Il Covid è alla frutta, ma continuano a tenerci sulle spine

Tutti gli indicatori sui contagi, i ricoveri e le guarigioni ci dicono che il Covid è ormai endemizzato e si può dire definitivamente concluso. Nonostante il solito allarmismo delle autorità sulla campagna vaccinale, che è stata un flop. Chi paventa ancora delle minacce non fa altro che alimentare la propaganda della paura. 

Ricordate quando ogni sera venivano diramati i bollettini del Covid? Gli esperti che facevano da portavoce al Comitato Tecnico Scientifico esponevano il bilancio della giornata: i morti, i contagiati, i positivi ai test, perfino il numero dei guariti (totalmente sottostimato) come se fossero delle eccezioni, dei miracolati. E gli italiani teleguidati tremavano di fronte allo scenario apocalittico che veniva loro prospettato.

Ora i numeri ci sono ancora, rilevati dal Monitoraggio settimanale a cura dell’Iss, l’Istituto Superiore della Sanità, e ci danno una immagine ben precisa del Covid a oggi, che la stampa mainstream si guarda bene dal raccontare.

I numeri dell’ISS dimostrano che il Covid ormai è endemizzato, e che la sua incidenza (ovvero il tasso di nuovi casi) è in picchiata: 7 casi per 100 mila abitanti. E non solo: gli indicatori Covid sono tutti in calo. Il numero dei contagi è sceso di un 30% in una settimana, con 3.858 casi “ufficiali” rilevati. In discesa anche le ospedalizzazioni, un dato che è sempre stato oggetto di allarmismo, con il tasso di occupazione dei posti letto nei reparti di medicina che dal 4,3 scende al 3,5% mentre quello delle terapie intensive, già ai minimi termini, dall’1,4 passa all’1,2%. Significa che su cento ricoverati in ospedale solo tre lo sono per Covid, e che in terapia intensiva non ci finisce più quasi nessuno.

Anche il famoso Rt, l’indice di trasmissibilità, è in discesa da 0,60 a 0,57, sempre più distante dal livello epidemico di uno. L’incidenza settimanale dei casi ogni 100mila a abitanti più alta si registra in Veneto, con 13 contagi, la più bassa in Sicilia con appena un caso. Interessante anche la lettura del dato dei tamponi: la gente ricorre ancora a questo strumento, il cui uso era stato fatto diventare una prassi quasi coatta anche di fronte a poche linee di febbre: nell’ultima settimana di gennaio oggetto di osservazione sono stati effettuati 151.116 tamponi: il tasso di positività è stato del 2,6% con una variazione di -1,0% rispetto alla settimana precedente (3,6%). Anche qui il dato va letto nella sua completezza: significa che oltre il 97% dei tamponi effettuati ha dato esito negativo. La gente corsa a tamponarsi a seguito di raffreddore, mal di gola o un po’ di rialzo termico, ha scoperto di non avere il temutissimo Covid, ma semplicemente un po’ di influenza.

E le persone “che ancora oggi finiscono in ospedale” per il Coronavirus come dice la propaganda della paura? Anche qui è interessante leggere i dati ufficiali dell’ISS (non della Gazzetta del no vax) con le caratteristiche dei ricoverati: l’età media è di 78 anni e nel 92% dei casi si tratta di soggetti che presentano anche altre patologie. Si tratta in termini assoluti di poche unità per ospedale e qui il profilo è quello di soggetti con gravi patologie pregresse.

E i bambini? il dato che arriva dagli ospedali pediatrici e dai reparti di pediatria degli ospedali sentinella monitorati dalla Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere. Non ci sono bambini in terapia intensiva e ricoveri sono esclusivamente nella fascia di età tra 0-4 anni .

Che dire dunque della situazione del Covid in Italia? Il commento più significativo è stato quello fatto dal professor Francesco Vaia, Direttore Generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute: «Gli ultimi mesi hanno definitivamente messo in evidenza ormai in maniera inequivocabile che siamo di fronte alla endemizzazione del SARS-CoV-2». Parole chiare, che mettono definitivamente la parola fine alla fin troppo lunga stagione emergenziale, finita nei fatti da tempo, finita per le istituzioni, ma che un certo tipo di deep state ha cercato di rinfocolare questo inverno approfittando delle sintomatologie influenzali.

Interessante è anche il commento del presidente della Fiaso, Federazione Italiana Aziende Sanitarie Ospedaliere, Giovanni Migliore: «Il trend in discesa si mantiene, il Covid in questo momento è abbastanza irrilevante tra i patogeni respiratori che circolano nella popolazione. Resta prevalente l’influenza, ma anche qui gli indicatori sono in discesa e si sta allentando anche la morsa sugli ospedali». L’ultima frontiera dei catastrofisti, dei seminatori di paura restano le varianti, il cui nome ha sempre evocato il terrore di nuove forme virali invincibili, magari una anticipazione del Morbo X della narrativa di Davos: anche in questo caso gli esperti dell’ISS ci mostrano come stanno andando le cose: la variante JN.1 di SarS-Cov-2 continua ad essere predominante, raggiungendo una prevalenza pari al 77%, in base ai dati dell’indagine condotta sui campioni notificati dal 15 al 21 gennaio rispetto al 38.1% della precedente flash survey condotta dall’11 al 17 dicembre. «In base alle evidenze attualmente disponibili, JN.1 non sembra porre rischi addizionali per la salute pubblica rispetto agli altri lignaggi co-circolanti», ci viene spiegato.

Insomma, il Covid non è più una minaccia, nonostante il flop della campagna vaccinale italiana, a confronto con gli altri Paesi europei. Il 26 gennaio 2024 l’European Centre for Disease Prevention and Control ha pubblicato un report per valutare la copertura vaccinale anti-Covid degli over 60 nei paesi europei. Il periodo considerato è compreso tra il 1° settembre 2023 e il 15 gennaio 2024. 6 Paesi su 30 non hanno fornito i dati all’ECDC: Austria, Croazia, Germania, Lettonia, Svezia e Italia.

Tuttavia, un istituto, la Fondazione Gimbe di Bologna, di propria iniziativa ha scovato una ricerca indipendente, utilizzando i dati nazionali ufficiali sulle coperture per valutare il posizionamento dell’Italia rispetto ai paesi europei inclusi nel report dell’Ecdc, oltre che per effettuare un confronto tra le Regioni italiane. I dati sono stati estratti dalla dashboard del Ministero della Salute che riporta le somministrazioni relative alla campagna vaccinale 2023-2024 effettuate a partire dal 26 settembre 2023, dopo l’introduzione dei nuovi vaccini adattati a Omicron XBB.1.5. Ebbene, nella fascia 60-69 anni, con una copertura nazionale del 5,7%, l’Italia si colloca al quattordicesimo posto. Nella fascia 70-79 anni, con una copertura nazionale dell’11%, l’Italia è quindicesima. Negli over 80, l’Italia ha avuto una copertura nazionale del 14,4%,risultando sempre a metà classifica tra i Paesi più vaccinati.

L’ultimo dato interessante, è quello delle differenze regionali: nella popolazione tra 60 e 69 anni a fronte di una copertura nazionale del 5,7%, 10 Regioni si collocano sopra la media nazionale: dal 5,9% del Piemonte all’11% della Toscana. Undici Regioni si trovano sotto la media: dal 5,6% dell’Umbria allo 0,9% della Sicilia. Nella fascia tra 70 e 79 anni a fronte di una copertura nazionale dell’11%, 9 Regioni si collocano sopra la media nazionale: dall’11,5 dell’Umbria al 21,4% della Toscana. 12 Regioni si trovano sotto la media: dal 10,6% del Veneto all’1,8% della Sicilia. Tra gli over 80 infine, a fronte di una copertura nazionale del 14,4%, 9 Regioni si collocano sopra la media nazionale: dal 14,6% dell’Umbria al 26,3% della Toscana. 12 Regioni si trovano sotto la media: dal 14% di Veneto e Lazio, all’1,9% della Sicilia.

Insomma, se ne deduce che si sono diligentemente vaccinati i più anziani, mentre gli Under 70 non hanno avvertito l’esigenza di proseguire i cicli vaccinali di 3 o 4 dosai già effettuate durante l’emergenza, senza tuttavia che si siano registrate particolari criticità.

Paolo Gulisano

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