Iustitia in Veritate: “Misure ingiuste contro il Covid”

L’associazione Iustitia in Veritate con il comunicato “Per tornare a vivere”, sottoscritto da personalità in ambito medico, parla di quanto avvenuto da febbraio ad oggi analizzando le paure su cui non si può fondare un impianto di misure coercitive: molto si dovrà discutere a riguardo del caos normativo-sanitario seguito alla diffusione del virus, ma ciò che risulta chiaro è la fine dell’emergenza che ha violato le regole della democrazia.

È stata presentata a Milano nella sede di Corso Venezia 40 l’iniziativa “Per tornare a vivere” promossa da Iustitia in Veritate, associazione fondata e guidata dall’ Avvocato  Marco C.A. Boretti, dall’Avvocato  Francesco Fontana e dalla dottoressa Wanda Massa. Ad essa fa riferimento un team di professionisti di vari settori e discipline uniti dalla passione per la Verità, secondo il significato cristiano del termine, senza la quale non può esserci alcuna giustizia reale. Il principio statutario fondante di questa realtà è la difesa della libertà religiosa di fronte ad ogni suo attacco e manifestazione verso la singola persona o nei confronti di qualsiasi forma associata o iniziativa.

Il proposito di Iustitia in Veritate, a partire dalla constatazione degli abusi contro il libero esercizio della fede e di culto perpetratisi in occasione della normativa emanata durante il periodo della diffusione del covid-19, con disposizioni di legge dettate da ragioni che vanno ben oltre un discorso di sicurezza, e che violano palesemente i diritti fondamentali delle persone costituzionalmente garantiti, è quello di allargare lo sguardo il proprio campo di azione a tutti gli abusi che man mano si sono estesi e sono comunque riscontrabili in tutti gli altri settori della vita dell’uomo nelle sue espressioni di libertà anche in forma associata e non necessariamente legati a eventuali normative emergenziali. L’associazione offre quindi tutela ed assistenza sotto ogni profilo, non solo legale, a chiunque necessiti di un supporto professionale, serio e pacificamente indirizzato a coniugare le proprie esigenze, in modo da non dimenticare la difesa e l’affermazione della giustizia in ogni campo, avendo come principio fondante la legge e il diritto naturale.

Iustitia  in Veritate ha dunque presentato una importante iniziativa, un  comunicato  sottoscritto da diverse personalità in ambito medico, alcune delle quali operanti in prima linea contro il Covid 19, con capofila il professor Giulio Tarro, dal significativo titolo “Per tornare a vivere”. Il comunicato offre una accurata disamina di quanto avvenuto da febbraio ad oggi, a partire dall’esigenza di fornire una lettura chiara e ragionevole rispetto alle paure che appaiono ora ingiustificate e che non possono fondare un impianto di misure coercitive future con la minaccia di un ritorno del virus e di un ulteriore castello normativo repressivo basato solo su mere ipotesi.                        

Negli ultimi giorni sono stati evocati da parte di qualche personaggio politico anche interventi di tipo straordinario, come i Trattamenti Sanitari Obbligatori, che dalla stessa normativa sanitaria vigente sono considerati strumenti a cui ricorrere in circostanze particolarmente gravi. Sappiamo bene come nei regimi totalitari del XX secolo per la repressione del dissenso fosse ampiamente utilizzata la pratica dell’internamento con motivazioni pseudo-sanitarie. Non si vorrebbe davvero assistere al ritorno di tali metodi all’interno di una democrazia occidentale come la nostra.

Secondo Iustitia in Veritate, molto si potrà e si dovrà discutere sulle effettive ragioni del caos normativo e sanitario dovuto alla diffusione del virus, ma ciò che risulta chiaro adesso è la fine dell’emergenza che per parecchie settimane ha limitato, se non violato, le più basilari regole di democrazia del nostro paese e le libertà individuali costituzionalmente garantite con misure coercitive, che oggi non hanno più ragione d’esistere. Lo stesso ministro Boccia richiamando la Corte Costituzionale aveva dichiarato che si trattava di atti puramente amministrativi.                                                   

Il Comunicato “Per tornare a vivere” fornisce quindi una sintetica, ma documentata serie di fatti ed evidenze scientifiche che mostrano l’inopportunità di proseguire in una politica di allarmismo sanitario, basata sull’emergenza epidemica da coronavirus. La Fase3 in Italia vede il virus evidentemente meno contagioso e meno aggressivo. Si tratta comunque di una patologia prevalentemente geriatrica, con un indice di mortalità, che nel nostro paese, a differenza di molti altri, come la Germania, è stato più elevato a causa di una serie di misure discutibili e di errori strategici. In molti paesi, quali ad esempio l’Australia, la mortalità è stata paragonabile a quella di una normale influenza stagionale.

Ci sono dunque state gravi mancanze che hanno impedito un’efficace gestione dell’emergenza, contribuendo significativamente a determinare i numerosi decessi, anche tra il personale sanitario, che pure si è speso con generosità e abnegazione. C’è stato un iniziale ritardo nell’approntare misure di emergenza: l’attuale classe politica ad inizio gennaio ha ignorato e persino irriso gli appelli ad affrontare l’epidemia in atto, come se la posta in gioco fosse l’antirazzismo e non la salute degli italiani. In seguito c’è stato un impedimento nella ricerca di una terapia efficace per la malattia, con provvedimenti che sconsigliavano l’esecuzione delle autopsie ed imponevano cremazioni obbligatorie e indiscriminate dei cadaveri.

È stato solo grazie alla provvidenziale disobbedienza di alcuni medici che si è potuto constatare la natura trombolitica e vascolare del Covid19 che, debitamente trattata, rende possibile, nella maggior parte dei casi, la cura domiciliare, senza necessità di occupare le unità di rianimazione, la cui penuria ha determinato altri decessi e le cui vittime potrebbero essere catalogate come morti per coronavirus, senza avere il coronavirus.

Dopo aver subito le gravi limitazioni alla libertà personale tramite i vari DPCM che si sono susseguiti, oggi continuano le “minacce” che alimentano la paura basata sulla mera ipotesi che se non ci atterremo scrupolosamente a tali disposizioni coercitive, ci renderemo colpevoli rispetto ad una del tutto ipotetica seconda ondata del virus, da un punto di vista scientifico tutta da dimostrare.

Alla luce di quanto esposto, il comunicato si chiude con la richiesta di un necessario e doveroso ripristino delle libertà personali, soppresse con la scusa dell’emergenza sanitaria, consentendo la piena ripresa di tutti i servizi pubblici e delle attività sociali ed economiche, nonché il pieno ripristino della libertà di culto.

Paolo Gulisano

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