La Guerra dell’Anello: polemiche sulla nuova traduzione

di Paolo Gulisano
Per chi ha avuto modo di avventurarsi nelle pagine de Il Signore degli Anelli di John Ronald Tolkien, è impossibile non condividere l’opinione espressa dal suo collega e grande amico Clive Staples Lewis all’epoca della pubblicazione del libro: «È troppo originale, troppo ricco perché lo si possa giudicare a una prima lettura. Ma sappiamo che ci ha regalato qualcosa: non siamo più le stesse persone».
Come tutti i capolavori della letteratura, Il Signore degli Anelli lascia nell’animo del lettore il ricordo di un’esperienza meravigliosa. Ha davvero ragione Lewis quando aggiunge: «Chi, dopo aver chiuso il pesante tomo, dopo aver abbandonato i verdi campi e le colline della Terra di Mezzo, non ha mai provato la curiosa sensazione di tornare a osservare il solito vecchio mondo con sguardo rinnovato?».
Questa è l’esperienza che hanno fatto milioni di lettori di Tolkien. E davvero aveva ragione uno dei figli dello scrittore, Michael, quando diceva che suo padre aveva risposto all’invocazione – da parte di lettori di ogni età, carattere, provenienza- di bellezza, di gioia, di senso del mistero, cose senza le quali l’anima stessa dell’uomo inaridisce e muore dentro di lui.

Nonostante questo, nonostante che Il Signore degli Anelli sia un capolavoro della Letteratura moderna, in Italia questo libro e questo autore sono da sempre stati accompagnati da polemiche e livori aspri.
Fin dagli anni ’70 Tolkien venne etichettato come “scrittore di Destra”, se non addirittura fascista. Ancora nel 2001, all’uscita del primo film della trilogia di Peter Jackson, sul quotidiano Repubblica si poteva leggere una recensione in cui si parlava del film come tratto dal romanzo dello scrittore “neonazista” (sic!) Tolkien.
E proprio il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ha dato il là, da circa due anni, ad una curiosa campagna contro l’edizione italiana del libro. Secondo questa narrazione, infatti, la colpa delle interpretazioni di Destra di Tolkien sarebbe proprio del tipo di traduzione che era stata fatta cinquant’anni fa. Il messaggio sottinteso è che un tipo diverso di traduzione avrebbe invece portato alla luce un tipo diverso di libro, accettabile ed apprezzabile anche a Sinistra.  Una riabilitazione che gli appassionati progressisti di Tolkien attendono da anni.
Così è scoppiata una vera e propria guerra tra i traduttori, e dietro di loro ambienti di cultori e appassionati che sostengono uno e l’altra.

Tutto inizia quando il 29 aprile 2018 esce su Repubblica un’intervista a Ottavio Fatica, il prestigioso traduttore chiamato dall’editore Giunti-Bompiani a ritradurre il capolavoro di Tolkien- firmata da Loredana Lipperini. In questa intervista, la Lipperini chiede a Fatica se le precedenti critiche alla traduzione “storica” de Il signore degli anelli abbiano ragione di esistere. Fatica sottolinea che la Alliata aveva fatto un ottimo lavoro per la sua giovane età, ma che comunque alcune sue scelte stilistiche erano  discutibili e, alla luce dell’attuale teoria della traduzione, dei veri e propri errori. Fatica qui usa un’espressione iperbolica per parlare del lavoro della Alliata:”Ecco, bisognava pur rendersi conto che non era possibile correggere cinquecento errori a pagina per millecinquecento pagine”.
Successivamente, al Salone del Libro di Torino del 2018, Fatica ribadisce sue critiche.
Inizia quindi una dura diatriba tra Fatica, la Giunti-Bompiani e Vittoria Alliata di Villafranca.

La prima traduttrice de Il Signore degli Anelli, aveva affrontato questa fatica all’età di 17 anni durante l’ultimo anno di Liceo. Il libro venne pubblicato da  Astrolabio, un piccolo editore con un catalogo infarcito di testi esoterici. Questa edizione vendette pochissimo, e pochi anni dopo i diritti passarono a Rusconi. Questa casa editrice si avvalse della traduzione di Vittoria Alliata, facendola revisionare da un altro traduttore- per la verità dal tedesco- il musicologo Quirino Principe.
In seguito Vittoria Alliata si è dedicata con successo a studi di islamistica, e Il Signore degli Anelli ha proseguito la sua trionfale ascesa nei gusti e nei cuori dei lettori.
Nei cinquant’anni successivi, l’edizione de Il Signore degli Anelli sarebbe passata nelle mani della Bompiani e sarebbe stata sottoposta, ciclicamente, a ulteriori piccole revisioni. Quando, nel 1974, era ancora nelle mani di Rusconi l’opera avrebbe subito una revisione in cui si sostituiva la parola gnomo con elfo, per esempio. Invece, nel 2003 Bompiani pubblicherà una nuova edizione con l’aiuto della Società Tolkieniana Italiana, sempre con la traduzione Alliata-Principe, ma in cui erano stati corretti diversi refusi e orchetti veniva sostituito con orchi.
A questo punto, premesso che nuove traduzioni del libro di Tolkien sono assolutamente lecite, e anzi, avvalorano ancora di più il suo essere non un semplice romanzo Fantasy, ma un vero e proprio classico della Letteratura, che come tutti i classici, da Omero a Shakespeare, può essere ritradotto. Ognuno poi sceglierà e amerà una versione piuttosto che un’altra. Ad esempio, con buona pace di Ottavio Fatica che ha ritradotto anche Moby Dick di Melville, io continuerò imperterrito a rileggermi la magnifica, epica versione di Cesare Pavese.
Tuttavia, posta questa premessa di merito, bisogna dire che questa guerra intorno alla traduzione è stata davvero spiacevole. Ci sono di mezzo anche rilevanti questioni di diritti, sulle quali Vittoria Alliata si è fatta valere in sede legale, ottenendo il ritiro di tutte le edizioni che portano il suo nome come traduttrice. Ciò significa che in circolazione – a partire dal 1 gennaio 2020- c’è soltanto la nuova edizione.
La Principessa ha ampiamente spiegato le proprie ragioni attraverso una lettera aperta inviata agli appassionati e ai lettori. Come commento a questa spiegazione, il saggista Wu Ming 4, pseudonimo del critico bolognese Federico Guglielmi, uno dei principali fautori di una rielaborazione di Tolkien in chiave politica di Sinistra, ha lanciato sulla rete una sorta di “proclama della vittoria”, dove si annuncia l’avvento di una nuova era, nella quale Tolkien (in Italia) è finalmente liberato dai vincoli con la Destra. Vincoli che peraltro vennero posti sul grande scrittore inglese dalla Sinistra stessa, che lo etichettò, come abbiamo detto in precedenza, come un autore reazionario.
A nostro parere, l’assenza dagli scaffali della traduzione dell’Alliata sarà comunque un di meno, un impoverimento.

Questa diatriba, con tutti i suoi aspetti legali e ideologici, ha comunque avuto il merito di portare alla luce alcuni aspetti molto interessanti della storia della ricezione dell’opera tolkieniana in Italia. Protagonista ne è stata sempre Donna Vittoria, che in un’intervista rilasciata a Oronzo Cilli, saggista che aveva avuto modo in un suo testo di raccontare la storia dei rapporti di Tolkien con l’Italia, comprese le bocciature del Signore degli Anelli da parte di grandi editori come Mondadori, e sempre a motivo di “filtri” di tipo ideologico, ha raccontato di come lei stessa, fin dal  1996, avesse proposto di rivedere il testo, che presentava ancora gli stessi refusi dell’edizione Astrolabio. Non solo: l’Alliata mette in evidenza che “Rusconi respinse anche la mia proposta di un’introduzione più adatta a illustrare gli intenti e la figura dell’Autore, nonché di un mio commento per spiegare le scelte di stile e della nomenclatura. Poco dopo il rifiuto una nuova edizione uscì comunque, e sempre con gli stessi refusi, ma con un’introduzione in cui si dava dell’opera di Tolkien un’interpretazione “pagana”, neogotica e tenebrosa, quasi fosse da collocare nel retaggio letterario di un satanista come Aleister Crowley”.

Un giudizio molto duro quello di Vittoria Alliata, che porta alla luce un aspetto molto importante della storia delle interpretazioni di Tolkien. Se per Wu Ming esiste semplicemente una “Destra”, concetto peraltro abbastanza vago e generale, che va dal neofascismo ai cattolici praticanti, in realtà il giudizio della prima traduttrice di Tolkien fa trapelare che in realtà ci sono stati dei cultori dello scrittore inglese che hanno cercato di darne una interpretazione “sapienziale”, gnostica, esoterica, una subcultura che tra l’altro è trasversale alla Destra come alla Sinistra. La Alliata giustamente ritiene che Tolkien non appartenga a queste subculture, un giudizio che condividiamo pienamente e una posizione culturale che personalmente portiamo avanti- con altri amici e studiosi- da almeno vent’anni.
Di fronte all’inarrestabile evoluzione del progresso e della massificazione, dei totalitarismi di vario colore, Tolkien propone un ideale che non è la rivoluzione, e nemmeno la conservazione, ma un ritorno ad un Ordine, contro il dilagare del Caos. Il ritorno ad una sovranità legittima, come è quella di Aragorn, che deve restaurare giustizia e pace. Un ritorno al Dio vero, volgendo le spalle agli idoli di tutti i tipi.

http://campariedemaistre.blogspot.com/2020/01/la-guerra-dellanello-polemiche-sulla.html

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