Una birra con… Paolo Gulisano: “Io, il basket, l’Irlanda e il Celtic”

b_0DSC_0572Lecchese di Acquate, 56 anni, Paolo Gulisano è medico, scrittore e grande appassionato di sport, di Irlanda e di Celtic. Definirlo un personaggio eclettico è quasi riduttivo perché, alla sua attività lavorativa all’azienda sanitaria di Lecco, abbina la passione per la scrittura e il lavoro di medico sociale per il Basket Lecco.

Lo abbiamo incontrato all’indomani dell’Old Firm, il derby di Glasgow che ieri ha opposto il suo Celtic ai Rangers. Una partita che Gulisano ha seguito con alcuni amici biancoverdi allo Shamrock Pub di Lecco.

Paolo, dove nasce la passione per il Celtic?
Nasce quando ero ancora bambino. Ero rimasto colpito sia da queste bellissime maglie a strisce orizzontali biancoverdi ed ero rimasto molto colpito da un grande campione

come Jimmy Johnstone, il più grande calciatore che abbia giocato nel Celtic. Quindi già da ragazzo mi procurai la prima maglia del Celtic e ne fui felice. Col passare degli anni mi appassionai sempre di più alla Scozia e all’Irlanda e a un certo punto scoprii che il Celtic è una sintesi dell’una e dell’altra. Una squadra di Glasgow, Scozia, ma che porta i colori dell’Irlanda e che fu fondata dagli immigrati irlandesi. Del Celtic mi ha sempre colpito il suo retroterra culturale, sociale, religioso e il grandissimo orgoglio di questa squadra e del suo mondo”.

Una passione che in Italia puoi condividere con molti altri appassionati, come dimostrato ieri nel raduno di alcuni Italian Celts allo Shamrock Pub. Che pomeriggio è stato?
Un pomeriggio davvero triste. Lo sport, si sa, può dare grandi gioie ma anche momenti di profonda amarezza. La sconfitta del Celtic con i Rangers significa anche il ritorno alla ribalta di una squadra che sarebbe dovuta essere bandita dal calcio scozzese a causa dei gravissimi illeciti che aveva commesso e che ora, dopo 4 anni, torna sulla grande ribalta del calcio scozzese”.

A proposito di amarezze sportive, anche il Basket Lecco non ha vissuto un bel week end con la sconfitta sul campo del Moncalieri…
Anche qua è stata una sconfitta amara, di due punti, che cade anche in un momento in cui ci sono stati problemi di infortuni dei nostri migliori giocatori. Ma nonostante questo, ci siamo già da tempo assicurati i playoff e la speranza è che la squadra sia al 100% tra due settimane, quando inizieranno i playoff per la salita in A2”.

Dove e quando e come nasce il tuo legame col Basket Lecco?
Il basket è uno sport ben poco irlandese, anche se io sono tifoso dei Boston Celtics che hanno portato in America un pezzo d’Irlanda. Io fin da bambino ho praticato questo fantastico sport e ce l’ho nel sangue. Fin da piccolo tifavo per il Simmenthal Milano e a 14 anni, nel ’73, per la prima volta andai a vedere una partita del Basket Lecco in Serie D alla palestra del Badoni, che fu il primo campo di gioco. Era una partita contro il Pavoniano Milano, una squadra minore dove era peraltro cresciuto il grande Charlie Recalcati, uno dei più grandi giocatori e allenatori italiani di tutti i tempi”.

E fin da lì è scoccata la scintilla?
Sì. Da quel momento, oltre al tifo per le scarpette rosse in Serie A, è nata una grande passione per il Basket Lecco. Una passione che mi ha portato a diventare tifoso, capo ultras e ora medico della società”.

Da quanto tempo sei entrato nell’organigramma societario?
Cominciai 15 anni fa e, dopo un breve periodo in cui non ero stato medico sociale, sono ritornato ad esserlo con la presidenza Tallarita, che ha portato la società alla scalata fino alle attuali posizione”.

Questo è il miglior momento nella storia del Basket Lecco, no?
La società aveva avuto un momento importante nella seconda metà degli anni Novanta, quando era arrivata con un grande allenatore lecchese, Ernesto Cocco, fino alla Serie C di allora, che era la quarta serie nazionale. E a Lecco erano arrivati giocatori come Fabrizio Della Fiori, già campione d’Italia con Cantù e giocatore della Nazionale italiana. Si può dire che sia diventato il giocatore più prestigioso che abbia calcato il parquet del Bione, dove il Basket Lecco si era trasferito dopo i primi anni pionieristici. Furono anni in cui emersero anche giocatori lecchesi di grande valore come Cecco Rusconi e Arturo Fracassa”.

Tra due settimane scattano i playoff. Dove può arrivare il Lecco?
Penso che possiamo essere la mina vagante di questi playoff. Abbiamo già dimostrato di poter battere squadre che sono attrezzate per la salita in A2 come ad esempio Bergamo. Se avremo l’organico al completo, visto anche che siamo la squadra più giovane di tutto il campionato e abbiamo bisogno di tutti i giocatori, potremo veramente giocarcela con tutti. Già l’anno scorso fummo la sorpresa perché, da ottavi ai playoff, eliminammo subito il Cento che aveva vinto la regular season. Grande merito dell’exploit dell’anno scorso e di quest’anno è dell’allenatore Massimo Meneguzzo. Max è un vero genio del basket e soprattutto un maestro per i giocatori più giovani che grazie a lui stanno maturando ed esprimendo tutto il loro talento”.

Ci sono le basi per un salto di categoria?
Ci sono delle difficoltà, che sono indubbiamente economiche, dato che il budget è molto limitato. Questo anche a causa, lasciatemelo dire, della scarsa sensibilità dimostrato dalle aziende lecchesi che potrebbero essere sponsor di questa squadra che porta il nome di Lecco in tutta l’Italia settentrionale, da Udine a Torino. Dall’altra parte c’è anche un impianto come il Bione che ha assoluto bisogno di interventi, in particolare sul parquet. La Federazione ha già avvisato la società che, se non farà questi interventi, il campo non sarà omologato non solo per la eventuale A2 ma nemmeno per la B, costringendoci così a emigrare, se non addirittura ad auto-retrocederci. Cosa che nessuno vuole. Ci auguriamo che l’amministrazione comunale dimostri sensibilità verso uno sport che viene anche praticato nel settore giovanile da decine e decine di bambini e ragazzi e ha quindi una valenza sociale molto importante”.

Abbiamo parlato di Celtic e di basket. Veniamo alla terza grande passione, la scrittura. Raccontaci la tua attività.
Il primo libro uscì 20 anni fa e ho poi scritto una trentina di libri, che spaziano dalla letteratura fantasy, da Tolken a Lewis, alla storia dell’Irlanda e della Scozia, ai miti celtici come re Artù. Si tratta di saggi e biografie”.

Hai mai parlato anche di sport in questi libri?
C’è solo un piccolo accenno al Celtic nell’ultimo libro “Per l’onore d’Irlanda” che ho scritto per i 100 anni della prima insurrezione di Dublino che portò all’indipendenza dell’isola. Questo libro mi è molto caro perché racconta un pezzo importante di storia dell’Irlanda. Un Paese che suscita emozioni e spesso anche commozione. È un saggio storico, ma penso si possa dire che lo si può leggere come un romanzo. Il romanzo della libertà dell’Irlanda. Tuttavia non mi dispiacerebbe far entrare lo sport in un prossimo romanzo”.

Oltre che appassionato di Celtic, scrittore e medico del Basket Lecco, mi pare che tu faccia anche altro per il club bluceleste…
Diciamo che mi sono anche ritagliato un ruolo di speaker per cui al Bione, prima delle partite, annuncio le formazioni e non di rado al microfono mi capita di incitare la squadra. Questo perché confesso di avere un certo gusto per lo spettacolo, che mi porta qualche volta anche a cantare canzoni irlandesi allo Shamrock Pub…”.

Slàinte!

http://www.leccosportweb.it/basket-2/news-5/201516/una-birra-con-paolo-gulisano-brio-il-basket-lirlanda-e-il-celtic-17664

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