Padre Charles Coughlin, il vero microfono di Dio e della giustizia

Il filone più interessante della Destra del ‘900 è indubbiamente quello anticapitalista. Nel volume del professor Giorgio Galli con Luca Gallesi, L’Anticapitalismo di destra (Oaks Editrice, 2019) le ultime pagine del libro sono dedicate a Charles Edward Coughlin, un prete cattolico nordamericano. La collocazione politica di questo sacerdote non è soggetta ad alcun dubbio da parte delle poche fonti che parlano di lui, che riportano invariabilmente le accuse di essere stato un ammiratore di Hitler, di Mussolini, dei militaristi giapponesi, di aver addirittura rapporti con il Ku Klux Klan e, peggio di tutto, di essere antisemita.

Nella storia invece della Chiesa Cattolica in America, padre Coughlin è ricordato per essere stato – insieme a monsignor Fulton Sheen – il primo a comprendere l’importanza dei media per fare testimonianza della fede. Le sue trasmissioni radiofoniche avevano un seguito enorme, ogni settimana 30 milioni di americani lo ascoltavano, e le lettere che riceveva erano 80.000 alla settimana. Ma le sue trasmissioni non erano solo devozionali o spirituali: padre Coughlin parlava di giustizia sociale, di socialismo e capitalismo, del potere delle banche. Era quindi seguito anche da chi non era cattolico, ma trovava nelle posizioni controcorrente del sacerdote un punto di riferimento e un faro di luvce nelle questioni sociali e politiche. Padre Charles Edward avrebbe potuto diventare un grande leader politico, ma era innanzitutto un sacerdote, un prete autentico preoccupato della cura d’anime, e quindi non assunse mai ruoli politici. In compenso, come vedremo, fu pugnalato alle spalle dal Vaticano stesso.

La storia di padre Coughlin inizia nel 1891 ad Hamilton, Ontario, Canada, dove viene alla luce questo figlio di poveri immigrati irlandesi sfuggiti alla terribile miseria in cui l’occupazione inglese aveva ridotto l’Isola. Viene chiamato Charles Edward, i nomi dell’ultimo Principe della dinastia degli Stuart che aveva cercato nel ‘700 di liberare Scozia e Irlanda. Cresce nel clima di profonda religiosità tipica degli irlandesi, e fin da ragazzo avverte la vocazione religiosa. Entra a far parte della Congregazione dei padre Basiliani, e viene ordinato prete a Toronto nel 1916.

Qualche anno dopo, il Vaticano chiede all’ordine religioso una modifica dei propri statuti e della regola. Padre Coughlin sembra non ritrovarsi più in queste modifiche, e decide di lasciare l’ordine. Diventa dunque un sacerdote diocesano, ma allo stesso tempo decide anche di lasciare il Canada. Varca dunque il confine e viene incardinato nell’arcidiocesi di Detroit, la grande città del Michigan dove sta esplodendo il fenomeno industriale della Ford.

Padre Coughlin viene mandato in diverse parrocchie, popolate da poveri immigrati per o più come lui di origine irlandese. Nel 1925 il vescovo gli chiede di fondare una nuova parrocchia, alla periferia della città di Royal Oak. È un quartiere dove i cattolici- piccola minoranza- non hanno ancora una chiesa. In un anno Padre Coughlin riesce ad edificare un santuario, che verrà dedicato al Piccolo Fiore, ovvero santa Teresa di Lisieux.

Mentre il sacerdote sta lavorando alla costruzione della chiesa, avviene un episodio che sarà fondamentale per la vita e il destino del giovane sacerdote: la piccola comunità cattolica viene aggredita dai militanti del Ku Klux Klan, l’organizzazione razzista che agli inizi del ‘900 aveva spostato l’oggetto del proprio odio dai neri ai cattolici. Dopo l’aggressione, un’emittente radiofonica locale decide di concedere spazio a Padre Charles perché possa raccontare quello che è accaduto e difendere il suo piccolo gregge. Questa trasmissione rivelò la straordinaria capacità comunicativa del sacerdote. L’emittente chiese al padre di continuare la collaborazione, tenendo una propria rubrica che divenne seguitissima.

Da lì a poco tempo, padre Coughlin venne contattato da una delle principali emittenti del Paese, la CBS, che gli chiese di proseguire sulle proprie frequenze le sue trasmissioni che riscuotevano sempre più successo. Il sacerdote possedeva un eloquio straordinario, capace di toccare il cuore degli ascoltatori, ma anche una lucida, acuta visione dei problemi economici, politici, sociali. Si era nel 1929, ed era iniziata la Grande Depressione. Un grande reset economico che si lasciò dietro una scia di lacrime, sangue, miseria e disperazione. Alla radio la voce di Padre Coughlin risuonava come una speranza, una delle pochissime che restassero.

Agli inizi, Coughlin, fu un sostenitore di Franklin Delano Roosevelt, poi ne divenne in seguito un severo critico, soprattutto per l’eccessiva connivenza del presidente statunitense verso i banchieri. La visione politico-economica di padre Coughlin coniugava un forte accento sulla contrapposizione tra economia reale e finanza, con la prima vista duramente danneggiata dal prevalere della seconda, all’approfondito richiamo a temi quali la giustizia sociale e il lavoro, a suo parere sottratti alla maggior parte della popolazione statunitense dagli eventi politici ed economici che avevano portato alla Grande Depressione. Il pensiero che Padre Coughlin sviluppò in quegli anni ricorda molto quello del Distributismo di Chesterton e Belloc. Di fronte all’aumento della povertà in tutta l’America, al crollo dell’occupazione e all’aumento dell’incertezza sociale, ben visibile nel Michigan del tempo, Coughlin iniziò la sua radicale denuncia degli eccessi del capitalismo per cui divenne popolare.

Era l’idea che il popolo fosse letteralmente relegato a un ruolo servile. Lo Stato servile era stato il lucidissimo saggio con cui Hilaire Belloc aveva posto le basi del movimento distributismo, un saggio del 1911. Un concetto che riprendeva quello che il cattolico libertario Alexis de Toqueville aveva scritto nell’800: “Vedo una folla innumerevole di uomini simili ed eguali che non fanno che ruotare su se stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro animo. Ciascuno di questi uomini vive per conto suo ed è come estraneo al destino di tutti gli altri: i figli e gli amici costituiscono per lui tutta la razza umana; quanto al resto dei concittadini, egli vive al loro fianco ma non li vede; li tocca ma non li sente; non esiste che in se stesso e per se stesso.”

Ciò che aveva sconvolto e distrutto l’antico assetto socio-economico formato da piccoli proprietari tutelati da associazioni di categoria, era stato l’irrompere nella storia del capitalismo, con le sue premesse non solo economiche e filosofiche, ma anche e soprattutto teologiche. Esso per Belloc non è una conseguenza del progresso industriale, come sostenuto dalla critica marxista,  ma una mentalità, o un’etica. “Il sistema industriale è stato una derivazione del capitalismo e  non la sua causa. (…) Il danno derivò dal fatto che l’Inghilterra, il vivaio del sistema industriale, era già preda di una ricca oligarchia prima che avesse inizio la serie di grandi scoperte.”

Le cause vanno ricercate nella Riforma protestante che si afferma in Inghilterra dall’alto per la volontà di Enrico VIII. Per Belloc ci sono dunque solo tre regimi sociali che possono rimpiazzare il capitalismo: la schiavitù, il socialismo, la proprietà, e quest’ultima – la massima diffusione della proprietà, come era stato sostenuto da papa Leone XIII nella prima enciclica sociale della Chiesa, la Rerum novarum – era la via da imboccare. “Per dare soluzione al problema del capitalismo bisogna liberarsi dell’appannaggio a pochi della proprietà, o della libertà, oppure di entrambi.”

Se lo Stato servile è la prospettiva alla quale è avviata la società, a ciò si oppone solo una tradizione morale cristiana che in Europa ha avuto la sua storia, il suo radicamento e che sopravvive ancora. Non il socialismo, poiché i riformatori socialisti non offrono proposte capaci di modifiche sostanziali, sia per una intrinseca debolezza del socialismo “umanista” e idealista, sia per l’altro tipo di socialismo, quello “pianificatore” che in nome del pragmatismo e della ricerca del potere non si indigna particolarmente dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma gli interessa solo far funzionare i membri della società, applicando gli schemi collettivisti programmati in cui si chiede il massimo dell’ordine. Inevitabilmente anche lo Stato socialista imbocca la deriva dello Stato servile.

Se Belloc aveva visto nell’utopia collettivista la premessa dello Stato tecnocratico e propone la dottrina sociale della Chiesa come sola autentica alternativa, fondata sui principi di solidarietà, di sussidiarietà e del bene comune, anche Coughlin propone nell’America degli Anni ’30 una dottrina che ripudia sia l’individualismo capitalista che nega la natura sociale dell’uomo e vede nella società solo un’associazione utilitaristica in vista degli interessi da tutelare, sia il collettivismo statalista che spoglia la persona della propria dignità di creatura, per ridurla ad oggetto dei processi sociali ed economici. Belloc denuncia i fenomeni della proletarizzazione di massa e della concentrazione capitalistica, della pianificazione economica di massa così come l’assoluta competizione del mercato. Quello per cui il sacerdote di origini irlandesi si batte è la Giustizia Sociale.

Coughlin denunciava l’usura, la speculazione finanziaria fine a se stessa, lo slegamento del profitto dall’economia reale che aveva creato la crisi. Nelle sue predicazioni non mancava di operare una profonda opera di informazione della popolazione sui versanti meno noti dell’inizio del cataclisma finanziario, su quali inganni fossero stati messi in atto per provocarlo, su quali fossero a suo dire stati i veri colpevoli della miseria dei cittadini, su quali fossero i principii di una sana economia.

Il rapporto individuo-società, libertà personale-ordinamento civile, ovvero persona-stato, è uno dei nodi cruciali della modernità. Così come Belloc lo aveva affrontato alla radice, identificando nello Stato servile la vera dimensione del problema, in fondo rievocando l’analisi perfetta del cardinale inglese Manning che ogni conflitto umano è un conflitto teologico, ovvero che il dramma della modernità è nella scelta tra Dio e gli idoli, tra la civiltà cristiana e il nuovo paganesimo che adora potere, denaro e lussuria, così su questi temi intervenne anche Coughlin. Intervenne non con l’aplomb dell’accademico, ma con una passione che si potrebbe definire populista.

Chesterton in un saggio del 1926, l’anno in cui Padre Charles aveva iniziato le sue trasmissioni radiofoniche, intitolato La nuova eresia, aveva scritto, dopo aver visitato gli Stati Uniti, che “la follia di domani non è a Mosca, bensì a Manhattan”.

Padre Coughlin fece appello all’America profonda, popolare, della working class delle grandi città come all’America rurale. I punti fermi della dottrina sociale predicata da Coughlin erano: il diritto dei singoli e delle famiglie alla proprietà; il primato del lavoro sul capitale; il diritto ad una giusta gratificazione economica; una equa distribuzione della proprietà.

Il manifesto delle idee di Padre Charles fu il libro Il denaro! Domande e risposte, pubblicato nel 1936 a cura della National Union for Social Justice, movimento di cui Coughlin era stato tra i fondatori. Un libro tradotto ed edito in Italia nel fatidico 2020 dalle Edizioni Mimesis. Un libro dove non si ha alcun riscontro delle accuse mosse al sacerdote: fascismo, filonazismo, antisemitismo.

Se non c’è assolutamente nulla di tutto questo ( del resto Padre Coughlin smentì sempre di essere antisemita), questo saggio, scritto nella forma “catechetica” cattolica di un tempo, cioè con domande e relative risposte, fu un vero appello a quello che Coughlin chiamò “il popolo oppresso d’America”, e si colloca nella tradizione patriottica del populismo nordamericano. Il suo sostegno politico a Roosevelt fino al 1934, la sua ostilità successiva al New Deal, l’appoggio al Governatore della Louisiana Huey Long (assassinato nel 1935), la sua opposizione all’entrata in guerra degli Stati Uniti, si collocano nel quadro di quella tradizione. Su tale base e sulla efficace forma, come detto quasi catechistica, di domande e risposte, vengono documentati i mali di un sistema creditizio che era diventato una colossale truffa, con la creazione dal nulla, da parte di banchieri privati, di denaro destinato a finanziare l’economia produttiva, ma usato solo a fini speculativi.

Il libro, come sottolinea Giorgio Galli nella prefazone all’edizione italiana, uscì in un 1936 ricco di eventi: in marzo Hitler aveva rimilitarizzato la Renania e poi annunciato le prime leggi razziali. In marzo Mussolini aveva fondato il nuovo impero di Roma, mentre il Giappone minacciava la Cina (che invaderà l’anno dopo); in agosto erano iniziati a Mosca i processi coi quali Stalin sterminerà la vecchia guardia leninista, lo stesso mese che vide a Berlino l’inizio delle Olimpiadi, che sanzionarono il rinnovato prestigio della Germania.

Coughlin non si occupò di tutto questo. A nome dell’Unione Nazionale per la Giustizia Sociale, da lui fondata, esorta i suoi concittadini: “Dovete agire come gli apostoli che hanno scoperto la verità. Dovete diffondere il vangelo della libertà finanziaria anche a costo della vostra stessa vita. Guardate il piede dell’oppressore in Russia che calpesta la libertà! Visualizzate i milioni di persone irrigimentate in Germania e in Italia!” (pag 177) .

Il suo linguaggio, schietto e diretto, come quando chiama “internazionalisti” i banchieri apolidi internazionali, oppure quando, spiegando la sua opposizione a Rooosevelt dopo il 1934, lo paragona a Lenin, e si pone la domanda: “Il cosiddetto New Deal, attraverso il Golden Bill del 1934, e il Banking Act del 1935, ci porta verso la giustizia sociale o verso il Leninismo?”, per rispondere: “Con la completa privatizzazione centralizzata della coniatura e la regolamentazione del denaro nelle mani dei banchieri internazionali e creando debiti inutili per il mantenimento di questi banchieri, ci ha condotto verso il Leninismo, al quale contrappone “la dottrina della democrazia, la dottrina dell’americanismo” (pag 134).

Coughlin pone una distinzione basata su quella fondamentale differenza tra capitale onesto e capitale moderno: “Ci sono due tipi di capitalismo, vale a dire il capitalismo onesto e quello moderno. Il capitalismo onesto usa la proprietà allo scopo di produrre ricchezza per i suoi proprietari e per il benessere della società. Il capitalismo moderno non solo usa la proprietà di altri per produrre ricchezza, ma concentra la ricchezza nelle mani di pochi e permette prestiti fittizi di denaro a fini distruttivi” (pag 111), tanto da giustificare la domanda: “qual è oggi la principale attività criminale dei creatori di moneta privati?”, con la risposta: “oggi la principale attività criminale dei creatori di moneta privati è l’alterazione della totalità della moneta in circolazione in modo da modificare i livelli dei prezzi e quindi manipolare il potere della moneta di ripagare i debiti” (pag 167).

A proposito dell’ipotizzato antisemitismo di Coughlin, va detto che in tutto questo libro i banchieri “internazionalisti” non vengono mai identificati come ebrei o con una prevalenza giudaica; i Rothschild sono citati solo due volte, per le loro opinioni di banchieri e senza giudizi su di loro.

La cruciale distinzione tra il capitalismo “onesto” e quello “moderno”, si può tradurre come capitale prima e dopo la finanziarizzazione e questo suggerisce un confronto tra Coughlin e Marx. Il giudizio del pensatore cattolico è chiaro: “Karl Marx ha mai attaccato i privilegi della creazione di denatro privato e i banchieri internazionali? No, il suo intero sistema non propone l’abolizione del potere illecito di creare e distruggere il denaro privato, bensì il suo consolidamento sotto un sistema di completo dominio economico politico e religioso sul mondo intero da parte di pochi internazionalisti” (pag 105).

Per esaminare il percorso intellettuale di Marx, va detto che egli poteva studiare solo il capitalismo produttivo (“Onesto”, cioè prima della involuzione finanziaria) , e che, poiché ne vedeva l’epicentro spostarsi negli Stati Uniti, stanco di attendere invano la rivoluzione socialista in Europa, pensò di spostarvi la sua Prima Internazionale. Ma fu dal suo “intero sistema” che derivò la prima analisi del processo di finanziarizzazione, Il capitale finanziario (terza edizione italiana, Feltrinelli, 1976), di Rudolf Hilferding (geniale come teorico, mediocre come ministro dell’economia di Weimar). Ma l’Internazionale fu sciolta, e negli Stati Uniti il marxismo non attecchì, forse vi è più vivo oggi, a livello accademico, se non politico: si veda come esemplare Per un nuovo socialismo e una reale democrazia- Come essere anticapitalisti nel XXI secolo, edizione italiana Punto Rosso 2018) di Elik Olin Wright , di orientamento marxista.

L’anticapitalismo di destra di Coughlin, con La dottrina della democrazia, la dottrina dell’americanismo, non riuscì a fermare sul nascere l’ascesa delle grandi multinazionali che Coughlin aveva profeticamente individuato in tutta la loro pericolosià. E a mettere fuori gioco lo straordinario sacerdote apostolo della Dottrina Sociale fu Roosevelt con l’appoggio e l’intervento determinante del Vaticano.

Il riformismo moderato del New Deal aveva esaurito il rilancio dell’economia americana nel 1937. Il secondo mandato di Roosevelt si imperniò dunque sul riarmo, sulla trasformazione in quello che egli definiva “arsenale della democrazia”, nella preparazione alla guerra. Coughlin la previde, e ripose molte sue speranze in Long, protettore dei “bianchi poveri” del Sud post-schiavista; per impedire che si realizzero gli obiettivi di Roosevelt, il sacerdote fu tra i fondatori , con Charles Lindbergh e il senatore Wheeler, dei comitati “America First” (slogan che sarebbe stato ripreso con successo, oltre mezzo secolo dopo, da Donald Trump, che da presidente, per la sua condiscendenza ai banchieri, avrebbe certamente deluso il nostro autore, come lo aveva deluso Roosevelt).

Si assiste, nel 1941, al paradosso di un Paese che entra in guerra per difendere democrazia e libertà di parola nel mondo intero e, intanto, la mutila in casa propria. Fu vietato a Coughlin di parlare alla radio, mentre lo ascoltavano milioni di persone. Per farlo tacere Roosevelt fece ricorso ai suoi contatti col mondo cattolico, lui che pure era radicalmente protestante. Cercò di esercitare pressioni sull’arcivescovo di Detroit Michael Gallagher, che però difese strenuamente il proprio sacerdote.

Poi, nel 1939 divenne arcivescovo di New York Francis Joseph Spellman, un sacerdote che aveva lavorato a Roma alla Segreteria di Stato, dove era diventato amico del cardinale Pacelli. Una volta salito al soglio Pontificio, Pio XII tra le primissime nomine fece arcivescovo di New York e quindi cardinale Spellman, che era su posizioni conservatrici, affini a quelle del Santo Padre. Spellman fu usato da Roosevelt, con il quale entrò subito in buoni rapporti, contro padre Coughlin. L’obiettivo era chiudergli la bocca. Il Presidente non poteva sopportare le critiche che gli venivano fatte esplicitamente attraverso la radio e gli scritti di Padre Charles. Coughlin doveva essere messo a tacere, possibilmente allontanato anche dallo stato sacerdotale. Alla fine del 1939 Spellman, sempre più vicino a Roosevelt, venne nominato dal Vaticano Responsabile dei cattolici delle Forze Armate degli Stati Uniti. Molto spesso lasciava la sua diocesi per stare in mezzo ai Berretti Verdi.

L’asse Roosevelt-Spellman-Roma schiantò Coughlin. L’occasione fu il pensionamento dell’arcivescovo Gallagher, che sempre aveva difeso Padre Charles, che venne sostituito da un uomo di Spellman, monsignor Mooney. A quel punto Coughlin poteva essere colpito e affondato per autorità del suo diretto superiore ecclesiastico. Così, nell’arco di poco tempo, gli fu impedito di parlare alla radio, di scrivere, di partecipare ad attività sociali. Fu confinato nel suo Santuario del Piccolo Fiore. E fu fortunato a non subire altri provvedimenti canonici (il sogno di Roosevelt era la riduzione allo stato laicale) solo perché con grande umiltà e obbedienza accettò di essere solo un semplice, umile parroco di una remota parrocchia del Michigan, fino a quando si ritirò nel 1966.

Fu la fine del movimento della Social Justice. La fine del sogno di Coughlin di permeare l’anticapitalismo di destra di valori cristiani. Il sogno di fermare il nuovo capitalismo finanziario rampante. Padre Charles si era chiesto: “queste fasi del processo di liquidazione delle Banche della Federal Reserve sono in armonia con la dottrina cristiana?”. E aveva risposto: “Sì, seguono l’esempio di Cristo che rovescia i banchi dei cambiavalute e li scaccia dal Tempio. La giustizia sociale cristiana esige che a questi cambiavalute venga restituito solo quello che hanno elargito” (pag 153).

Ma il nostro aveva avvertito sin dall’inizio: “Se, da un lato, tutti gli uomini hanno diritto a pari opportunità, dall’altro non tutti hanno diritto allo stesso compenso e alla stessa ricchezza personale, poiché alcuni lavorano più duramente e in modo più intelligente di altri. Alcuni sono pigri e propensi a spendere senza misura” (pag. 29). Il fatto è che scrivendo Il denaro! Domande e risposte il filosofo cristiano non tenne conto del fatto che chi lavora più e meglio degli altri, spesso lo ritiene motivo sufficiente per spingersi ad “attività criminali” nei confronti di questi “altri”. E il Vaticano darà loro ragione, censurando Coughlin e costringendolo a ritirarsi in una parrocchia isolata e a esercitarvi il suo sacerdozio fino alla morte. Ma il libro dedicato “al popolo oppresso d’America” gli sopravvisse, così come la sua testimonianza esemplarmente dignitosa e coraggiosa.

Paolo Gulisano

https://www.ricognizioni.it/padre-charles-coughlin-il-vero-microfono-di-dio-e-della-giustizia-sociale/

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