modo. Nel Silmarillion invece la negazione, l’assenza del bene, l’iniquità sono l’espressione – resa con impareggiabile maestria – del tema della Caduta, un dramma che colpisce il mondo degli uomini.

Gli elfi – e questo nella serie Amazon non è mostrato con chiarezza – non sono semplicemente delle creature esteticamente attraenti, ma sono in possesso di qualità particolari, quelle che Tolkien come docente di Oxford aveva avuto modo di studiare e di ammirare nell’ideale cavalleresco del medioevo cristiano: se i nani sono le creature della Terra di Mezzo più corrispondenti al modello classico della mitologia norrena, gli elfi rappresentano invece simbolicamente i valori della cavalleria medievale, distinguendosi nettamente nella rappresentazione tolkieniana da qualsiasi modello precedente, scandinavo, germanico o celtico. Nessuno più di loro persegue le virtù naturali: lealtà, fedeltà, senso dell’onore, rispetto delle altre creature, affetti, amicizia, amore.

Dietro a queste storie, dietro all’amore dell’elficità, traspare la concezione tolkieniana della bellezza, che è segno visibile della grazia, a sua volta riflesso di una più grande Grazia. La bellezza trova la sua origine e la sua consistenza in Dio, e rende presente nelle realtà create la bellezza divina.

Paolo Gulisano

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