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L’invenzione del vero, libri antichi e nuovi – Geroge Orwell: “1984”

Negli ultimi tre anni si è parlato molto di distopie, di incubi che si avviano purtroppo a divenire realtà, superando l’immaginazione romanzesca. Il capostipite indiscusso di questa narrativa di anticipazione, delle utopie negative, è indubbiamente 1984 dell’inglese George Orwell. Il titolo 1984 era un piccolo espediente letterario: l’inversione delle ultime due cifre, in quanto scritto nel 1948. La storia ci mostra uno scenario di mondo futuro dominato da un totalitarismo cupo, terribile, molto simile allo stalinismo ma, in qualche modo, anche ai fascismi, una sorta di sintesi di quelli che erano stati i totalitarismi dominanti negli anni Trenta.

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Campo insanguinato

“Campo Insanguinato, il massacro di Croke Park e la guerra d’indipendenza irlandese” è un libro scritto dall’irlandese Michael Foley e tradotto in italiano da Simone Bertelegni.
Il libro, che racconta una delle pagine più toccanti della guerra d’indipendenza irlandese, sarà presentato allo Shamrock sabato alle 17, a cavallo delle due partite del Six Nations (Irlanda-Italia e Galles-Inghilterra). Sarà presentato con un dialogo tra Simone Bertelegni e Paolo Gulisano, scrittore, saggista ed esperto di Paesi celtici.
Il libro, edito da Bradipolibri Edizioni, sarà in vendita sabato al pub oppure alla Libreria Volante di via Bovara a Lecco.

 

L’invenzione del vero, libri antichi e nuovi – Fabio Franceschetti: “La contessa di ferro”

Una delle forme narrative più piacevoli e intriganti è quella del romanzo storico. E più il periodo storico è antico, più c’è spazio per la fantasia, che non è mai un male. Negli scorsi anni è stato pubblicato un romanzo decisamente intrigante, in particolare per il fatto di essere un’opera di esordio. La Contessa di ferro (Mimep-Docete, 560 pagine, 14 euro) è un vero e proprio romanzo cavalleresco, di cui è autore Fabio Franceschetti, piacentino, quarantenne, pedagogista, appassionato lettore di grande narrativa, da Dante a Tolkien e Lewis, ma anche studioso della Bibbia e in tale veste definisce i due Libri di Samuele dell’Antico Testamento i primi grandi poemi “cavallereschi” della civiltà giudaico-cristiana.

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Alessandro Gnocchi: il pellegrinaggio di un autentico cristiano

Da tempo ero tra i pochi a conoscenza del passaggio di Alessandro Gnocchi all’ortodossia, ma naturalmente, per rispetto della sua sfera intima, mi sono guardato dal parlarne qui. Ora però l’amico Alessandro ha raccontato la sua vicenda in un libro e, come avrete letto, alcuni frequentatori di Duc in altum ne hanno accennato nel corso dell’ampio dibattito che si sta sviluppando nel blog su cattolici e ortodossi. È dunque benvenuta la recensione del libro di Gnocchi da parte di un altro carissimo amico, Paolo Gulisano, che ci introduce in quello che Alessandro chiama il suo “pellegrinaggio a Oriente”. A.M.V.

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L’invenzione del vero, romanzi antichi e nuovi – Guido Cervo: “I centurioni del Malabar”

Leggo i romanzi di Guido Cervo da molti anni, da quando mi furono consigliati da un amico che non c’è più, il professor Enzo De Canio, intellettuale dalla sterminata cultura. Enzo mi parlò di questo scrittore suo concittadino e collega (Cervo vive e lavora a Bergamo, dove ha svolto la professione di docente di Diritto ed Economia presso le scuole superiori) come di un autore di libri avvincenti, ma allo stesso tempo documentatissimi, esito di ricerche storiche approfondite, che portano alla ricostruzione di affascinanti ambientazioni e scenari, teatro di eventi riguardanti importanti personaggi storici, cui si intrecciano trame nate dalla fantasia dell’autore.

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La verità sul conflitto in Ucraina raccontata da un vero reporter

Il 24 febbraio 2022 hanno preso il via le operazioni militari in Ucraina. Da quel momento è anche iniziata una guerra di propaganda con cui i media occidentali hanno raccontato il conflitto a un pubblico che fino ad allora sapeva poco o nulla della storia e della realtà politica di quelle zone. E ora, da quando è iniziato il battage propagandistico, ne sa ancor meno e in maniera distorta.

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Trionfo della medicina & tramonto dell’uomo in una pièce teatrale di cento anni fa

Knock, o il trionfo della medicina (Knock ou Le triomphe de la médecine), ora pubblicato da Liberilibri, è la più conosciuta opera tetrale di Jules Romains, saggista, poeta e drammaturgo francese, scritta nel 1923 e venne rappresentata 1.400 volte in quattro anni. Negli anni seguenti alla Prima Guerra Mondiale, i principali autori teatrali in Europa erano il siciliano Pirandello, l’anglo-irlandese G.B. Shaw e, appunto, Romains.

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“Ora pro nobis. Storia di ussari alati”. Il romanzo epico di Silvana De Mari

Il romanzo storico non è morto, grazie al Cielo. Da circa un secolo viene dato per fuori moda, per superato, per finito, ma continua ad affiorare come un fiume carsico tra le aride rocce della narrativa contemporanea. Il romanzo storico d’autore è una narrazione potente, di grande respiro. Basti pensare a Eugenio Corti con il suo Il cavallo rosso.

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Grande Reset & Nuovo Mondo

Il libro di Luigi Copertino Cristianesimo, proprietà e Great Reset. Breve esame del “Mondo Nuovo” tra distopia e Tradizione (160 pagine, 16 euro), pubblicato dalla edizioni Radio Spada rappresenta una delle più interessanti letture critiche del fenomeno del “Grande Reset”, il radicale cambiamento dello scenario economico e politico mondiale avviato in occasione della pandemia. Copertino è autore del più interessante studio sul fenomeno dei “teocon”, i cattoconservatori che in buon numero proprio in occasione della pandemia si sono appiattiti sulla versione data dal pensiero mainstream.

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Disobbedienza civile, (quasi) una virtù

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo l’introduzione di Paolo Gulisano al saggio Disobbedienza civile di Henry Davis Thoreau (Ivo Forza Edizioni, 88 pagine, 9 euro).

Correva l’anno 1848, l’anno terribile che vide la vecchia Europa sconvolta da rivolte e rivoluzioni, quando in America un giovane filosofo poco più che trentenne, ma già una delle menti più brillanti degli Stati Uniti, scriveva un saggio intitolato Resistance to Civil Government, che diventò Civil disobedience solo dopo la morte dell’autore.

Questo testo diventò una sorta di manifesto del pensiero libertario, una visione quasi utopica che non si concretizzò mai in un preciso movimento politico, ma che rimase un punto di riferimento per correnti di pensiero anticonformiste, ispirando chi si batteva per la libertà di coscienza e i diritti dell’uomo attraverso forme di protesta e resistenza nonviolenta, e il cui esponente più celebre fu sicuramente Gandhi.

Due anni prima lo studioso del Massachussets era stato arrestato per essersi rifiutato di pagare la tassa (poll-tax) che il governo statunitense aveva imposto ai suoi cittadini per finanziare la guerra d’aggressione al Messico, una guerra fatta per strappare grandi territori allo Stato centramericano, un conflitto mosso dall’avidità economica, ma caratterizzato anche da elementi razzisti e di odio religioso verso il Messico ispanico e cattolico. Questa guerra che serviva a incrementare i privilegi di pochi, venne fatta pagare a tutti i cittadini statunitensi.

Thoreau giudicò questo conflitto (che la retorica americana celebrò facendo della Battaglia di Alamo una delle prime “epopeee” trasformando un politicante massone e razzista come Davy Crockett in un eroe popolare) assolutamente immorale e la tassa contraria ai princìpi di libertà, dignità e uguaglianza sui quali avrebbero dovuto fondarsi gli Stati Uniti d’America. Per questo fu incarcerato.

Quando uscì, aveva maturato un nuovo giudizio sullo Stato, che vide come “un idiota incapace di distinguere i suoi amici dai suoi nemici, e così finii col perdere del tutto il rispetto che mi era rimasto nei suoi confronti”. Nasce così l’idea di una contrapposizione, di una “resistenza”, come dice il titolo originale del libro. Una ribellione in nome del primato della persona umana nei confronti dello Stato, di questo Moloch, di questo idolo che chiede agli uomini di essere servito come da macchine, da una massa amorfa, anonima e impaurita.

In questo saggio Thoreau chiede apertamente di esercitare la virtù del coraggio, di rigettare qualunque assoggettamento da servi al potere dello Stato. Una delle idee principali del saggio è che qualsiasi forma di governo limita drasticamente la singolarità di ogni individuo, perché significa far decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato unicamente a coloro che sono al potere, non tenendo conto del parere e delle esigenze del popolo; la legge non rende perciò l’uomo giusto, lo rende anzi ingiusto quando egli, fedele ai suoi valori ed alla sua libertà, non la rispetta. Più che “il governo migliore è quello che governa meno”, Thoreau sostiene quindi l’idea che “il governo migliore è quello che non governa affatto”.

Qualcuno ha visto in Thoreau un profeta dell’anarchismo. In realtà il filosofo del New England non intende affatto rifiutare le leggi. Scrive infatti che è necessario disubbidire a leggi ingiuste, e quindi resistere ad esse, senza arrivare a una rivolta violenta, a una rivoluzione armata, ma semplicemente attuando una non collaborazione col governo che le ha imposte.

Questa visione è profondamente etica: significa rifiutarsi di collaborare al male. A diverse forme di male. Nel caso di Thoreau, il suo rifiuto di finanziare con le tasse la guerra di aggressione al Messico significava rifiutarsi di collaborare al male: alla uccisione di migliaia di persone, messicani ma anche gli stessi cittadini americani mandati a morire per gli interessi dei politici, dei grandi latifondisti texani, di coloro che avrebbero poi tratto profitti enormi dal conflitto. In seguito, altri coraggiosi avrebbero detto no a leggi ingiuste emanate dagli Stati. E non importa che tale ingiustizia sia avallata o condivisa dalla maggioranza degli stessi cittadini di uno Stato.

Questa ribellione morale è alle origini del concetto di obiezione di coscienza, un principio che ha sempre dato estremamente fastidio alla cultura del conformismo di turno. Dall’obiezione nei confronti del Servizio Militare da parte di chi riteneva che amare il proprio Paese non significasse necessariamente uccidere persone di un’altra Nazione, o semplicemente essere addestrati a farlo, fino all’obiezione di coscienza nei confronti dell’aborto da parte di personale sanitario che ritiene che il proprio compito, il proprio mandato, sia proteggere e salvare le vite umane e non sopprimerle nella loro fase di vita embrionale ed intrauterina.

Queste forme di disobbedienza civile nei confronti di Leggi dello Stato non hanno nulla di illecito, anzi: sono un’espressione alta e nobile dell’amore per la vita umana. L’uomo ha dunque il dovere di opporsi al male, nella condizione in cui si trova, senza se e senza ma. E questo non solo per dare testimonianza del proprio attaccamento alla giustizia, per la difesa di valori umani sacri, ma anche concretamente per far sì che le leggi sbagliate e ingiuste lascino il posto a regole migliori.

Se è consentito fare un esempio di stretta attualità, le persone che che oggi si oppongono alle misure coercitive prese in occasione dell’epidemia del Covid-19, non sono dei “collaborazionisti” del virus, o dei “disertori” come ha affermato qualche virologo da palcoscenico o qualche politico da regime dispotico, ma sono persone che chiedono un diverso approccio al problema sanitario. Anche le persone che non hanno voluto sottostare all’obbligo coercitivo vaccinale, etichettati con l’infamante epiteto di “No Vax”, non sono certo contrarie alle scienze, ai farmaci o ai vaccini: semplicemente vorrebbero essere rassicurate dell’efficacia e della sicurezza di tali prodotti farmaceutici introdotti in via eccezionale e sperimentale. Il termine esatto che dovrebbe essere utilizzato per queste persone dovrebbe essere “Euvax”, ovvero fautori di una buona pratica vaccinale.

La pandemia ha portato alla ribalta, un secolo e mezzo dopo il saggio di Thoreau, la necessità della libertà per gli individui e le comunità, ora in molte circostanze sacrificate al concetto di “sicurezza collettiva”. Thoreau sarebbe inorridito di fronte a tante misure liberticide, davanti alla privazione del diritto a lavorare, a muoversi, a partecipare ad eventi sociali, ai lasciapassare di Stato. E non a caso sono nati spontaneamente nel corso del periodo pandemico piccole realtà di autodifesa, solidali, pacifiche. Ovviamente demonizzate dai media mainstream, e dalle forze politiche quasi totalmente omologate al Nuovo Ordine Pandemico.

La disobbedienza civile proposta nel suo saggio da Thoreau e oggi tutta da riscoprire nella post modernità liquida che tuttavia quando vuole sa essere dura e dispoticamente intransigente, ha un fondamento morale, e direi anche religioso, anche se per lungo tempo l’eredità di Thoreau è sembrata essere appannaggio di correnti di pensiero laiche e secolari.

In realtà, almeno per chi scrive, la disobbedienza civile ha un fondamento nel Vangelo. Sappiamo bene che per secoli la Chiesa ha trovato un “modus convivendi” con i Poteri del mondo (dall’Impero medievale agli Stati moderni) facendo riferimento alla nota espressione di Gesù: date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio. Ma c’è un’altra espressione della Scrittura che dovrebbe essere riscoperta in questi tempi di totalitarismi-soft, ed è quella che troviamo negli Atti degli Apostoli (Atti 5,17-31) “Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore, e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica. Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse: «Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita». Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare”.

Gli apostoli quindi vengono nuovamente arrestati e condotti davanti al sommo sacerdote che cominciò a interrogarli dicendo: “Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell’uomo”. Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati”.

“Bisogna ubbidire piuttosto a Dio che agli uomini”. Questo passo mette assolutamente in chiaro quale sia il comportamento che deve tenere una persona dalla coscienza retta, che segue la Legge di Dio, una legge perfetta, a differenza delle leggi umane, imperfette, fallibili, sbagliate.

Gli Apostoli avevano ricevuto da Dio l’ordine espresso di predicare Gesù Cristo, e gli uomini volevano impedirglielo. Dovendo scegliere tra l’obbedienza a Cristo e l’obbedienza agli uomini, non ebbero alcun dubbio.

Alla luce di queste parole degli Apostoli, diventa chiaro che il dare a Cesare quel che è di Cesare significa dargli il proprio, il giusto. E se Cesare si mette contro Dio, cosa gli può ancora essere dovuto? Semmai il compito del cristiano sarà quello di aiutare Cesare a fare leggi più giuste, più conformi al disegno Divino. Dio deve essere ubbidito in preferenza di qualunque uomo, persino se quest’uomo fosse a sua volta un successore degli Apostoli, un successore – potrebbe succedere – che antepone altro a Dio, cedendo alla tentazione dell’idolatria, o del compromesso col mondo. Quel “mondo” in cui i cristiani sono immersi, ma senza appartenervi, come aveva ammonito Gesù.

Il Vangelo ci dice che l’uomo è fatto per la verità, per incontrarla, per aderirvi. E per farlo deve rimuovere gli ostacoli che possono impedirlo. Per questo l’uomo religioso deve amare la giustizia, e la libertà. Ne diedero prova i grandi martiri che si opposero agli Imperi malvagi, dalle vittime del Colosseo fino ai Cristeros messicani, da Andreas Hofer a Franz Jagerstaetter. Coloro che dissero di no a Cesare per obbedire a Cristo.

Un compito doveroso e concreto, quello della disobbedienza al potere, raccontato mirabilmente nel Signore degli Anelli di Tolkien. La saggezza cristiana dello scrittore inglese è espressa nelle parole di Gandalf, nella conclusione del libro: “Altri mali potranno sopraggiungere, perchè Sauron stesso non è che un servo o un emissario. Ma non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo, il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi”. È questo il manifesto dell’umano realismo, profondamente cristiano, opposto agli incubi di tutte le utopie, con le loro promesse ingannatrici e illusorie.

Paolo Gulisano