Una deriva evoluzionistica: il vaccino non va “deificato”

Arriva in Italia per Fede & Cultura il libro di Pamela Acker “Vaccinazioni. Una prospettiva cattolica” in cui la scienziata mette in evidenza che l’ipotesi vaccinista sia un prodotto dell’ideologia evoluzionista. 

Da circa due anni assistiamo ad un dibattito sui vaccini senza precedenti. In realtà dibattito è una parola grossa: questa pratica sanitaria è stata proposta prima e imposta poi come l’unica soluzione all’epidemia da Covid-19. L’essere o meno vaccinati è diventato un vero e proprio limes culturale, politico, e perfino religioso. Nella stessa Chiesa Cattolica hanno prevalso le voci autorevoli che si sono pronunciate per i vaccini, senza se e senza ma, nonostante l’evidenza che molti di questi prodotti farmaceutici sono stati realizzati utilizzando linee cellulari provenienti da feti abortiti. Il  Vaticano è diventato il primo Stato al mondo ad imporre misure coercitive e punitive nei confronti di coloro che non hanno voluto sottoporsi alla sperimentazione vaccinale.

I messaggi vaccinisti sono stati e vengono ancora propagandati ossessivamente, e ogni tesi scientifica che metta semplicemente in discussione il dogma vaccinale viene duramente squalificata. Eppure sarebbe doveroso vagliare attentamente i dati e le evidenze scientifiche, ma ormai il vaccino è stato posto ad un livello superiore a quello della scienza: è diventato una sorta di dogma religioso. Impressiona il fatto, da questo punto di vista, che le religioni tradizionali- almeno nei propri vertici- non abbiano avuto nulla da eccepire sulla narrazione ufficiale che di fatto fa del vaccino l’oggetto di un culto idolatrico.

Bene ha fatto allora l’Editrice Fede&Cultura a pubblicare in italiano il libro della scienziata americana Pamela Acker: “Vaccinazioni. Una prospettiva cattolica”. Un libro che esamina la questione delle vaccinazioni partendo da molto prima del  caso dei vaccini anti-Covid.  Come noto, quando si parla di vaccini, si parte dal suo inventore, il medico inglese Edward Jenner. Nelle pagine della Acker, già ricercatrice presso la Catholic University of America e presso la Washington University di St. Louis,  troviamo una ricostruzione sintetica ma documentata degli esperimenti di Jenner, che  non furono di natura sistematica, produssero un aumento dell’incidenza delle malattie congenite tra i vaccinati e causarono la morte precoce dei primi due volontari (il figlio dello stesso Jenner e un ragazzo del vicinato) che  morirono entrambi di tubercolosi, contratta molto probabilmente attraverso la vaccinazione.

Il crollo della mortalità causata da certe malattie che si registrò quando vennero introdotte le vaccinazioni è imputabile in misura assai maggiore al miglioramento delle condizioni igieniche e del tenore di vita che ai provvedimenti sanitari adottati all’epoca. La Acker ci ricorda quali fossero le condizioni igieniche spaventose presenti nell’800, specialmente in Inghilterra, dove vennero imposti i primi obblighi vaccinali.

Il successo dell’ipotesi anticorpale, cioè che fosse l’immunizzazione attraverso il vaccino a proteggere dalla malattia, secondo la scienziata cattolica americana  si è fondato su esperimenti viziati da errori, condotti con due tipi di organismi patogeni che si comportano in maniera del tutto diversa da tutto ciò contro cui ci vacciniamo oggi.

In breve, la stimolazione di una risposta immunitaria per mezzo della vaccinazione è un atto artificioso, ha un effetto temporaneo e un’efficacia inferiore rispetto all’immunità acquisita per vie naturali, oltre ad essere decisamente rischiosa per un numero crescente di individui. Il sistema immunitario è immensamente più complesso di quanto si pensasse nell’Ottocento e si basa su molecole e processi di cui i primi inventori e procacciatori di vaccini non potevano nemmeno lontanamente immaginare l’esistenza. Non avrebbe quindi molto senso continuare a far uso in maniera indiscriminata di un dispositivo medico obsoleto, messo a punto in un’epoca in cui si ignorava totalmente questa incredibile complessità.

Per la Acker, invece di affrontare la malattia intervenendo in maniera inefficace e artificiosa, addirittura prima del contatto con l’agente patogeno, si dovrebbe acquisire una conoscenza adeguata del funzionamento del sistema immunitario e del modo in cui sia possibile sostenerlo nel compito che il progetto divino gli ha affidato, che è quello di proteggerci contro un ampio spettro di potenziali rischi per la salute, non soltanto quelli contro i quali normalmente ci vacciniamo.

Da questo punto di vista la Acker mette in evidenza che l’ipotesi vaccinista sia  un prodotto dell’ideologia evoluzionista che iniziò a imporsi nell’800. Nasce dall’idea che l’uomo, così com’è, sia insufficiente  ad affrontare le malattie. Il suo sistema immunitario deve essere modificato, potenziato, deve andare incontro ad una evoluzione.  I vaccini sono il mezzo scelto per questa evoluzione. Una strada obbligata? Per la Acker no. Secondo la scienziata, il nostro organismo può e deve essere rinforzato attraverso una vita sana, una buona alimentazione, stili di vita conformi a solidi principi di igiene e medicina preventiva.

Nel suo demitizzare le vaccinazioni, la Acker documenta in che modo i vaccini possono essere e sono talvolta inefficaci, con una frequenza tale da rendere il raggiungimento dell’immunità di gregge attraverso la vaccinazione impossibile sul piano teorico.

Tutti i vaccini inoltre presentano controindicazioni (in particolari condizioni possono risultare addirittura letali per certi individui) di cui non si tiene conto prima di somministrarli durante le consuete campagne vaccinali per l’infanzia. I vaccini innescano una sequenza anomala di reazioni immunitarie che porta all’attivazione di cellule autoreattive. Certi individui arrivano a sviluppare vere e proprie patologie autoimmuni, in altri si possono manifestare forme allergiche croniche quando il vaccino sensibilizza le cellule del sistema immunitario nei confronti di sostanze innocue.

Infine, è più che mai attuale il capitolo dedicato alla vaccinazione di massa, in grado secondo la scienziata americana di dare origine a nuovi ceppi di organismi patogeni (un fenomeno analogo a quello della resistenza che i batteri sviluppano agli antibiotici) e può provocare l’esposizione alla malattia di fasce di popolazione più vulnerabili.

Prendendo atto di tutto questo, il vaccino dovrebbe essere sottratto ad una visione deificata, e ricondotto alla sua dimensione di pratica sanitaria come tutte le altre.

Paolo Gulisano

https://lanuovabq.it/it/una-deriva-evoluzionistica-il-vaccino-non-va-deificato

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