Libri. L’ultimo Papa d’Occidente?

Un papa in mezzo a una civiltà in disintegrazione, di fronte al crollo della propria Chiesa. Questo il ritratto di Benedetto XVI fatto da Giulio Meotti, firma storica del Foglio, collaboratore di testate internazionali come “The Wall Street Journal” e “The Jerusalem Post”, e autore di interessanti saggi sulla politica contemporanea. 

In questo su ultimo lavoro (L’ultimo Papa d’Occidente? Liberilibri Macerata 2020 Pag. 108 euro 14), Meotti ripercorre in un saggio agile e sintetico la figura di Benedetto XVI, la sua visione teologica, le pietre miliari del suo pensiero. Nella interessantissima prefazione, il giornalista irlandese John Waters, una delle coscienze critiche dell’Europa di oggi, definisce Ratzinger come un Solzenicyn cattolico, un dissidente rispetto alle ideologie dominanti. Potremmo aggiungere che  dissidente lo è rimasto- paradossalmente – anche quando è diventato leader, quando ha preso la guida della Chiesa Cattolica avendo contro le più potenti lobbies al suo interno: i cardinali progressisti del gruppo di San Gallo, la lobby omosessualista, i pedofili, e perfino parte del mondo conservatore e tradizionalista che non gli ha mai perdonato i peccati teologici di gioventù quando era presente al Concilio in qualità di perito teologico. Eppure, come dice ancora Waters, egli in questi anni è rimasto la voce più eloquente di Dio nel mondo. Un vero e proprio segno di contraddizione. 
Meotti ci descrive Ratzinger come un gigante dello spirito, che alla fine è stato sconfitto nei suoi sforzi per salvare non solo la Chiesa, ma anche la stessa civiltà occidentale. Ne ha visto il crollo, e lo ha descritto con una chiarezza che nessun altro- se non appunto Solzenicyn- aveva raggiunto. Negli anni in cui era stato a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi durante il pontificato si è offerto come scudo vivente contro la secolarizzazione, il relativismo, il nihilismo sempre più dominante, e al contempo l’avanzata dell’Islamismo. 
Aveva capito tutto: la rivoluzione del Sessantotto, che deflagrò mentre lui in università cercava di condurre gli studenti sulle strade della sapienza; aveva visto il collasso della Chiesa, iniziato dopo il Concilio, e proseguito nonostante i tentativi di Giovanni Paolo II di raddrizzare la barca.   Come arriva a questa visione della società, a questa analisi filosofica e quasi teologica della Modernità? Vi arriva da lontano. Secondo Meotti, fin dagli anni del Concilio Ratzinger intuisce che la strada imboccata dalla Chiesa era molto pericolosa. Aveva colto la stanchezza, la malattia morale del cattolicesimo, sempre più incapace di fronteggiare le sfide del laicismo radicale, e anzi pronto a venire sempre più a compromessi con esso. Una delle frasi più significative dell’enorme depositum fidei ratzingeriano che Meotti ha scovato è la seguente: 

Si ha l’impressione che negli ultimi quattro secoli la storia del cristianesimo sia stata una continua battaglia di ripiegamento. Si è trovato di continuo qualche sotterfugio per potersi ritirare. Ma è quasi impossibile sottrarsi al timore di essere a poco a poco sospinti nel vuoto e che arriverà il momento in cui non avremo più nulla da difendere e nulla dietro cui trincerarci”.

Sono parole scritte nel libro Riflessioni sulla creazione e il peccato. Moniti che la Chiesa attuale sembra avere totalmente ignorato. O meglio: sta confermando pienamente il suo giudizio, senza cercare in alcun modo di fermare l’inerzia che porta alla sua dissoluzione. Anzi: le sue dimissioni sono state un grande sollievo per molti, all’interno della Chiesa. Scrive Meotti che “il suo genio era una minaccia per il vasto programma della post-modernità, la barbarie liquida e dolce delle società post-culturali”. In tempi ormai lontani, nel 1985, durante la fase apparentemente più trionfante del pontificato di Giovanni Paolo II, scriveva:

 “E’ tempo di ritrovare il coraggio dell’anti-conformismo, la capacità di opporsi, di denunciare molte delle tendenze della cultura circostante”.

Erano gli anni in cui la stampa lo dipingeva come il Panzer Kardinal, il braccio armato di Wojtyla.  In realtà è sempre stato un uomo mite e gentile, colto e sensibile.Con queste sue caratteristiche ha cercato di opporsi alla dittatura relativista del Nuovo Ordine Mondiale, e al collasso della Chiesa. Tuttavia ci ha lasciato forse anche un antidoto, che potrà tornare utile in futuro: il destino di una società dipende sempre da minoranze creative. Dalla sua spaventosa attuale crisi verrà una nuova Chiesa, un piccolo gregge fedele e consapevole. Secondo le profezie attribuite al santo irlandese medievale Malachia, Benedetto XVI è l’ultimo papa. Ma forse- come ci suggerisce in modo molto suggestivo Meotti- l’ultimo papa d’Occidente.La Chiesa vera, che è il Corpo Mistico di Cristo, non può morire. Forse sarà diversa da come l’abbiamo conosciuta per secoli, e forse il suo centro abbandonerà una Roma decadente per tornare a fiorire là dove essa è nata: a Oriente. 

Paolo Gulisano

http://campariedemaistre.blogspot.com/2020/07/libri-lultimo-papa-doccidente.html

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