Gli scienziati dell’Università di Lund hanno studiato l’effetto del vaccino Pfizer su una linea cellulare di fegato umano in vitro. Le cellule sono state esposte al vaccino e sono stati poi rilevati livelli elevati nelle cellule epatiche, nonché cambiamenti nell’espressione genica di un elemento nucleare. Si tratta di una trascrittasi inversa. In sostanza: il vaccino a mRNA è in grado di entrare nella linea cellulare del fegato umano in vitro. Nel rapporto della casa produttrice sulla tossicità del proprio vaccino, invece, non erano stati forniti studi di genotossicità.
Il monitoraggio della sicurezza e dell’efficacia a lungo termine dei vaccini sono stati fin dall’avvento dei vaccini anti Covid una delle maggiori preoccupazioni della parte più attenta della comunità scientifica internazionale, quella che non ha assunto acriticamente e fideisticamente la vulgata televisiva sui vaccini “assolutamente sicuri ed efficaci”. In base a che prove? Ora che la morsa mediatica sulla popolazione si sta attenuando, avendo lasciato spazio alle vicende del conflitto russo-ucraino, è possibile portare all’attenzione dell’opinione pubblica qualche studio scientifico molto interessante, come quello prodotto dal Dipartimento di Scienze Cliniche dell’Università di Lund, Malmö, Svezia.
Si tratta di uno studio condotto sugli effetti del vaccino Comirnaty della Pfizer. Nel corso dell’ultimo anno abbiamo avuto valutazioni e indagini sul profilo di sicurezza di questo vaccino, che in molti Paesi, tra cui l’Italia, è stato il più utilizzato. Tali studi hanno evidenziato diversi effetti avversi verificatisi a breve distanza dall’inoculazione, come pericarditi, aritmie cardiache, trombosi venose profonde, embolie polmonari, infarti del miocardio, emorragie intracraniche e trombocitopenia.
Certamente, per comprendere meglio i meccanismi alla base degli effetti avversi correlati al vaccino, sono necessarie indagini cliniche e analisi cellulari e molecolari. Lo studio svedese da poco pubblicato riguarda i possibili effetti avversi del vaccino a mRNA non solo nel breve termine, ma anche a distanza di un periodo di tempo più lungo. Si occupa infatti della trascrizione inversa intracellulare del vaccino Pfizer in vitro nella linea cellulare del fegato umano.
Il lavoro dei ricercatori svedesi è nato a partire da studi recenti che hanno dimostrato che gli RNA SARS-CoV-2 possono essere trascritti e integrati nel genoma delle cellule umane. Ciò ha fatto sorgere la domanda se ciò possa verificarsi anche con i vaccini a mRNA. Nei dati di farmacocinetica forniti a suo tempo da Pfizer all’Agenzia europea per i farmaci (EMA), la biodistribuzione del vaccino era stata studiata nelle cavie animali mediante iniezione intramuscolare con marcatori radioattivi, ritrovati poi principalmente nel sito di iniezione e nel fegato.
I ricercatori svedesi hanno dunque studiato l’effetto del vaccino Pfizer sulla linea cellulare di fegato umano Huh7 in vitro. Le cellule Huh7 sono state esposte al vaccino e sono stati poi rilevati livelli elevati di esso nelle cellule epatiche, nonché cambiamenti nell’espressione genica di un elemento nucleare di tali cellule che è una trascrittasi inversa.
Gli scienziati hanno altresì dimostrato che l’mRNA del vaccino viene trascritto intracellularmente nel DNA già dopo appena sei ore dall’esposizione al vaccino. Lo studio presenta quindi prove che il vaccino a mRNA è in grado di entrare nella linea cellulare del fegato umano Huh7 in vitro, ma ci sono anche altri studi che attestano che ciò si verifica anche in vivo.
In particolare uno studio recente sui vaccini mRNA contro i virus dell’influenza H10N8 e H7N9 utilizzando un sistema di rilascio simile ha mostrato che il vaccino mRNA può distribuirsi in modo piuttosto aspecifico a diversi organi come fegato, milza, cuore, rene, polmone e cervello.
Nel rapporto di valutazione sul suo vaccino fornito all’EMA da Pfizer, gli studi di distribuzione farmacocinetica nelle cavie hanno dimostrato che una proporzione relativamente ampia (fino al 18%) della dose totale si distribuisce al fegato. Dal momento che sono stati segnalati casi di persone che hanno sviluppato epatite autoimmune dopo la vaccinazione, gli scienziati svedesi hanno ipotizzato che se le cellule del fegato presentano anche la proteina spike SARS-CoV-2 derivata dal vaccino, ciò potrebbe potenzialmente rendere le cellule del fegato bersagli per cellule T citotossiche reattive della proteina spike precedentemente innescate.
Purtroppo nel rapporto della casa produttrice sulla tossicità del proprio vaccino, non sono stati forniti studi di genotossicità o cancerogenicità. Lo studio dell’Università di Lund prova invece che il vaccino Pfizer può essere trascritto inversamente al DNA in linee cellulari del fegato, e questo può dare adito alla preoccupazione che il DNA derivato dal vaccino possa essere integrato nel genoma dell’ospite e influenzare l’integrità del DNA genomico, che può potenzialmente mediare genotossicità.
Una prospettiva inquietante e molto preoccupante, che finora era stata negata dai sostenitori ad oltranza di questi preparati sperimentali, che respingevano sprezzantemente l’ipotesi che questi potessero fare delle persone degli OGM, degli organismi geneticamente modificati. Una certezza pseudogranitica ora smontata da questa ricerca.
Paolo Gulisano
https://lanuovabq.it/it/vaccino-e-dna-studio-conferma-non-erano-bufale