Chi tira per la giacca Chesterton?

Gilbert keith ChestertonNegli scorsi giorni ho letto su Avvenire un articolo che mi ha fatto sobbalzare: “Insensata pretesa usare Chesterton contro il papa”. Ohibò, mi sono detto nella mia qualità di biografo italiano di GKC nonché Vice-presidente della Società Chestertoniana Italiana – cosa succede? Mi sono perso qualcosa? L’articolo del professor Andrea Monda parlava di un Chesterton “utilizzato come randello contro il Papa”. Monda, di nomi, luoghi e circostanze non ne fa, e così con lo spirito del detective che ho appreso da Padre Brown, Gabriel Gale, Horne Fisher e Basil Grant, i grandi investigatori usciti dalla fantasia del grande scrittore inglese, sono andato in esplorazione sulla rete.

Ho cercato dappertutto, anche sui blog di giornalisti – compreso qualche mite e rispettoso vaticanista – ormai marchiati a fuoco come “anti-bergogliani”. Risultato: nessun uso di Gilbert come arma impropria contro il regnante pontefice. Ho trovato però delle aspre critiche a Benedetto XVI fatte da un saggista sedicente chestertoniano, il quale è peraltro amico di vecchia data dello stesso Monda.

Dunque, molto rumore per nulla? Non proprio, purtroppo. Questi allarmi, questi appelli alla vigilanza nei confronti degli infedeli critici nei confronti dell’attuale papa (e sottolineo attuale) sono la cartina di tornasole di un brutto clima che si sta creando all’interno del mondo cattolico.

Visto che nessuno ha fatto l’uso di Chesterton di cui parla l’articolo di Avvenire, ci si può chiedere che senso abbia innescare questo tipo di polemiche. La risposta che mi do è che si vuole chiudere la bocca a chi esprime dubbi, perplessità, preoccupazioni, non tanto nei confronti della persona di Jorge Mario Bergoglio, ma di certe correnti di pensiero presenti all’interno della Chiesa, quel “pensiero non-cattolico” di cui parlò a suo tempo papa Paolo VI. Dov’è finito il mito del “è più importante ciò che unisce di ciò che divide”?

Gilbert Chesterton era un uomo che adorava dibattere, discutere appassionatamente, anche e soprattutto con chi non la pensava come lui. Nella sua opera On the place of Gilbert Chesterton in English Letters, Hilaire Belloc, a sua volta grande giornalista e scrittore. scrisse dell’amico: «Mi sono stampate nella mente tutte le discussioni (di arte, di politica, di filosofia), in cui mostrò quel suo talento. Tutte le sue tesi erano illuminate dal confronto fra una verità ignota e una già nota; fra un qualcosa di semi-nascosto e qualcosa di ampiamente verificato da noi tutti».

Da questo punto di vista non si può negare che il papa sia effettivamente in linea con Chesterton là dove dichiara, come ha fatto nei giorni scorsi nell’intervista rilasciata a TV2000 e Radio InBlu: “Sono allergico agli adulatori. Perché adulare un altro è usare una persona per uno scopo, nascosto o che si veda, ma per ottenere qualcosa per se stesso. Noi, a Buenos Aires, gli adulatori li chiamiamo lecca-calze”. Invece, prosegue il papa, “i detrattori parlano male di me, e io me lo merito, perché sono un peccatore”.

Meglio quindi delle critiche oneste, sincere, magari cariche di autentico affetto, che delle adulazioni interessate e opportuniste. E meno male che il pastore venuto dall’Argentina se ne è reso conto. La speranza è che rinuncino alla loro aura di intoccabilità anche quei vescovi, cardinali o semplici teologi che pretendono una propria infallibilità nascondendosi dietro la persona del papa.

Quello che Chesterton ci ha insegnato, inoltre, non è solo la virtù della gioia, della quale fu certamente supremo cantore, ma anche l’amore alla verità, e sulla verità non fece mai sconti a nessuno. Tant’è che la decisione a lungo meditata ma anche difficile e travagliata di lasciare l’Anglicanesimo e diventare cattolico la prese allorquando, agli inizi degli anni ’20, la Chiesa Anglicana decise di ammettere i divorziati a seconde nozze. A quel punto Gilbert comprese che era impossibile a quelle condizioni restare anglicani, cercare di lavorare per un avvicinamento tra quella Comunione e la Chiesa Cattolica. Così fece il passo definitivo ed entrò in quella Chiesa che – sola- coniugava misericordia e giustizia, libertà e verità.

Se un papa degli inizi del XVI aveva un po’ affettatamente definito re Enrico VIII “Difensore della Fede”, titolo di cui fu ampiamente indegno e che nei fatti trasformò in “persecutore della fede”, sarebbe bello che un nuovo pontefice, e magari proprio quello regnante, proclamasse Chesterton difensore della verità.

Paolo Gulisano

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-chi-tiraper-la-giaccachesterton-18147.htm

 

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