La storia di questo santo dal nome così simpaticamente particolare è davvero affascinante. Pur essendo una figura di sedici secoli fa, è estremamente significativa di quello che è la vera vita cristiana: una chiamata alla santità, una chiamata a cui è possibile rispondere in ogni circostanza dell’esistenza e in ogni stato di vita.
Il nostro Paolino infatti era un funzionario imperiale, e fu un marito prima e in seguito un sacerdote.
La sua storia inizia nel 355 in Gallia, nella odierna città di Bordeaux, dove il padre era funzionario imperiale. Discendeva da ricca famiglia patrizia romana, e favorito nella carriera politica da amicizie altolocate, cosa che evidentemente accadeva anche nell’antichità, divenne «consul suffectus», cioè sostituto, e governatore della Campania.
Era ancora pagano quando si imbattè nelle prime comunità cristiane, dalle quali rimase colpito per il fatto che respingevano i facili piaceri edonistici, in nome di qualcosa di più importante. “I cuori votati a Cristo respingono le Muse e sono chiusi ad Apollo”, così scriveva Paolino al maestro Decimo Magno Ausonio, che lo aveva iniziato alla retorica e alla poetica. Paolino era stato un giovane dal temperamento d’artista.
Ebbe quindi occasione di incontrare due autentici fari di fede che illuminavano il suo tempo, e destinati a diffondere la loro luce attraverso i secoli: il vescovo Ambrogio di Milano e il giovane Agostino di Ippona, personaggi straordinari dai quali fu avviato alla fede cristiana. Ricevuto il battesimo verso i venticinque anni, durante un viaggio in Spagna conobbe e si innamorò di una giovane che in seguito sposò, di nome Therasia.
Il matrimonio si rivelò la prima strada verso la perfezione cristiana. Fu presto allietato anche dalla nascita di un figlio, di nome Celso. I disegni della Provvidenza tuttavia si manifestarono presto come diversi da quello che il giovane funzionario aveva previsto per sé e per la propria famiglia. Il bambino infatti morì. Dopo la morte del loro unico figlio Paolino e la moglie decisero di dedicarsi interamente all’ascesi cristiana, sul modello di vita monacale orientale. Così, di comune accordo distribuirono le ingenti ricchezze ai poveri, e si ritirarono in Catalogna. Conosciuto e ammirato nell’alta società, Paolino – ormai sulla quarantina – era amato ora anche dal popolo, che a gran voce chiese al vescovo di Barcellona di ordinarlo sacerdote
Paolino accettò con la clausola di non essere incardinato tra il clero di quella regione. Declinò anche l’invito di Ambrogio, che lo voleva a Milano. Paolino accarezzava sempre l’ideale monastico di una vita devota e solitaria. Si recò quasi subito in Campania, a Nola, dove la famiglia possedeva la tomba di un martire, San Felice.
A Nola, poi, diede inizio alla costruzione di un santuario, ma si preoccupò anzitutto di erigere un ospizio per i poveri, adattandone il primo piano a monastero, dove si ritirò con Therasia e alcuni amici per dare inizio ad un’originale esperienza ascetica.
I contatti con il mondo li manteneva attraverso la corrispondenza epistolare (ci sono pervenute 51 lettere) con amici e personalità di maggior spicco nel mondo cristiano, tra cui appunto Agostino. Per gli amici buttava giù epitalami (cioè discorsi in occasione di matrimoni) e poesie di consolazione. Ma a porre termine a quella mistica quiete, nel 409, sopraggiunse l’elezione a vescovo di Nola. Si stavano preparando per l’Italia anni tempestosi. Genserico aveva passato il mare alla testa dei Vandali e si apprestava a mettere a sacco Roma e tutte le città della Campania. Paolino si rivelò un vero padre, preoccupato del bene spirituale e materiale di tutti.
Il suo episcopato fu un esempio di servizio totale e appassionato a Cristo e alla sua Chiesa. Si spense a 76 anni, nel 431, un anno dopo l’amico e maestro Sant’ Agostino.
Paolo Gulisano
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