Sant’Aelredo (Etelredo) di Rievaulx Abate

Aelredo di Rievaulx è un santo inglese del XII secolo. Appartiene alla grande stagione cistercense, l’Ordine religioso fonato da due francesi e un inglese e poi fatto divampare dalla Grazia che aveva abbondato in san Bernardo di Chiaravalle. Citeaux (in latino Cistercium, da cui il nome dell’Ordine) era stata fondata nel 1098 da tre monaci con l’intento di ristabilire l’obbedienza alla Regola benedettina nella sua integrità. Due di essi come detto erano locali,  Alberico e Roberto di Molesmes, mentre il terzo, Stefano Harding, era inglese.

Di Citeaux Stefano diverrà anche abate, e sarà lui ad accogliere nella comunità Bernardo nel 1112. 

Quando san Stefano Harding morì, nel 1134, i cistercensi contavano già più di settanta monasteri diffusi in tutta Europa.

In contrapposizione al tradizionale modello organizzativo benedettino, che prevedeva la totale autonomia di ogni monastero rispetto agli altri e la dipendenza dall’autorità vescovile, e a quello rigidamente centralizzato di Cluny, governato dall’abate di Cluny rappresentato in ogni monastero da un priore da egli confermato, i cistercensi crearono un sistema di abbazie autonome, legate tra loro da legami di fratellanza, sotto il controllo del capitolo generale al quale partecipavano tutti gli abati. Fatta salva la piena autonomia di ogni monastero, per garantire che in ogni casa dell’ordine venissero rispettate la legislazione e le consuetudini cistercensi, ogni abbazia doveva essere visitata annualmente dall’abate dell’abbazia-madre.

In qualche modo l’ordine cistercense andò a stabilire un legame di fratellanza unica ed eccezionale tra le diverse nazioni delle isole britanniche: Stefano Harding aveva voluto che sorgessero comunità nella sua natia Inghilterra, e in breve erano nate l’abbazia di Waverley, nel Surrey, e una seconda fondazione nel nord dell’isola, che avrebbe assunto una grande importanza: Rievaulx. Alla guida di questa comunità venne a trovarsi una delle più note e importanti figure della Chiesa medievale: Aelredo, detto poi di Rievaulx.

Aelredo era nato nel Northumberland intorno al 1110. Trascorse la sua giovinezza come paggio alla corte del re David I di Scozia, ed in seguito divenne amico di Enrico, figlio del sovrano, il ragazzo la cui vita era stata salvata miracolosamente da Malachia. Durante una missione compiuta a Rievaulx per incarico del re, entrò, nonostante i consigli contrari degli amici, in quel monastero cistercense, che era stato da poco fondato sotto gli auspici di Stefano Harding e dello stesso Bernardo. Aelredo si fece ammirare specialmente per la carità pura e sincera verso i suoi confratelli, per la sapienza, per la profondità degli studi che ne fecero un grande maestro e teologo.

Nel 1146 divenne abate di Rievaulx, superiore di tutta l’Inghilterra. 

A sua volta, in Scozia, Re David, che era un uomo di profonda religiosità, figlio della Principessa Margaret che venne elevata alla gloria degli altari, una donna sposata, una sovrana, diventando la Santa Patrona di Scozia, grazie all’amicizia con Malachia e Aelredo divenne un grande benefattore, passando alla storia come un fondatore di monasteri.

In contemporanea l’Ordine Cistercense venne introdotto anche in Irlanda grazie al vescovo Malachia di Armagh. Con  Malachia si completò l’evoluzione del monachesimo celtico, che vide il passaggio dai bianchi monaci di San Columba a quelli Cistercensi. Ben presto la regola di San Benedetto andò a sostituire le antiche istruzioni di Bangor come i precetti di San Columba o la durissima regola di San Colombano. L’introduzione dei Cistercensi fu il tentativo – pienamente riuscito – di coniugare la tradizione con il rinnovamento nel segno del radicalismo evangelico che era iniziato a Citeaux e Clairvaux e che si stava diffondendo in tutta Europa.

L’Ordine Cistercense era riuscito nell’opera incredibile di tessere legami di amicizia e fratellanza tra Inghilterra, scozia e Irlanda. 

Per quanto riguarda sant’Aelredo, divenuto maestro dei novizi nel 1141, l’anno seguente fu inviato quale primo abate con dodici compagni a Revesby (Lincolnshire), monastero appena fondato. Nel 1146 fu promosso abate di Rievaulx, che allora contava la bellezza di  trecento monaci.  L’abate di Rievaulx era capo di tutti gli abati cistercensi in Inghilterra, carica che costrinse spesso il santo a intraprendere lunghi viaggi per visitare i monasteri dell’Ordine nell’isola. Pare che grande fosse la sua influenza anche nella vita civile di quel paese, specialmente sul re Enrico II nei primi anni del suo regno. Si dice che sia stato lui ad indurre il re ad unirsi a Luigi VII di Francia per incontrare a Toucy, nel 1162, papa Alessandro III. Sollecitato ad accettare l’episcopato, al quale diverse volte era stato designato anche per l’interessamento del re David e di suo figlio Enrico, Aelredo rifiutò sempre, per amore della vita religiosa. Partecipò in Francia al Capitolo generale del suo Ordine e nel 1164 partì in missione in Scozia per convertire i Pitti del Galloway, una feroce popolazione rimasta irriducibilmente barbara e pagana. Il successo della missione di Aelredo fu così clamoroso che lo stesso capo di quei barbari, mosso dall’esortazione del santo, non solo si convertì ma entrò in monastero. 

Aelredo ci ha lasciato molti trattati, opuscoli e sermoni. Particolari sono i sermoni mariani dedicati alle feste della Natività di Maria, all’Annunciazione, alla Purificazione e all’Assunzione. Nel parlare di Maria egli si ispira molto al Cantico dei Cantici che considera come l’immagine del matrimonio spirituale tra Maria e il Verbo incarnato, non solo quindi figlio ma anche sposo di Lei.
Aelredo fu uno dei principali teologi mariani del Medioevo: la sua descrizione di Maria, la creatura perfetta, piena di avvenenza eccezionale, di purezza, di carità, di umiltà e di tutte le altre meravigliose virtù che rapiscono lo sguardo di Dio,  pone Maria al di sopra di ogni altra creatura.
Aelredo considerava inizialmente dubbia l’assunzione corporea di Maria, forse sotto l’influsso di San Bernardo, ma poi la afferma chiaramente e con passione: la madre di Dio doveva necessariamente essere assunta in cielo anche con il corpo ed esaltata al di sopra di tutti gli angeli.
La Vergine viene paragonata ad una barca che ci aiuta ad attraversare l’oceano burrascoso della vita per raggiungere Gesù. Questa mediazione fa sentire i suoi effetti sui singoli credenti e riceve la sua efficacia dal rapporto materno di Maria con il Figlio, mentre la disponibilità di Maria verso di noi è dettata dai sentimenti di grande misericordia che Lei nutre. Naturalmente questa mediazione non ostacola quella di Cristo: quella di Maria è solo una mediazione contributiva.
Egli afferma, superando perfino S. Bernardo, che Maria è nostra vera madre spirituale e che noi nasciamo da Lei, nel senso che Maria è a capo di una discendenza che si pone in un parallelo antitetico con la discendenza di Eva. Questa maternità deriva non dalla natura ma da quella divina con la quale Maria ha messo al mondo Cristo nostra Luce.
Maria merita, in quanto nostra Signora e Regina, omaggio e servizio. Questa devozione comporta un impegno nei nostri doveri della vita cristiana e quindi l’imitazione di Lei. Dobbiamo sempre guardare a Lei e ricorrere a Lei perché è potente e misericordiosa verso di noi. È soprattutto la preghiera che ci mette in comunione con Lei. 

Un altro testo importantissimo di Aelredo è L’Amicizia spirituale, che è probabilmente il suo capolavoro. Si tratta di uno sforzo per esprimere con concetti cristiani una teoria dell’amicizia che partendo dai classici latini – tra cui Cicerone – arriva al modello di amicizia espresso da Gesù stesso. 

È un’opera appassionante, di grande fascino, la cui lettura è raccomandabile a tutti coloro che vogliono approfondire i significati dell’amicizia cristiana.

Infine, prostrato dalle malattie che lo avevano afflitto per molti dieci anni, con sofferenze sopportate con cristiana rassegnazione,  Aelredo fino all’ultimo giorno di vita fu instancabile guida di anime e amministratore saggio e sperimentato di vita monastica.

Morì il 12 gennaio 1166 o 1167 in concetto di santità e fu sepolto a Rievaulx. Il suo culto iniziò subito dopo la morte. Il suo ideale di perfezione era stato – sulle orme di san Bernardo – semplice e chiaro: occorre piangere su se stessi, rallegrarsi in Dio, servire il prossimo. Essere cioè graditi a Dio, prudenti verso se stessi, utili a chi si incontra.

Paolo Gulisano

www.riscossacristiana.it

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