Piccole note sulla vita familiare

In genere il sottoscritto diffida di quei libri che vogliono essere dei manuali, delle istruzioni per l’uso. I vari Come vivere felici e contenti, Il segreto di una salute inossidabile, Sposati e fa quel che ti pare, decisamente non fanno per me. Fondamentalmente perché ho constatato che non funzionano quasi mai. Ma l’aureo libretto che ho appena terminato di leggere è tutta un’altra cosa. Il che è bello e istruttivo, come avrebbe detto Giovannino Guareschi. 

I Signori dell’Anello è un libro geniale. A cominciare, ovviamente, dal titolo. L’Anello in questione non è, naturalmente, quello di Sauron, ma quel cerchietto d’oro che un giorno hai messo al dito e da allora la vita è cambiata o, se vogliamo citare un altro grande scrittore delle Isole Britanniche, l’Irlandese William Butler Yeats, “una tragica bellezza è nata”, una bellezza che sempre più spesso viene profanata.

“Guida alla vita familiare in piccole note” è il sottotitolo esplicativo dato a questo breve ma denso libro edito da D’Ettoris e scritto dallo psicologo Silvio Rossi, psicoterapeuta di orientamento cognitivo-comportamentale e presidente dell’Associazione Kriterion Famiglia e Persona.

Le piccole note con cui è compilato sono delle autentiche pillole di saggezza, somministrate con simpatia e brillantezza di stile. Rossi sembra quasi una sorta di Ennio Flaiano della psicologia quando ci regala espressioni come questa: “il patrimonio è la tomba dell’amore”; non il matrimonio, come dice una certa vulgata, ma tutto quell’insieme di falsi bisogni che ci vengono proposti come indispensabili. Ovvero il consumismo, che in sé, e per le sue esigenze, non ama i rapporti stabili e indissolubili. Cambiare la macchina o lo smartphone va bene, ma anche cambiare coniuge fa girare l’economia aumentando i consumi. Un’altra perla di Silvio Rossi è quella con cui commenta uno dei più noti luoghi comuni relativi alla convivenza che sta soppiantando il matrimonio “Tanto che differenza fa? Ci vogliamo bene lo stesso”: proprio a questo proposito Rossi sottolinea che c’è la stessa differenza che c’è tra il lavorare in nero e l’avere un contratto a tempo indeterminato, e forse almeno questo i giovani lo dovrebbero capire!

I Signori dell’Anello ci mostra con chiarezza cosa sia l’amore vero, reale – non quello nevrotico, sdilinquito o erotico oggi di gran moda – ma quello che intercorre tra un marito e una moglie: fatto di difficoltà, di incomprensioni, di litigi, ma che non può prescindere da un profondo rispetto. Partendo da un rispetto per se stessi che oggi si sta perdendo.

Nella seconda parte del libro, dopo aver esaminato la vita di coppia, Rossi passa al tema dell’educazione dei figli. Innanzitutto invita i genitori a riappropriarsi di questo compito, che è un diritto/dovere: l’educazione dei bambini è di competenza dei genitori. Un genitore non può dire: “Io lavoro e non ho tempo di educare i miei figli”, non fosse che perché pur essendo oppresso dal lavoro, il tempo per mettere al mondo i figli lo ha trovato.

L’istruzione pubblica sarà una conquista del progresso, ma l’educazione dei ragazzi è faccenda che riguarda non il progresso, bensì la civiltà e perciò è di carattere privato. “Ogni volta che lo Stato interviene nel campo morale, i genitori rinunciano a un pezzetto dei loro figli” diceva il grande educatore Giovannino Guareschi. Parole da sottoscrivere pienamente, alla luce di quanto è sotto i nostri occhi: la strategia statalista di progressivo esproprio dei figli alla famiglia, per affidarne la crescita alle “istituzioni”. Bene fa questo libro a richiamare alla responsabilità educativa i genitori stessi, che non devono delegare a nessuno la responsabilità ultima dell’educazione dei figli, per quanto sia una responsabilità gravosa e difficile.

Educare – scrive l’autore – è l’arte profonda e raffinata di insegnare a distinguere. Nella nostra società confusa, globale, indifferenziata, mescolata, ambigua e buonista, che quindi ha rinunciato all’esercizio della facoltà dell’intelligenza, l’arte di distinguere è l’arte sublime dei maestri.

Paolo Gulisano

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