L’Altrove di Star Wars

Negli scorsi giorni la lunga attesa degli appassionati della ultraquarantennale Saga di Star Wars ha trovato finalmente risposta nell’Episodio IX. Ora sappiamo le origini di Rey, ora sappiamo il destino dei Cavalieri Jedi, ora ogni nodo è venuto al pettine. Almeno apparentemente. In realtà restano ancora tante domande, tanti enigmi. Sappiamo che nuovi episodi verranno in un prossimo futuro, e che il mondo narrativo di Star Wars non finisce qui. Avremo dei sequel, con protagonista la grande Rey, che deve riportare ordine nel Caos. Ma potremo avere anche dei prequel, che inevitabilmente sposteranno l’attenzione dalle vicende della famiglia Skywalker a quella Palpatine. E poi c’è ancora tanto da raccontare, riguardo all’universo espanso di Star Wars.

In questo articolo non vogliamo soffermarci tanto sul nuovo film, sul quale comunque ci sarebbe molto da dire e sottolineare. Diciamo solo che con piacere abbiamo visto ancora una volta affiorare il tema dell’Eroe, della sua faticosa formazione, del destino che sembrerebbe scritto nel sangue, nel DNA, e che invece ognuno è chiamato a realizzare a partire dalle circostanze in cui è posto e dalle scelte che è chiamato a fare, da Rey a Ben Solo. Ancora una volta “Guerre stellari” si è confermato come una grande epica, come un viaggio non solo tra le galassie, ma negli spazi ben più insidiosi dell’animo umano. Non tanto un “Accadrà domani”, ma un “Tanti e tanti anni fa, in una galassia lontana, lontana…”, come si apriva la prima delle tre pellicole di Lucas. Ovvero una storia modello, archetipica.

E ancora, accanto al consueto armamentario di astronavi, tute spaziali e asteroidi, riecco la spada, laser o acciaio poco importa, riecco l’ordine dei cavalieri, la principessa, gli animali fantastici…
Certo, può essere considerato un prodotto confezionato da chi interpreta pulsioni e bisogni come un mercato, fabbricato da chi è pronto a tradurre le necessità in profitto. Quello che ci interessa, però, è il dato fondamentale: esiste non solo un interesse, ma una vera e propria richiesta di tematiche legate al fantastico, alla fantasia.

Fatta questa constatazione, il passo successivo ci porta a chiederci il perché di un successo tanto stridente con il panorama che lo circonda. La risposta che più di consueto viene data chiama in causa l’insoddisfazione per il presente, per la situazione che si vive. E’ una risposta che in parte può essere sottoscritta. Certo, i grandi spazi, le grandi foreste, le alte montagne di uno scenario tolkieniano sono altra cosa rispetto al quartiere residenziale periferico con il quale il nostro lettore-tipo si trova a fare i conti quotidianamente. E’ altrettanto vero che i grandi rischi, i grandi amori, le grandi battaglie, il camminare sul ciglio di profondi burroni, lo scintillio delle spade che si incrociano, sono l’antitesi di quella vita piatta, grigia, codificata e programmata che la modernità propone. O impone. Ma se solo l’insoddisfazione fosse ciò che spinge verso il fantastico, se solo la volontà di evadere – quella “Santa fuga del prigioniero” di cui parlò Tolkien – fosse la causa di questa crescita del fenomeno, bisognerebbe chiedersi perché questa fuga non avviene attraverso altre vie, quali la fantascienza “canonica” o il romanzo di avventure più classico. In effetti, se è vero che il romanzo d’evasione conosce un periodo di grande fortuna, se è vero – statistiche alla mano – che il lettore sembra preferire lunghi racconti che permettono un’evasione prolungata, è altrettanto vero che il fenomeno della letteratura fantastica – almeno per quanto riguarda quel fantastico “Nobile” che può avere in Tolkien il moderno caposcuola – ha uno spessore qualitativo tutto particolare.

Cercare le fonti di quel fascino che la letteratura fantastica innegabilmente emana significa scavare attorno alle sue radici, significa cercare di individuarne l’essenza.
Cominciamo dal tema del viaggio dell’eroe, che George Lucas, l’inventore di Star Wars, assorbì da Tolkien e dal grande studioso di miti Joseph Campbell. Un viaggio per guarire una terra desolata nel nome della speranza evoca temi antichi ma sempre affascinanti. In Guerre Stellari la «speranza» è la Forza: «un campo energetico creato da tutte le cose viventi», l’energia vivente dell’universo ma anche l’espressione della tensione umana verso il soprannaturale. Una saga, quella di Star Wars, che è l’immagine del più profondo senso religioso presente nell’uomo. Così come della lotta per non cedere al Lato Oscuro. Chi aveva creduto che questa lotta si fosse esaurita con la fine di Darth Vader, il “padre oscuro”, ha dovuto ricredersi e vedere la stessa lotta, lo stesso tolkieniano eroismo del sacrificio, in suo nipote Ben.

Questa saga rappresenta una sorta di ultima utopia: la sua ambientazione non è la nostra terra, nemmeno la nostra galassia, bensì un luogo cosmico «altrove». E la sua collocazione temporale? Sembrerebbe un «futuro» estremamente lontano ma a volte sembra di trovarsi persino in un certo «passato», che forse non è nemmeno il nostro passato. O invece sì? Non importa. Nemmeno importa se noi terrestri ci siamo, in questa storia, se questi personaggi di cui seguiamo le avventure ci siano «vicini» o siano «come noi» o siano «noi» – pur interpretati da attori inglesi o californiani o africani o cinesi.

Tra quei personaggi «diversi», in quel passato «senza tempo», in quel luogo così lontano che è un «nessun luogo», avvennero (o avverranno?), forse là o forse qua, delle Guerre Stellari.
Star Wars è comunemente ritenuta una serie cinematografica kolossal, un’opera di «fantascienza multi-genere», ma in realtà è molto di più. È una sorta di epica,l’ultima epica, in cui i confini da esplorare appaiono infiniti, oltre l’iperspazio, ma che in realtà sono anche i confini altrettanto vasti dell’abisso dell’animo umano.

La trilogia, poi esalogia cinematografica di Star Wars, infine adesso ennealogia racconta storie di avventure, in un’indefinita galassia cosmica, tra varie specie di «umani» e «alieni», dove gli umani sono indubbiamente più al centro della storia di quanto non siano gli alieni. Troviamo grandi quantità di invenzioni tecnologiche e robotiche, diversi e peculiari sistemi solari e addirittura stazioni da batta-glie spaziali: tutti elementi immediatamente riconoscibili come fondanti di un genere preciso, la fan-tascienza. Ma è anche un’epica di principesse prigioniere e fantasmi eterei, di armi fatate e draghi da sconfiggere, di costumi medievaleggianti e superpoteri mistici, senza alcuna plausibile spiegazione. Se pensiamo a Star Wars pensiamo sia alle astronavi, sia ai Signori Oscuri, tanto all’iperspazio, quanto ai cavalieri cosmici.

Si tratta di un conflitto che coinvolge l’uomo dall’alba dei tempi: lo scontro tra l’accettare la natura per come essa è, e come Dio ce l’ha donata, e la tentazione di dare l’assalto al cielo per prendere il posto di Dio, sfida dove tutti i mezzi messi a disposizione dal nemico sono leciti.
Tolkien aveva detto chiaramente, nel suo saggio Sulle fiabe (in Albero e foglia del 1964), che l’uomo può spingersi al massimo a essere un sub-creatore, qualcuno che plasma una materia che un Altro gli ha fornito. Perfino in un racconto fantastico, in una fiaba, l’uomo può dedicarsi solo alla sub-creazione. Ne Il Signore degli Anelli (1954-1955) questa pretesa diabolica di poter essere come Dio, di farsi Dio, è condannata nella figura dello stregone Saruman, che vorrebbe realizzare dei servi, forgiare delle creature come gli Uruk-hai, prodotti da una sorta di magica ingegneria genetica, ma alla fine crea solo dei mostri.
Dal Mago Merlino delle antiche leggende celtiche fino a Gandalf e Aslan la magia contraddistingue un certo tipo di narrazione fantastica. La Forza e i suoi epigoni fanno dunque di Star Wars un’opera peculiare del mondo narrativo fantastico.

Star Wars rientra nel sottogenere della space opera, che trae molti elementi dalla narrativa d’avventura. Qui si parla di intrecci, personaggi e abilità, battaglie e guerre su scala enorme, volutamente enfatizzata (tutto ciò è molto starwarsiano), il cui fine è esclusivamente rendere ancora più coinvolgente ed espressivo il racconto. La tecnologia e gli altri elementi frutto della ricerca scientifica devono ovviamente essere logici nel loro apparire, ma sono spesso o inaccurati o possiedono solo un sapore superficialmente e vagamente «tecnico», come ad esempio la gestione dei Midi-chlorian per spiegare la sensibilità alla Forza.
In Star Wars infatti i termini, i dati, i concetti tecnico-scientifici sono usati soprattutto per rendere più divertenti i dialoghi e sono scritti in modo enfatizzato e inventivo, quasi poetico.
Nella fantascienza hard la scienza è la storia; in Star Wars la scienza è lo scenario indistinto, una vaga seppur effettiva scenografia contro la quale si svolge la storia: questo però non rende Guerre Stellari «meno science fiction».

Potrà sembrare una banalità ma una buona risposta al quesito «che genere è Star Wars?» è «un po’ di più di fantasy e un po’ di meno di fantascienza», senza chiuderlo a forza in una o nell’altra scatola. Da un lato, relegarlo alla science fiction elimina i suoi preponderanti elementi puramente fantasy, come la Forza, e le sue dimensioni soprannaturali, ma definirlo fantasy ne trascura l’ambientazione interplanetaria e la diffusa sensazione di tecnologia avanzata. Un’etichetta adeguata per Guerre Stellari può dunque essere quella di Science Fantasy: il sottogenere, il filone ibrido che riesce ad amalgamare principi tecnologici a quelli sovrannaturali, senza sacrificare i primi o ignorare i secondi. Componenti che lavorano insieme, pur se da posizioni differenti, in perfetta armonia. Passato più futuro uguale Altrove. Un Altrove dove collocare vicende che prendono origine da temi antichi come l’umanità: il potere, la lotta tra il bene e il male, tra l’oscurità e la luce, la morte come barriera da infrangere, come ci mostra il sempre più luciferino Palpatine, la ricerca delle risposte alle nostre domande più profonde. Tutti siamo come Rey: vogliamo sapere le nostre origini, ma ancor di più vogliamo conoscere il nostro destino, e scegliere quale via intraprendere.

Paolo Gulisano

http://campariedemaistre.blogspot.com/2020/01/laltrove-di-star-wars-di-paolo-gulisano.html

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