Negli scorsi giorni il vescovo di Roma ha tenuto un’interessante catechesi sul vizio della gola. Interessante perché mostra ancora una volta con chiarezza che Bergoglio è deciso a eliminare il concetto di peccato, inteso come atto di offesa a Dio. Cosa ha detto, infatti? Che “il peccato della gola sta uccidendo il mondo”.
Letto da un punto di vista sociale, che è l’unica prospettiva che interessi a Bergoglio, la gola “è forse il vizio più pericoloso, che sta uccidendo il pianeta”. Non che corrompe l’anima, che indebolisce lo spirito, che apre la porta ad altri vizi. No, è un’offesa nei confronti delle risorse mondiali. Perché se “il peccato di chi cede davanti a una fetta di torta tutto sommato non provoca grandi mali”, invece “la voracità con cui ci siamo scatenati, da qualche secolo a questa parte, verso i beni del pianeta sta compromettendo il futuro di tutti”. Infatti “ci siamo avventati su tutto, per diventare padroni di ogni cosa”, mentre “ogni cosa era stata consegnata alla nostra custodia”. La solita solfa ecoambientalista che ripete da anni, dirà qualcuno. Ma ci sono aspetti diversi su cui riflettere.
Il pastore argentino denuncia una sorta di bulimia sociale nei confronti delle risorse, che da uomini ci trasforma in consumatori rapaci. E l’avidità nei confronti del cibo, che un tempo si chiamava ingordigia, viene letta solo in termini psicologici: “Si mangia troppo, oppure troppo poco, spesso si mangia nella solitudine” e poi “si diffondono i disturbi dell’alimentazione: anoressia, bulimia, obesità…”
E ancora: “Quando una persona non ha una relazione ordinata con il cibo guardate come mangia: mangia di fretta, con la voglia di saziarsi ma mai si sazia. Non ha un buon rapporto con il cibo”.
Verrebbe da chiedersi, guardando con occhio clinico, quale sia il rapporto col cibo di Jorge Mario Bergoglio. È evidente la sua obesità, che è andata aumentando nel corso dei dieci anni di permanenza a Roma. Una obesità che è un grave fattore di rischio per la sua salute, ed è sicuramente una concausa della sua difficoltà a deambulare. Non è dato di sapere quanto pesi, se sia diabetico o dislipidico, ma certamente a un esame esterno è riconoscibile lo stato di obesità, contro la quale dovrebbe impegnarsi a lottare, tenendo costantemente d’occhio la bilancia. Nella sua catechesi, invece, fa intravedere l’indulgenza verso i vizi e il peccato che caratterizza il suo pensiero. Quella frase citata, il “cedere davanti a una fetta di torta” che non fa male, è sicuramente una spia di un certo atteggiamento di autoassoluzione. Se i dieci Comandamenti non fossero stati di fatto cassati, sarebbe opportuno ricordargli che il vizio della gola infrange il quinto Comandamento, “non uccidere”. Abbiamo infatti delle responsabilità nei confronti della nostra salute. Non averne cura è un peccato; mettere a repentaglio la propria vita è un peccato. Che come tutti i peccati va corretto, anche se ancora una volta viene chiamato in causa il perdonismo sempre e comunque. Il pontefice, infatti, ha ricordato che nei Vangeli Gesù rivela la “sua simpatia nei confronti delle gioie umane, come quelle della tavola. E “il suo comportamento suscita scandalo, perché non solo Egli è benevolo verso i peccatori, ma addirittura mangia con loro; e questo gesto dimostrava la sua volontà di comunione e vicinanza con tutti”. Ma sicuramente Gesù non si abboffava, e il suo fisico asciutto, risultato di digiuni ascetici, è lì a dimostrarlo.
Ci sono voci provenienti da Santa Marta che dicono che Bergoglio rifugge assolutamente da questo tipo di ascesi, anzi, avrebbe quella debolezza che spesso è all’origine dell’aumento esagerato di peso, che è il mangiare fuori pasto. Ma sicuramente non si sente parte di coloro che predano le risorse della terra. L’errore sta in chi manca di empatia, in chi non sa condividere il cibo con il bisognoso, oppure nell’egoismo di chi accumula tutto per sé. È bello sapere che il vescovo di Roma condividerebbe la sua lauta mensa anche con altri, ovviamente i poveri, ma sarebbe opportuno che controllasse attentamente l’alimentazione, perché magari non fa male al mondo, ma fa male a se stesso.
Sarebbe stato opportuno che avesse ricordato quanto ha sempre ricordato la dottrina della Chiesa a proposito di questo vizio, la gola, peraltro strettamente imparentato a quello della lussuria, da lui recentemente trattato in modo peraltro confuso e confusivo. Sarebbe stato opportuno che richiamasse anche le virtù che si oppongono a questi vizi, che consistono nella vigilanza su di sé, nella continenza, nella misura del soddisfacimento delle proprie esigenze, nella rinuncia. Virtù che la Chiesa ha predicato e raccomandato per duemila anni.
Paolo Gulisano