Il libro del generale Vannacci / Opinioni a confronto

L’articolo di Paolo Gulisano Sul libro del generale Vannacci / “Ecco perché l’operazione è sospetta e non mi unisco al coro di elogi” [qui] ha suscitato numerose reazioni critiche. Ospito quella di Paolo Deotto, al quale subito dopo replica lo stesso Paolo Gulisano.

“Vannacci emarginato? Non mi sembra proprio. Attenzione a non cercare sempre l’uomo della provvidenza”

di Paolo Gulisano

Il mio articolo sul generale Vannacci [qui] non poteva non suscitare le risposte di qualche lettore che, sull’onda della grande campagna promozionale dello scritto e delle opinioni in esso contenute, ha incominciato a simpatizzare per il militare. Contemporaneamente all’uscita del mio articolo, arrivava la notizia che l’autore de Il mondo al contrario è stato chiamato da Mediaset a fare da testimonial alla popolare trasmissione Striscia la notizia. Questa è l’ennesima prova – e non sarà certo l’ultima – che Vannacci non è certo il perseguitato e il censurato che si è voluto credere. Perché proprio lui, sulle reti Mediaset, e non Aldo Maria Valli o Costanza Miriano o Maria Rachele Ruiu, per non fare che tre nomi tra i tanti che invitano al buon senso? Credo che ormai dovrebbe essere chiaro che la tesi del Vannacci discriminato non sta più in piedi. E quindi, come già scrivevo, bisogna ragionare su quelle che sono le sue idee.

Qualche lettore mi ha accusato di essere un masochista: una volta che il “mondo di Destra” ha trovato un proprio eroe, ecco che gli si va a fare le pulci, e a mettere in risalto il suo essere sostanzialmente un uomo del sistema, il suo essere un laicista veteronazionalista, un tecnocrate che crede nelle progressive sorti della scienza a partire dagli OGM, che non parla mai di libertà religiosa e di princìpi non negoziabili, mentre per una certa Destra ha avuto il grande merito di dire che ci sono troppi immigrati (salvo aver sposato una signora romena) senza aver analizzato le cause delle migrazioni, e di dire ciò che tanti pensano circa l’omosessualità, salvo autopubblicarsi utilizzando la piattaforma di Amazon, azienda che sostiene economicamente la cultura LGBT+.

Non credo dunque che sia autolesionismo prendere le distanze da Vannacci, e non credo che se il generale non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Ci sono altre persone che da anni conducono importanti battaglie per la libertà e la verità. Sono queste che andrebbero sostenute.

Quello poi che volevo sottolineare è che se una certa Destra “viscerale”, quella che in fondo ha già i suoi testimoni, come ad esempio Vittorio Feltri, lo riconosce come un proprio eroe, Vannacci non può certamente essere un’icona del mondo cattolico, e penso di avere già sufficientemente detto perché.

Ma emerge nei miei confronti una ulteriore puntualizzazione: sarei un perfezionista, o una sorta di manicheo. Ammetto che la cultura del compromesso non mi si addice, essendo cresciuto alla scuola dei grandi cattolici inglesi, che da san Tommaso Moro a Tolkien e Chesterton passando per Newman hanno sempre rifiutato il concetto di compromesso col male, con l’errore, col peccato. Del peccato però siamo intrisi, e lo so molto bene, ne sono personalmente consapevole nella mia carne. Non sono dunque un perfezionista, né un manicheo. Non credo che il generale Vannacci sia un esponente delle forze del male, ma semplicemente non ritengo nemmeno che sia “l’uomo della provvidenza” che sempre viene atteso, specie dal mondo di Destra. E anche qui bisogna decidersi: il cattolico tradizionale si differenzia dal cattolico conservatore, o di destra, perché confida solo in Dio, e non nella politica. Molto spesso i “cattolici di destra” fanno l’errore speculare di quelli di sinistra. Il cosiddetto cattocomunista era prima di tutto comunista, poi anche cattolico. E così anche molti “cattodestri” sono in sintonia con Vannacci perché lo riconoscono in un comune sentire che è sostanzialmente politico.

Si vuole vedere in lui una sorta di “compagno di strada” (compagno non è esattamente la parola giusta) per affrontare determinate battaglie? Non c’è problema: fate pure, e poi vedremo dove si va a parare.

Un’ultima considerazione sul “perfezionismo”: è vero, siamo tutti peccatori, ma oggi nella Chiesa c’è un certo eccessivo autocompiacimento per il peccato, che diventa poi autoassoluzione. Pur nella consapevolezza della nostra fragilità, ho sempre presente il motto episcopale di un vescovo cattolico scozzese nel tempo in cui la Chiesa era perseguitata e clandestina, monsignor Geddes: Ambula coram me et esto perfecto. Cammina alla mia presenza e sii perfetto (Gen 17,1). Per meno di così, non vale la pena essere cristiani.

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