Si ritorna alla normalità, tranne che per le Messe

Nonostante le variate condizioni epidemiologiche, non arrivano segnali dalla CEI di una possibile revisione dei protocolli a suo tempo stabiliti per le funzioni liturgiche. I fedeli saranno gli ultimi esponenti del fondamentalismo igienistico, già discutibile durante la pandemia, figuriamoci ora. A meno che non si stia approfittando per imporre un golpe liturgico…

Come si accinge la Chiesa che è in Italia ad affrontare l’annunciata fine della pandemia da Covid? Il Presidente Draghi annuncia il ritorno alla normalità, la parola d’ordine sui Media è “ripartenza”, ma la CEI per ora non sembra dare segni di ritornare alla vita ecclesiale antecedente il 22 febbraio 2020. Certo, il problema dei profughi ucraini sta cominciando ad allertare le varie Caritas, e per essere operativi sul campo le attuali restrizioni vigenti non agevoleranno il loro compito, ma la Chiesa è molto altro.

In primo luogo, oltre alle varie iniziative pastorali, catechetiche, culturali ancora soggette alle restrizioni poste dal Governo Conte nel 2020 e accettate dalla Conferenza Episcopale, c’è la questione delle Messe. Nonostante le variate condizioni epidemiologiche, non arrivano segnali dalla CEI di una possibile revisione dei protocolli a suo tempo stabiliti per le funzioni liturgiche. Le chiese sono ancora molto lontane da un’idea di “normalità”, fin dall’ingresso nell’edificio sacro.

Le acquasantiere sono ancora vuote. Ormai da tempo la Scienza (doverosamente con la S maiuscola) ha provato che il Covid non viene trasmesso con l’acqua, tant’è che abbiamo da tempo avuto la riapertura di piscine e centri termali, ma evidentemente l’Acquasanta non è ancora ritenuta sicura, non si sa in base a quale ipotesi scientifica. All’entrata c’è solo la boccetta dei disinfettanti, di fatto obbligatori se sulla porta c’è un esponente del “servizio d’ordine”. La presenza di tali figure, in pettorina gialla di ordinanza, non avrebbe più alcun senso, e alcuni parroci lungimiranti vi hanno rinunciato da tempo. Ma in moltissime chiese permangono ancora questi vigilantes, infiammati di sacro zelo per “le regole” governative, che spesso si rivolgono in tono minaccioso e arrogante (spesso senza alcun rispetto per la Liturgia in corso) ai fedeli che non hanno la mascherina perfettamente aderente a naso e bocca, o che si sono avvicinati troppo con la sedia al loro congiunto. Sarebbe dunque tempo che questi personaggi, di nessuna utilità (i fedeli sono capacissimi da soli di trovare il posto libero ove sedersi, specie in chiese semideserte) e più spesso di fastidio per lo svolgimento della Messa, venissero dismessi. 

Superato il primo check, oggi  il fedele che fa il suo ingresso nella chiesa biocompatibile trova ancora le panche adorne di nastri di sicurezza come quelle dei cantieri o delle scene dei delitti, con varie soluzioni logistiche, che vanno dalla fila alternata al posto bloccato, dalla impossibilità di inginocchiarsi alla rimozione tout court delle panche sostituite da singole sedie debitamente distanziate. Anche in questo caso la modificata situazione epidemiologica non giustifica questo tipo di misure, che non esistono neppure nei più affollati luoghi di aggregazione sociale, dai bar ai ristoranti, dai palazzetti agli stadi, dove le persone siedono gomito a gomito.

Anche su queste limitazioni dunque sarebbe da attendersi dei cambiamenti da parte dei Vescovi. Sarebbe un gesto di grande importanza, tale da fare sentire il fedele davvero in un luogo che accoglie, e non in uno spazio biologicamente pericoloso. Un clima di paura ormai ingiustificato in assemblee liturgiche fatte da persone plurivaccinate o guarite e quindi immuni. Continuare a considerare il vicino di posto come un potenziale untore è veramente triste e non aiuta certo la vita delle comunità cristiane. 

E veniamo alla liturgia: anche in questo caso sono diversi gli accorgimenti tecnici che la CEI aveva concordato col Comitato Tecnico Scientifico governativo. Uno di questi che non ha più alcun senso – se mai l’ha avuto – è quello del non uscire dai banchi per ricevere la Comunione. La gente circola ovunque, per le strade, i negozi, i centri commerciali; non si capisce perché solo in chiesa deve restare inchiodata alla propria sedia. Ci sarebbero ancora altre disposizioni frutto degli accordi CEI-Governo che andrebbero riviste, dal divieto dei foglietti ai percorsi obbligati. 

In buona sostanza sarebbe necessario che la Chiesa prendesse l’iniziativa nei confronti del Governo per richiedere un ripristino delle condizioni in cui si svolgevano le funzioni religiose fino all’arrivo del Covid. Una iniziativa che tuttavia non sembra per ora nell’agenda dei vertici CEI. L’impressione è che la Chiesa italiana voglia dare l’esempio di una totale pervicace obbedienza a disposizioni statali che peraltro oggi sono in dismissione. Che succederà quando lo Stato dirà che si può fare a meno della mascherina negli ambienti al chiuso? Si potrà finalmente assistere alla Messa a viso scoperto o i fedeli saranno gli ultimi esponenti del fondamentalismo igienistico? 

Infine, c’è un ultima importante questione, che sta a cuore a molti fedeli: il modo di ricevere la Comunione. L’epidemia, come è stato detto fin dall’introduzione delle regole per la Liturgia, è stata l’occasione per imporre obbligatoriamente la Comunione sulle mani, togliendo la libertà (garantita ai fedeli dal Diritto Canonico) di riceverla sulla lingua. Inutilmente molti esperti medici e biologi hanno cercato di far capire ai pastori della Chiesa che non c’è alcun maggior rischio nel ricevere la Comunione in bocca: la posizione della CEI è stata sorda nei confronti della Scienza e intransigentemente dura, e moltissimi sacerdoti sono stati attenzionati e diffidati per aver dato la Comunione secondo le regole della Chiesa: quello dello Stato agli occhi dell’episcopato, venivano prima in ordine di importanza e dovere di obbedienza. 

Con la fine dell’emergenza Covid, questo obbligo deve necessariamente finire: alla luce delle evidenze scientifiche non ci sono più giustificazioni o alibi. Se così non dovesse accadere, significherebbe che purtroppo l’epidemia è servita ad alcuni ambienti ecclesiastici per imporre una sorta di golpe liturgico, facendo diventare obbligo ciò che un pontefice come Paolo VI aveva a suo tempo giudicato abuso. Una bella finestra di Overton all’interno della Chiesa.

Paolo Gulisano

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