Autunno 1918: il mondo è sconvolto da una spaventosa pandemia, detta “Spagnola”. Fu una delle più grandi catastrofi sanitarie di tutti i tempi, in grado di far impallidire il ricordo della Peste del ‘300, del vaiolo, e di qualunque altra pandemia del passato. È il buco nero nella storia della medicina moderna, un assassino di massa mai consegnato alla giustizia. L’influenza spagnola che tra l’ottobre 1918 e i primi mesi dell’anno successivo colpì un quinto della popolazione mondiale, lasciandosi alle spalle una spaventosa, immane scia di morti – settanta milioni- resta ancora oggi un mistero, oltre che un incubo sempre latente.
La Spagnola apparve improvvisamente agli inizi del 1918 senza destare particolari allarmi, si attenuò durante l’estate per ricomparire con tutta la sua virulenza nell’autunno dello stesso anno, per poi scomparire rapidamente e definitivamente al termine dell’inverno successivo. Nell’arco di quei soli sei mesi a cavallo tra il 1918 – 19 uccise più esseri umani di qualsiasi altra malattia nella storia. Le vittime furono in gran parte giovani e giovanissimi, al di sotto dei 35 anni, e ciò rappresenta un primo dato anomalo, dal momento che solitamente le persone colpite in modo più grave dai virus influenzali sono quelle anziane.
La pandemia non conobbe limiti geografici e climatici: il 90% della popolazione eschimese fu distrutta, negli Usa si contarono almeno 500.000 morti, perdite superiori a quelle registrate sommando due guerre mondiali, quella in Corea e in Vietnam.
In Oriente, specialmente in India, l’ecatombe fu pressoché incalcolabile.
Esordiva con febbre elevata, dolori muscolari e spossatezza. Nel volgere di pochi giorni, tuttavia la febbre subiva un ulteriore innalzamento, i tessuti degeneravano, comparivano muco e sangue nei polmoni, portando rapidamente a morte anche uomini e donne in perfette condizioni fisiche.
Perché venne chiamata “spagnola”? semplicemente perché la Spagna, che non era coinvolta nella guerra e nei relativi condizionamenti propagandistici, fu l’unica nazione a non occultare quello che stava avvenendo: i suoi giornali, nella primavera del 1918, diedero apertamente notizia di una strana forma di malattia epidemica comparsa a Madrid e poi progressivamente diffusa in tutta la penisola iberica.
In realtà da dove venisse, da dove fosse originata, non si è mai venuti a sapere.
Alcuni ipotizzano che la fonte del virus fosse negli Stati Uniti, e che in Europa fosse stata portata dalle truppe statunitensi che a partire dall’aprile 1917 confluirono in Francia a seguito dell’entrata nel conflitto degli Usa. Un’ipotesi suffragata dagli studi fatti a partire dalle biopsie di alcuni militari americani deceduti per l’influenza. Anche i dati epidemiologici relativi alla diffusione della malattia tra le forze armate sono significativi: nel 1918 si ammalarono il 40% degli effettivi della Marina americana e il 36% di quelli dell’esercito. Le forze in campo furono sconvolte perché i militari divennero il bersaglio preferito del virus, per il sovraffollamento delle caserme e delle trincee e le relative precarie condizioni igieniche.
Di fronte all’aggressione virale, gli uomini progrediti del XX secolo si trovarono disarmati quanto i loro antenati dell’antichità. L’unica differenza è che ci si rese conto che il responsabile di questa apocalisse era un virus, senza tuttavia poterlo individuare né combatterlo.
Il virus apparso in quel fatidico 1918 si rivelò un killer spietato, arrivando ad incidere profondamente anche negli esiti stessi della Grande Guerra. Sicuramente decise le sorti del conflitto italo-austriaco: pur uccidendo infatti moltissimi soldati italiani, la spagnola colpì maggiormente l’Austria-Ungheria, facendo circa due milioni di morti. La cifra ufficiale dei morti italiani fu di 375.000, che tuttavia è un dato quasi certamente sottostimato e falsato dalle preoccupazioni di propaganda bellica, morti passati sotto un imbarazzante silenzio per l’azione specifica del governo italiano che, come altri stati belligeranti, non voleva che il morale delle popolazioni scendesse ulteriormente. In ogni caso tra i soldati austriaci l’incidenza della mortalità fu quasi tripla rispetto ai soldati italiani. Ciò probabilmente perché i soldati dell’Impero austro-ungarico erano impegnati su più fronti e quindi esposti a più fonti di contagio.
Anche e soprattutto per questo fu impossibile all’Austria, dopo il trionfo di Caporetto e l’inarrestabile avanzata fino al Piave, sferrare il colpo finale che le avrebbe dato la vittoria e cambiato le sorti d’Europa.
Ai primi di novembre la guerra mondiale finì, ma la Spagnola raggiunse la fase più acuta. Lo spostamento di molte popolazioni, la fame e la miseria, i militari in licenza ed il ritorno dei feriti diffusero il virus in tutta Europa e negli Stati Uniti con violenza estrema
Al termine del gennaio 1919, improvvisa e misteriosa come era arrivata, la pandemia scomparve, e da 100 anni la Medicina si interroga su questo virus misterioso, di cui non si è mai riusciti a mappare il genoma. Restano dunque degli interrogativi inquietanti: fu un’arma batteriologica sfuggita al controllo dei laboratori che la produssero? Potrebbe ancora tornare? Se il virus del 1918 riuscì a spostarsi dall’America all’Europa e giungere fino in India, cosa accadrebbe oggi, con l’attuale mobilità di persone enormemente più alta rispetto a cento anni fa? Sono tutti interrogativi che non hanno risposte certe.
Paolo Gulisano
pag. 19 La Verità 30/10/2018
Molto interessante!