Larghi strati dell’opinione pubblica giustificano delitti contro la vita come aborto, eutanasia e suicidio assistito

LA MORTE NON E’ MAI UNA SOLUZIONE

Oggi si celebra la Quarantacinquesima Giornata per la vita. Ancora una volta questa occasione chi chiama a riflettere su quelle che sono le drammatiche minacce alla vita umana: l’aborto, l’eutanasia, il suicidio assistito.

Su questi temi da circa trent’anni la Chiesa ha un punto di riferimento dottrinale chiarissimo: l’Enciclica Evangelium Vitae scritta da san Giovanni Paolo II e pubblicata il 25 marzo 1995. Una data estremamente significativa, perché è quella dell’Incarnazione, di Dio fatto persona. Il grande Pontefice proclamò con estrema chiarezza il Vangelo della vita, che sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura.

Presentando il nucleo centrale della sua missione redentrice, Gesù dice: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10, 10). In verità, Egli si riferisce a quella vita «nuova» ed «eterna», che consiste nella comunione con il Padre, a cui ogni uomo è gratuitamente chiamato nel Figlio per opera dello Spirito Santificatore. Ma proprio in tale «vita» acquistano pieno significato tutti gli aspetti e i momenti della vita dell’uomo. 

L’uomo è chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio. La Chiesa sa che questo Vangelo della vita, consegnatole dal suo Signore, ha un’eco profonda e persuasiva nel cuore di ogni persona, credente e anche non credente, perché esso, mentre ne supera infinitamente le attese, vi corrisponde in modo sorprendente. Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore  il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario. Sul riconoscimento di tale diritto si fonda l’umana convivenza e la stessa comunità politica.

Questo diritto devono, in modo particolare, difendere e promuovere i credenti in Cristo, affrontando le nuove minacce alla vita umana. Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le pratiche “sanitarie” coercitive, gli sforzi per violentare l’intimo dello spirito, tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni infraumane di vita, sono vergognose e guastano la civiltà umana.  

Purtroppo, questo inquietante panorama, lungi dal restringersi, si va piuttosto dilatando: con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico nascono nuove forme di attentati alla dignità dell’essere umano, mentre si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà ai delitti contro la vita un aspetto inedito e — se possibile — ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell’opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e, su tale presupposto, ne pretendono non solo l’impunità, ma persino l’autorizzazione da parte dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture sanitarie.

Ora, tutto questo provoca un cambiamento profondo nel modo di considerare la vita e le relazioni tra gli uomini. La stessa medicina, che per sua vocazione è ordinata alla difesa e alla cura della vita umana, in alcuni suoi settori si presta sempre più largamente a realizzare questi atti contro la persona e in tal modo deforma il suo volto, contraddice sé stessa e avvilisce la dignità di quanti la esercitano. In un simile contesto culturale e legale, anche i gravi problemi demografici, sociali o familiari, che pesano su numerosi popoli del mondo ed esigono un’attenzione responsabile ed operosa delle comunità nazionali e di quelle internazionali, si trovano esposti a soluzioni false e illusorie, in contrasto con la verità e il bene delle persone.

L’esito al quale si perviene è drammatico: se è quanto mai grave e inquietante il fenomeno dell’eliminazione di tante vite umane nascenti o sulla via del tramonto, non meno grave e inquietante è il fatto che la stessa coscienza, quasi ottenebrata da così vasti condizionamenti, fatica sempre più a percepire la distinzione tra il bene e il male in ciò che tocca lo stesso fondamentale valore della vita umana.

Alla radice di ogni violenza contro il prossimo c’è un cedimento alla logica perversa del maligno, cioè di colui che «è stato omicida fin da principio.» 

Ma nell’orizzonte culturale complessivo non manca di incidere anche una sorta di atteggiamento prometeico dell’uomo che, in tal modo, si illude di potersi impadronire della vita e della morte perché decide di esse, coltivando il sogno (o per meglio dire l’incubo) del Transumanesimo. Il progetto eugenetico di migliorare la “qualità genetica” di una certa popolazione umana. 

Esattamente 100 anni fa usciva un libro dello scrittore e apologeta inglese Gilbert Chesterton dal titolo Eugenics and other evils. Eugenetica e altri mali. Chesterton presentava una serie di saggi sul tema dell’eugenetica e di altre degenerazioni del pensiero scientifico, un testo che a distanza di un secolo appare come straordinariamente profetico ed anticipatore degli odierni scenari transumanisti.

Chesterton denunciò apertamente un pericolo che, in modo subdolo, stava diffondendosi nella società europea e nord-americana. I sostenitori dell’Eugenetica si proponevano di realizzare un mondo efficientistico, in cui il valore dell’uomo sarebbe stato deciso dalla sua capacità di produrre benessere economico; in cui il matrimonio sarebbe stato deciso, scelto e imposto secondo criteri genetici, basati sulla “qualità della vita”, sulla felicità e realizzazione dell’essere umano fondato, appunto, sulla visione dell’uomo solo “produttivo”; una “casta di medici” avrebbe avuto l’ultima parola – tirannicamente – sull’intera umanità. Una prospettiva drammatica, cui oggi è necessario opporsi con tutte le forze.

Paolo Gulisano

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