Covid debole e endemico, la pandemia si sta esaurendo

Il governo utilizza gli ultimi dati per rilanciare la campagna di terrore e ventilare possibili nuovi lockdown. Ma i dati ci dicono tutt’altro: il Covid ha smesso da settimane di essere epidemico per diventare endemico: è entrato nella sua fase di omoplasia, cioè ha perso potenza ed ha sostanzialmente esaurito il suo ciclo, anche se non del tutto. Seminare il panico mediatico per le persone giovani positive non ha senso: la preoccupazione maggiore deve essere quella di mettere in sicurezza anziani e fragili. Invece si stanno trascurando i malati oncologici e quelli a rischio infarto, come dimostrano i dati della Società Italiana di Cardioloogia sul calo dei ricoveri. 

Cosa ci dicono gli ultimi dati che il governo utilizza per rilanciare la campagna di terrore e ventilare possibili nuovi lockdown? Quell’aumento di riscontri positivi (non di ammalati) e il numero giornaliero di morti ormai assestato a due-tre casi al giorno? Significa che il coronavirus  è passato dallo stato epidemico a quello endemico, e già da diverse settimane.

Il virus attraverso il processo noto come omoplasia (perdita di carica replicativa, numero basso di copie/virioni, frammenti di Rna senza integrità virale) non causa più malattia. I focolai di contagiati non sono focolai di malati, ma di asintomatici. Il virus ha perso potenza ed ha sostanzialmente esaurito il suo ciclo, anche se non si è del tutto estinto. E’ semplicemente diventato endemico, come molti altri virus normalmente presenti nella popolazione, e che sporadicamente possono dare quadri clinici seri, in persone molto anziane, portatrici di patologie croniche  e defedate.  

Oggi ci sono pochissimi ammalati, anche tra coloro che potenzialmente potrebbero averne gli effetti più gravi, ma semplicemente ci sono molti portatori  sani del virus, si stima intorno ai 7 milioni in Italia. A stimare il numero degli asintomatici in Italia sono due ricerche recenti condotte in Lombardia e in Veneto, dalle quali emergono due stime purtroppo lontane fra loro: il 20% nel primo caso e del 60% nel secondo. Pertanto nessuno sa ancora di preciso quante siano le persone che, pur avendo l’infezione da coronavirus, in quanto non avendo sintomi  non vengono diagnosticati facendo il tampone o il test sierologico, restando in questo modo una realtà sommersa e sconosciuta.  Tutte queste persone immunizzate inoltre vanno a rinforzare la “Herd immunity”, la cosiddetta immunità di gregge. Più immunizzati significa meno possibilità in futuro di circolazione del virus. 

Seminare il panico mediatico per le persone giovani positive non ha senso: la preoccupazione maggiore deve essere quella di mettere in sicurezza anziani e fragili. Ma in questo momento la propaganda si sta concentrando proprio su giovani e bambini, con lo scopo di non riaprire a settembre scuole e università, con danni umani e sociali altissimi. Un  dato è assolutamente certo: il virus alberga nella popolazione ma non causa più effetti pesanti. Inoltre gli ospedali sono attrezzati per curare i malati  e impedire che il virus sia letale.

E allora, perché prolungare lo stato di emergenza che sta mettendo in enormi difficoltà l’assistenza a malati veri, affetti da importanti patologie? Si  stanno trascurando  malati come quelli oncologici, che la vita la rischiano davvero. I  pediatri non vengono ascoltati quando chiedono  di riaprire le scuole per limitare i danni psicologici  prodotti da questo prolungato isolamento.

I cardiologi  sono molto preoccupati: per effetto dell’emergenza coronavirus  si sono dimezzati in Italia i ricoveri per infarto per paura del contagi, e allo stesso tempo – parallelamente – sono raddoppiate le morti. E’ il risultato di un’indagine della Società Italiana di Cardiologia (SIC) condotta su 50 ospedali italiani, che ha dimostrato un calo di più del 50% dei ricoveri per infarto nella settimana dal 12 al 19 marzo, rispetto alla stessa settimana del 2019. Nei pazienti con infarto è stata notata una sorprendente riduzione dei ricoveri superiore al 50% e la sensazione degli ultimi 2-3 giorni è quella di una riduzione ancora maggiore. Il calo è più evidente per gli infarti con occlusione parziale della coronaria ma è stato notato anche in pazienti con una forma più grave di infarto. Ridotto anche il numero di ricoveri per scompenso cardiaco, anomalie del ritmo cardiaco e disfunzione di pacemaker e defibrillatori – affermano i dati.  Inoltre le persone con infarto che sono arrivate in ospedale lo hanno fatto tardivamente.

Queste sono le vere emergenze che ci dovrebbero preoccupare seriamente, non i casi di un coronavirus sempre meno pericoloso.

Paolo Gulisano

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