6 aprile 1320, il grande giorno della Scozia

6 Aprile 2020: avrebbe dovuto essere un grande giorno per la Scozia. 700 anni fa, nell’Abbazia Benedettina di Arbroath, a nord di Dundee, a pochi chilometri dal grigio Mare del Nord, gli scozzesi redigevano un documento con cui sancivano davanti a Dio e davanti agli uomini il loro diritto ad esistere come Nazione.

Il 700° anniversario avrebbe dovuto essere un grande momento nella vita di questa piccola orgogliosa Nazione ancora in cerca di Libertà, ma purtroppo non potrà essere celebrato pubblicamente. L’epidemia del Covid impedirà la grande attesa manifestazione. Tuttavia, non impedirà il ricordo di quello storico avvenimento.

La Dichiarazione di Arbroath non è semplicemente una pietra miliare della lunga, gloriosa e dolorosa storia della Scozia, ma è anche un documento storico significativo per tutti coloro che credono nel valore della libertà e dell’identità. Vediamo di cosa si tratta: agli inizi del XIV la Scozia aveva riconquistato sul campo di battaglia l’indipendenza che il potente e avido vicino inglese le aveva strappato. Nel 1314 un esercito di contadini e cavalieri radunato dal nobile Robert Bruce, di gran lunga inferiore per numero di uomini e per equipaggiamento a quello inglese, ma animato da grande determinazione, coraggio e fede ardente ebbe la meglio sul nemico, facendo sì che il Paese fosse finalmente libero e Bruce riconosciuto Re di Scozia. Tuttavia, trascorsi sei anni da quella straordinaria Battaglia di Bannockburn, la minaccia inglese restava ancora forte. A sud del Vallo di Adriano non ci si voleva rassegnare alla rinuncia del possesso di quella terra, che nemmeno gli Antichi Romani erano riusciti a soggiogare.

Quello che era necessario fare era sancire il diritto della Scozia ad esistere liberamente nel consesso delle nazioni. Per ottenere questo, i nobili scozzesi, radunati presso l’Abbazia di Arbroath, scrissero una lunga lettera al Vicario di Cristo, il Papa, esponendo le ragioni delle proprie richieste, chiedendo che fossero legittimate da colui che in terra rappresenta Nostro Signore e la Sua volontà. Questa lettera, nota come La Dichiarazione di Arbroath, è un commovente manifesto dello spirito indomitamente teso alla libertà degli scozzesi, e rimane anche come una significativa testimonianza e una conferma di quanto Chesterton affermava riguardo alle leggende che possono diventare più importanti della stessa storia. Nella Dichiarazione, infatti, che fu redatta in un fluente latino quasi certamente dal Cancelliere di re Robert Bruce, l’Abate di Arbroath, troviamo un’interpretazione quasi visionaria e mistica dell’origine degli scozzesi, un popolo che trova nel volere di Dio la ragione stessa del suo essere nazione libera, insieme per un destino comune da compiere.

Ci sono nella Lettera/dichiarazione dei passaggi che vale la pena sottolineare: “Santissimo Padre e Signore, noi sappiamo, e dalle cronache e dai libri degli antichi scopriamo che tra tutte le famose nazioni la nostra, quella degli scozzesi, fu insignita di diffusissima rinomanza. Essi giunsero dalla grande Scizia viaggiando per il Mare Tirreno e oltrepassando le Colonne d’Ercole, dimorando poi per lungo tempo in Spagna tra tribù selvagge, ma mai poterono essere soggiogati da gente alcuna, per quanto barbara. Quindi essi vennero, mille e duecento anni dopo che il popolo d’Israele ebbe attraversato il Mar Rosso, alla terra d’occidente che tuttora occupano, dopo aver allontanato dapprima i Britanni, quindi i Pitti che furono completamente distrutti, e nonostante i frequenti assalti dei Norvegesi, dei Danesi e degli Anglo-sassoni, essi mantennero il possesso invitto di questa patria con indicibili sacrifici e numerose vittorie; come gli storici del tempo antico possono testimoniare, essi la ressero da allora libera da ogni servitù. In questo loro reame hanno regnato centotredici sovrani dello stesso nobile ceppo, senza alcun intervento straniero. Gli alti meriti e le qualità di questi uomini, anche se non altrimenti manifeste, sono degni di sufficiente gloria per questo: perchè il Re dei Re e Signore delle Dominazioni, Nostro Signore Gesù Cristo, dopo la Sua Passione e Risurrezione convocò questi uomini (gli scoti, n.d.r.) quasi per primi, per quanto vivessero nelle estreme regioni della terra, alla Sua santissima Fede, e volle che essi fossero confermati in questa Fede da nessun altro se non dal Primo degli apostoli per vocazione, seguito dal mitissimo Sant’Andrea, fratello del Beato Pietro, e volle che questi per sempre li tenesse sotto la sua protezione, in qualità di Patrono”.

I Sommi Padri Pontefici Vostri predecessori diedero attenzione piena di cura a queste cose e accordarono molti favori e numerosi privilegi a questo stesso regno e popolo, dal momento che esso rappresenta il bene personale del fratello del Beato Pietro. Così la nostra nazione sotto la loro protezione visse davvero in libertà e pace fino al tempo in cui quel principe potente, il Re degli Inglesi Edoardo, padre di colui che regna oggi, mentre il nostro regno non aveva capo e il nostro popolo non nutriva malvagità o tradimento ed era quindi disavvezzo alla guerra o alle invasioni, venne in guisa di amico e alleato per poi tormentarci come nemico. Gli atti di crudeltà commessi, i massacri, le violenze, i saccheggi, le ruberie, gli incendi e le devastazioni dei monasteri, con l’uccisione di monaci e suore e l’imprigionamento di prelati, e ancora altri innumerevoli oltraggi che egli commise contro il nostro popolo, senza alcun riguardo nè per l’età nè per il sesso, la religione o il rango, nessuno potrebbe descrivere e neppure immaginare compiutamente a meno che non abbia visto tutto ciò con i propri occhi. Ma da questi mali senza numero noi ci siamo liberati, con l’aiuto di Colui che dopo ogni ferita medica e risana, per mezzo del nostro instancabile Principe, Re e Signore, Lord Robert”.

La Dichiarazione arriva poi al suo punto cruciale, spiegando perché gli scozzesi si sono battuti, si battono e si batteranno sempre: “In verità non è per la gloria, non per le ricchezze, non per gli onori che noi combattiamo, ma per la libertà… per quella sola cosa, a cui nessun uomo retto rinuncerebbe, anche a prezzo della vita stessa”.

Raramente è dato di leggere un manifesto commovente del diritto di un popolo ad esistere, ad avere la propria identità, la propria libertà, come questo. Molto prima delle varie “dichiarazioni dei diritti” elaborate nel ‘900, questo documento di 700 anni è un vero e proprio poetico inno alla libertà, intesa come un diritto fondamentale: un diritto sacro.

Gli scozzesi vengono poi a suggerire al Pontefice i provvedimenti da prendere “Perciò, Reverendo Padre e Signore, noi supplichiamo Vostra Santità con le nostre più ardenti preghiere e con animo genuflesso, affinché Voi vogliate nella Vostra sincerità e bontà considerare tutto questo: dal momento che dalla venuta di Colui del quale siete Vicario in terra, non c’è maggior importanza o distinzione tra Giudeo e Greco, Scozzese o Inglese, vogliate guardare con gli occhi di un padre le tribolazioni e le angustie portate dagli Inglesi su di noi e sulla Chiesa di Dio. Possa piacervi di ammonire ed esortare il Re degli Inglesi affinchè sia soddisfatto di ciò che possiede, dal momento che l’Inghilterra un tempo era sufficiente per sette o più sovrani, e lasci noi Scozzesi in pace, noi che viviamo in questa povera piccola Scozia, al di là della quale non vi sono più terre abitabili, e che non desideriamo altro che ciò che è nostro. Intendiamo fare tutto ciò che è necessario perché egli abbia rispetto per la nostra condizione, così che possiamo procurare la pace per noi stessi”.

E ancora, un preciso richiamo al Pontefice: “Ciò veramente Vi riguarda, Santo Padre, dal momento che vedete la bestialità dei pagani che infuria contro i Cristiani, come i peccati dei Cristiani hanno di certo meritato, e vedete le frontiere della Cristianità retrocedere ogni giorno; e quanto vi accorgerete che si offuscherà il ricordo di Vostra Santità se – ci sia permesso dire – la Chiesa avesse a eclissarsi o a soffrire scandalo in qualche sua parte durante il vostro tempo. Allora incitate i prìncipi cristiani che per false ragioni fingono di non poter andare in aiuto della Terra Santa a causa delle guerre che hanno in corso coi loro vicini. La vera ragione che li impedisce è che facendo guerra ai loro vicini più piccoli, essi trovano un più rapido profitto e una opposizione più debole. Ma quanto lietamente il Nostro Signore il Re e anche noi andremmo là se il Re degli Inglesi ci lasciasse in pace”.

E infine: “Ma se Vostra Santità ripone troppa fiducia nelle favole che gli Inglesi raccontano e non darà sincero credito a tutto questo, e non si astenesse dal favorire loro a nostro pregiudizio, allora la schiavitù dei corpi, la perdizione delle anime, e tutte le altre sfortune che seguiranno, inflitte da loro su di noi o da noi su di loro, saranno, noi crediamo, sicuramente deposte dall’Altissimo a Vostro carico” .

È impressionante leggere la vicenda storica scozzese attraverso il manifesto di Arbroath: non semplicemente un’epopea cavalleresca, ma la battaglia di tutto un popolo. L’anelito alla libertà, intesa non secondo l’astrattezza delle ideologie, ma come il frutto concreto della verità e della giustizia, assurge a dei livelli che restano ineguagliati da parte delle moderne dichiarazioni politiche. Il diritto a governare proviene da Dio e dalla conformità delle azioni del sovrano alla Sua legge. Chi agisce al di fuori della Verità, re o pontefice, agisce contro Dio. Lo stesso eroismo è il frutto della santità.

Paolo Gulisano

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