CHESTERTON/ Quella “Profezia” sui banchieri di Wall Street

www.ilsussidiario.net del 07/02/2013

Chesterton e Belloc Apologia e profeziaGilbert Keith Chesterton, in sigla GKC, non è uno scrittore del secolo passato, ma del futuro prossimo. Nella produzione decisamente abbondante, consona al suo autore, che ci ha lasciato, accanto alle ben note opere narrative, tra le quali spiccano i racconti di Padre Brown, nonché i romanzi, ricchi di immaginazione fantastica, da Il Napoleone di Notting Hill a L’Osteria Volante a L’uomo che fu  Giovedì, troviamo una produzione saggistica assolutamente eccezionale: il suo talento ebbe modo di sfornare opere come Ortodossia o le biografie di santi come Francesco d’Assisi e Tommaso d’Aquino, e altro ancora. Dopo anni di oblio, Chesterton sembra tornato di moda: lo si ripubblica, si offrono (finalmente) al pubblico italiano diversi inediti, e se ne parla in incontri e convegni. Se ne mette in evidenza- e giustamente- lo spirito apologetico del Cristianesimo, ma c’è anche un altro fondamentale aspetto da sottolineare del grande giornalista e scrittore inglese: la sua capacità di leggere profeticamente la realtà. Già negli anni ’30 scriveva e discuteva di eugenetica, ma non solo: vide in anticipo tutti i guasti che avrebbero prodotto i sistemi politici che a vario titolo soffocavano le libertà autentiche, in particolare  giudicando con straordinaria preveggenza i guai di un moderno “stato servile” dove l’uomo è espropriato della sovranità personale, della possibilità di disporre del proprio lavoro, del proprio tempo, persino dei propri talenti.

Gilbert scrisse in una lettera alla fidanzata, agli inizi del proprio impegno giornalistico: “E’ facile, a volte, donare il proprio sangue alla patria, e ancora più facile donarle del denaro. Talvolta è più difficile donarle la verità.”

In Chesterton urgeva il desiderio appassionato di salvaguardare le coscienze e il pensiero dei suoi connazionali dai veleni della propaganda di parte, con tutte le sue falsità e menzogne

L’intento di Chesterton era quello di prendere sul serio la realtà nella sua integrità, a cominciare dalla realtà interiore dell’uomo e di adoperare fiduciosamente l’intelletto – ovvero il buon senso- nella sua originale sanità, purificato da ogni incrostazione ideologica.

Di fronte ai mali della Modernità, e, al loro progressivo affermarsi, Chesterton non rispose con pessimismo recriminante, ma con la lieta ribellione del cristiano.

Con l’uso sapiente del paradosso Chesterton GKC non si limita a far sorridere il lettore. Gli svela che il mondo lasciato a se stesso diventa sempre peggiore. La conseguenza più deleteria della scristianizzazione non è stato il pur gravissimo smarrimento etico, ma lo smarrimento della ragione. Il mondo che rifiuta Dio, che gli volta le spalle, che vuole fare a meno di Lui, impazzisce. Il rapporto individuo-società, libertà personale-ordinamento civile, ovvero persona-stato, è uno dei nodi cruciali della modernità. Uno dei modi più originali di affrontarlo è stato rappresentato dal movimento inglese del Distributismo, cui 90 anni Chesterton fa diede vita insieme agli amici Hilaire Belloc, scrittore, giornalista e parlamentare, e il frate domenicano irlandese Vincent MacNabb.

Il Distributismo, ovvero un’alternativa al capitalismo e al socialismo. Un problema mai risolto, si potrebbe obiettare, quello della “terza via” tra liberismo capitalista e socialismo collettivista, e forse superato dai tempi. In realtà quanto avviene oggi, i segnali di sostanziale fallimento della globalizzazione, ci invitano a riprendere seriamente in considerazione la questione, e una riscoperta del pensiero di  Chesterton è quanto mai attuale.

Chesterton e i suoi amici distribuisti avevano identificato nello “Stato servile”, capitalista o marxista è indifferente, dove l’uomo è asservito allo Stato o al proprietario e alle loro pretese.

Al contrario, secondo il Distributismo, le persone dovrebbero essere messe in grado di guadagnarsi da vivere senza dover contare su l’uso della proprietà altrui. Esempi di persone che si guadagnano da vivere in questo modo sono gli agricoltori che possiedono la loro terra e le relative macchine (oppure in consorzio con altri agricoltori); gli artigiani che possiedono i loro strumenti, e che attraverso essi possono sviluppare il loro talento e la loro creatività. Il Distributismo prevedeva inoltre un approccio corporativo, o cooperativo, che prevedeva la co-proprietà di comunità locali più grandi di una famiglia, ad esempio, partner in un business oppure in un consorzio, pur sempre permanendo in una forma di indipendenza aziendale.

Il Distributismo, inoltre, prevedeva l’eliminazione, o una profonda rielaborazione, del sistema bancario, con un ruolo molto diverso dei governi in campo economico, ad esempio tramite accordi fiscali con tali piccole (se non piccolissime) imprese, finalizzati all’ incentivazione della fiducia delle banche nei confronti dei creditori fruitori del credito sociale e dello sviluppo della fiscalità monetaria..

Utopie? In realtà Chesterton non fa che richiamarsi esplicitamente a quei principi di dottrina sociale cattolica che affondano le proprie radici nell’esperienza benedettina (Ora et labora) ed espressi modernamente in diverse encicliche papali.

Chesterton e i distribuisti ritenevano che ogni autorità, nella famiglia, nel negozio, nell’azienda, nella regione, nello stato non esiste mai, in nessun caso, a beneficio di coloro che la posseggono e ne fanno uso. Nessun padrone ha il diritto di sfruttare un solo uomo. Eppure ogni epoca, nota Chesterton, ha cercato di produrre una sua versione della tirannide e dello schiavismo. Il governo deve governare, ma mai divenire un tiranno; i governati devono obbedire, ma non devono mai adattarsi a divenire schiavi.

Il fondamento della libertà – a differenza di quanto recitano le diverse ideologie da duecento anni- sta in Dio. Dimenticare che Dio è l’unica fonte di autorità è un cominciare ad offrire a Cesare quel che è di Dio, venerare la Bestia dell’Apocalisse e adorare ciò che desidera primeggiare.

Il vero dramma della modernità, pertanto, sta nella scelta tra Dio e gli idoli, tra la civiltà cristiana e il nuovo paganesimo che adora potere, denaro e lussuria.

Paolo Gulisano

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