C’è una narrazione abbastanza diffusa rispetto all’attuale epidemia del virus Covid-19: sarebbe una sorta di “monito”, se non addirittura di “castigo” o di vendetta, della Terra nei confronti degli esseri umani che troppo a lungo l’hanno maltrattata, violata, abusata. Qualcuno potrebbe osservare: stai parlando della Terra, di un pianeta, di una massa di elementi geologici, biologici e quant’altro come se fosse un essere vivente.
Questa è esattamente l’idea che fu elaborata 40 anni fa, nel 1979, da uno scienziato inglese, James Lovelock, cui spetta la paternità della teoria di Gaia, ovvero la Terra intesa come un unico organismo vivente, una materia che non rimane passiva di fronte a ciò che minaccia la sua esistenza. Il libro rivoluzionò l’ecologia e gli studi sull’ambiente, fino ad allora una branca delle scienze naturali, che da allora diventò piuttosto una ideologia.
Nel suo saggio lo scienziato britannico così introduceva la sua teoria: “Nella mente degli uomini dell’antichità la Terra è sempre stata la generatrice e la nutrice per eccellenza (la Gaia dei Greci) e il concetto di Madre Terra è una categoria dello spirito che permane ancora nelle grandi religioni. Nel mondo moderno peraltro l’accumularsi di conoscenze sull’ambiente naturale e lo sviluppo dell’ecologia hanno fatto sì che gli scienziati abbiano ipotizzato la possibilità che la biosfera possa essere qualcosa di più di un insieme di esseri viventi all’interno dei loro habitat naturali, il suolo, il mare e l’aria. La fede antica e la moderna conoscenza si sono fuse emotivamente nell’ansioso stupore con cui gli astronauti, e noi di riflesso, abbiamo guardato alla Terra rivelata in tutta la sua splendente bellezza contro il buio profondo dello spazio. La nostra emozione però non prova che questa nostra Terra, che è sempre stata detta Madre, sia vivente”. (James Lovelock, Gaia. Nuove idee sull’ecologia. pagina 7)
Indubbiamente l’eloquio del professore è affascinante, suggestivo, ma anche ingannevole. In particolare là dove dice che il concetto di Madre Terra è una categoria dello spirito presente nelle grandi religioni. Quali? Non se ne parla minimamente nell’Ebraismo, non è presente da nessuna parte nei Vangeli né in tutta la storia del pensiero cristiano e non ce né nemmeno l’ombra nell’Islam. Dunque, di quali “grandi religioni” parliamo? Semmai, è presente in culti tribali molto antichi, in forme di animismo. Tuttavia le tesi espresse quarant’anni fa da Lovelock si sono progressivamente fatte strada, e in occasione di questa epidemia sembrano riemergere con forza le tesi che espresse in un altro saggio, dal titolo inequivocabile: La vendetta di Gaia.
Gaia dunque ci ha mandato il Coronavirus per punirci dei nostri errori, della nostra superbia, del modo con cui la trattiamo. Corrado Augias ha parlato di lei come di un “gigante che si vuole scrollare di dosso un po’ di quei sette miliardi di esseri umani che la infastidiscono”. Insomma, la povera Gaia avrebbe agito per legittima difesa e si è comportata come gli altri suoi fratelli – divinità minori – che hanno sempre scagliato fulmini dall’Olimpo o dal Valhalla.
In realtà, queste teorie rappresentano un fenomeno di regressione religiosa, quello che un tempo studiosi laici avrebbero definito uno stadio infantile dell’umanità, con divinità capricciose che abbattevano sugli umani la loro rabbia. L’unica ira che tuttavia non è lecita è quella del Dio biblico, e in particolare del Dio cristiano, che non può punire perché è pieno di misericordia. Allora al suo posto prendono provvedimenti le divinità pagane.
Prima che qualche lettore equivochi il nostro pensiero, chiariamo una cosa: a nostro avviso Dio castiga sì, ma non in questo mondo, eventualmente nell’altro. In questo mondo la giustizia è assolutamente imperfetta, mentre sarà perfetta nell’altro, dove regnano misericordia e giustizia. Pertanto il Coronavirus non è un castigo inviato da Dio (a chi poi? A vecchiette pie vissute di onesto lavoro, sacrifici e preghiere?) ma tantomeno da Gaia o chi per essa.
Eppure le tesi di Lovelock e dell’ideologismo ecologico hanno ormai fatto breccia nel Cristianesimo, e come si diceva l’epidemia le ha portate alla ribalta, per bocca di esponenti dell’episcopato e anche di porporati.
A dare il via a queste interpretazioni è stato il vescovo di Cremona, una delle prime località colpite dal virus. Il prelato cremonese venne ricoverato nei primi giorni del contagio, e grazie alle cure prestategli è riuscito a guarire. Lo scorso 20 marzo, appena dimesso dall’ospedale, monsignor Antonio Napolioni è stato intervistato dal direttore del quotidiano locale, La Provincia. Una delle domande era la seguente: “Molti sostengono che l’emergenza Coronavirus sia un segnale che la Terra ci sta mandando dopo troppi allarmi inascoltati: lo scioglimento dei ghiacciai, i temporali sempre più estremi, gli oceani soffocati dalla plastica, i devastanti incendi in Australia. Lei condivide questa lettura?”. Questa la risposta del pastore cremonese: “Certo che sì. È’ una lettura che i laici e gli uomini di scienza fanno da cinquant’anni e che la Chiesa ha fatto sua. Papa Francesco ha espresso il suo pensiero in maniera organica con l’enciclica Laudato si’. Diciamo che la Terra ci ha inviato un… avviso di garanzia”. Il direttore chiede una precisazione: “La Terra o Dio?”. La risposta del successore degli Apostoli è perentoria: “Dio non gioca con il suo creato, ma lo ha affidato alle sue leggi interne e alla responsabilità degli uomini”.
Insomma, Dio non c’entra, ma Madre Terra sì. L’abbiamo offesa, e quello che accede ne è la conseguenza. Notevole è il passaggio dove Napolioni ricorda che questa è una lettura che “gli uomini di scienza” (Lovelock e chi altri?) fanno da 50 anni. E il presule sembra esprimere tutta la soddisfazione che la Chiesa l’abbia finalmente capita e fatta sua. Merito – of course – del papa e dell’enciclica Laudato sì. Quella che alla sua uscita il cardinale Scola definì “un cambio di paradigma”, un atto di “conversione ad una ecologia integrale”. Quindi, ritornando al pensiero napolionico, “Dio non gioca con il suo creato”, la Madre Terra sì, e gioca anche pesante, se si arrabbia.
Ma se Napolioni è solo il vescovo di una piccola diocesi lombarda, a chiarire ulteriormente il pensiero della nuova Chiesa, è arrivato nientemeno che l’arcivescovo di Vienna, che fu pupillo di papa Ratzinger, e ancora in auge nel corso di questo pontificato. Il cardinale austriaco Christoph Schönborn, molto considerato da papa Francesco, si è espresso sulla stessa lunghezza d’onda in una intervista tv del 22 marzo. Macché punizione di Dio, ha spiegato Schönborn, il vero peccato è quello ecologico: “È veramente necessario volare a Londra per fare shopping? È veramente necessario fare le vacanze alle Maldive per Natale? È veramente necessario fare crociere con 4.000 persone a bordo di una nave che inquina i mari in modo drammatico? Abbiamo veramente bisogno di 200.000 aerei che ogni giorno solcano i cieli?”. Ci si chiederà: cosa c’entra con il Covid-19? Ed ecco la risposta dell’arcivescovo di Vienna: “Forse Dio vuole ricordarci che ci ha affidato la creazione e non ce l’ha data per devastarla”.
Come diceva Napolioni? Un avviso di garanzia. Un monito, un richiamo. Un cartellino giallo, una lavata di capo. Allora, umanità riottosa, la vuoi capire o no? O vogliamo che Gaia si arrabbi e ci castighi con un’altra bastonata biologica? E se qualcuno osasse lamentarsi di questo trattamento che non si è tanto abbattuto su industriali inquinatori, protagonisti del Jet Set, viaggiatori seriali verso paradisi tropicali, ma su ottuagenari reduci da una vita di lavoro e sacrifici, ecco il monito di un teologo gesuita: la Terra ha tutte le ragioni, e il Covid è il virus della provvidenza. La pagina delle notizie del Vaticano, VaticanNews.va, ha pubblicato il 30 marzo un articolo in inglese intitolato Coronavirus: Earth’s unlikely ally. L’alleato improbabile della Terra.
L’autore, il gesuita Benedict Mayaki, commenta con soddisfazione il fatto che la quarantena causata dal Coronavirus, con conseguente chiusura in casa di tante persone, abbia comportato “benefici imprevisti per il pianeta”, come l’acqua limpida e il ritorno dei pesci nei canali di Venezia e la diminuzione delle emissioni di carbonio e dunque dell’inquinamento atmosferico. In tutto questo, commenta il buon padre gesuita, “c’è una lezione per il futuro” che ci insegna “quanto si possa fare per il pianeta”. Non può mancare la doverosa citazione della Laudato si’ in cui Francesco aveva messo in guardia dagli effetti nocivi dell’attività umana sull’ecosistema. Nell’articolo non si fa alcun riferimento alla morte di tante persone e alle sofferenze causate dal Coronavirus. Forse per questo il testo è stato poi rimosso, ma qualcuno ha fatto in tempo a leggerlo. Il buon padre gesuita è stato forse un po’ troppo diretto e tranchant, ma non ha fatto altro che portare alle estreme conseguenze un certo pensiero: il male del pianeta è l’uomo. Dunque, se vogliamo salvare il pianeta, eliminiamo l’umanità, o almeno riduciamone fortemente la presenza. Una visione in linea con i novelli profeti del malthusianesimo (come Jeffrey Sachs) tanto spesso ospitati e riveriti, non a caso, in Vaticano.
Infine, non poteva mancare per l’occasione la voce di Leonardo Boff, ex sacerdote e teologo della liberazione, folgorato sulla strada dell’ecologismo e reclutato da papa Francesco come ispiratore della Laudato Si’. In un recente articolo ha sostenuto che il Coronavirus è “una rappresaglia di Gaia per le offese che ininterrottamente le infliggiamo”. L’anziano amico delle cause guerrigliere ha trovato una nuova bandiera da innalzare, nuova anche se antichissima: Gaia, la dea greca che personifica la Terra. La divinità riproposta da Lovelock. Insomma: Dio è morto, ma Gaia – o Pachamama – è viva è lotta insieme a noi, e Hasta il Coronavirus siempre.
Di fronte a tutto questo c’è davvero da augurarsi che si formi una resistenza che prenda le parti di Dio, ma anche quelle dell’umanità. Qualcuno che ricordi che c’è un Dio che ha fatto il Creato come cosa buona, ma dove è presente e agisce il male, dove ci sono predatori e virus assassini che uccidono povera gente debole e fragile. Che dire della Madre Terra che può diventare matrigna crudele? Meglio allora il Padre Buono di cui ci parla quel libro dimenticato che si chiama Vangelo.
Paolo Gulisano