Se “la Scienza” è a libro paga di Pfizer & Co

Un’inchiesta della Verità svela che durante il Covid la Pfizer ha moltiplicato i soldi elargiti a medici, società scientifiche, università, case editrici, eccetera, superando i 10 milioni annui. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il fenomeno è comune a Big Pharma ed è deontologicamente problematico. Ma i giornali di regime non ne parlano più.

Il 27 marzo il quotidiano La Verità ha pubblicato un’inchiesta sui soldi elargiti dalla ditta Pfizer a vari medici, società scientifiche, associazioni, federazioni, ma anche case editrici, società di congressi scientifici, società di formazione dei medici, enti pubblici, ospedali e università.

Nel 2018, la Pfizer destinava a queste “sponsorizzazioni” 169.000 euro. Negli anni successivi, quelli del Covid, la cifra è salita a oltre 10 milioni annui. Un salasso per la multinazionale? No, un lucroso investimento. Infatti, noi sappiamo che i vaccini di Pfizer e Moderna sono stati venduti a prezzi esorbitanti agli Stati che – rispetto al costo di produzione stimato da 1,18 a 2,85 dollari a dose – li hanno venduti ad un prezzo venti volte superiore. Se l’Italia non avesse permesso che il duopolio Pfizer-Moderna si accaparrasse tutto il mercato vaccinale nazionale e avesse acquistato altri tipi di prodotti, avrebbe potuto risparmiare oltre quattro miliardi di euro, da destinare alla realizzazione di oltre 40.000 nuovi posti di terapia intensiva o all’assunzione di 49.000 nuovi medici. Sono dati che provengono da Oxfam Italia, una onlus che si occupa di interventi sanitari e che non ha mai messo in discussione la necessità dei vaccini, ma ha evidenziato gli aspetti economicamente più discutibili di tutta la grande operazione che ha garantito profitti stellari alle aziende farmaceutiche protagoniste.

L’articolo del quotidiano di Belpietro ha messo in evidenza solo la punta dell’iceberg. La Pfizer ha fatto semplicemente quello che la stessa azienda e altre ditte di Big Pharma fanno, senza problemi, da anni.

È interessante, al riguardo, andare a rileggere queste righe: «Denaro fresco pompato nell’apparato circolatorio della sanità italiana. Nelle arterie più grandi come nei capillari. I soldi di Big Pharma raggiungono le società scientifiche più importanti e i singoli medici di famiglia facendo vivere il sistema, o almeno un suo bel pezzo. Chi dubitasse dell’importanza dei fondi privati, oggi ha materiale per cambiare idea: sono online i dati dei contributi dell’industria ai professionisti e alle organizzazioni sanitarie, come chiesto nel Codice di trasparenza della Federazione europea dei produttori». Chi scriveva queste righe era il quotidiano la Repubblica, il 13 agosto 2016. Probabilmente, allora, la denuncia delle manovre di “condizionamento economico” dei medici da parte di Big Pharma era ancora “di Sinistra”. Poi, con il Covid si è imposto il pensiero unico, la narrazione unica, e questo tipo di notizie è scomparso dai grandi giornali di regime.

Ma ci furono ancora dei tentativi di far sapere come agiscono i veri padroni della Sanità: l’1 aprile 2019, pochi mesi prima dell’avvento del Covid, il Codacons procedeva con un esposto (rimasto lettera morta), in cui denunciava: «Da Case farmaceutiche 163 milioni di finanziamenti in tre anni a 32 mila medici italiani». Nell’esposto-dossier si leggeva che tra il 2015 e il 2017 le principali dieci case farmaceutiche operanti in Italia avevano versato nelle tasche dei medici italiani la bellezza di oltre 163 milioni di euro, attraverso finanziamenti e sussidi di vario tipo. I numeri che emergevano dallo studio dell’associazione erano impressionanti: 32.623 tra medici, fondazioni e ospedali avevano complessivamente percepito in Italia 163.664.432 euro nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017. Soldi versati dalle aziende Abbvie, Almirall, Merck, Msd, Hospira, Pfizer, Pfizer Italia, Pierre Fabre Pharma, Pierre Fabre Italia, GlaxoSmithKline, a titolo di accordi di sponsorizzazioni, donazioni, viaggi, quote di iscrizione, corrispettivi e consulenze.

Finanziamenti, questi, che vennero portati all’attenzione dell’Autorità Anticorruzione, chiedendo una verifica sulla piena correttezza delle sovvenzioni, alla luce della possibile violazione dell’articolo 30 del Codice di Deontologia medica, che impone al professionista di «evitare ogni condizione nella quale il giudizio professionale riguardante l’interesse primario, qual è la salute dei cittadini, possa essere indebitamente influenzato da un interesse secondario», nonché di «dichiarare in maniera esplicita il tipo di rapporto che potrebbe influenzare le sue scelte consentendo al destinatario di queste una valutazione critica consapevole». Il medesimo articolo impone l’assoluto divieto per il medico di «subordinare il proprio comportamento prescrittivo ad accordi economici o di altra natura, per trarne indebito profitto per sé e per altri».

L’esposto del Codacons del 2019 riportava anche i nominativi dei medici che avevano ricevuto diverse migliaia di euro per “informarli”, per “aggiornarli”, per sensibilizzarli ai loro prodotti, e nell’elenco ritroviamo tutti i bei nomi delle virus-star che da lì a pochi mesi avrebbero monopolizzato l’informazione mediatica. Non ne manca nessuno.

Le giustificazioni che vengono da parte di quella che un tempo si chiamava “classe medica” sono ben note: i professionisti hanno bisogno di formazione continua, la ricerca ha bisogno di sovvenzioni, il settore pubblico non ottempera a sufficienza a questi compiti e quindi non si può fare a meno di finanziamenti privati. Detto questo, tuttavia, allora è opportuno che la gente della strada, quella che ha eseguito le direttive che venivano dall’alto, dai protocolli di (non) cura alle vaccinazioni, affidandosi ciecamente a quello che diceva “la Scienza”, sappia che questa non era la scienza pura, di Einstein o Madame Curie, ma una scienza con tanto di sponsorizzazione, la “scienza” dei bonifici e dei viaggi pagati.

È la cosiddetta “dottrina Gates”, che prevede una catena di sovvenzioni tra privati, aziende farmaceutiche e specialisti di settore. Si tratta di flussi di finanziamenti che giungono nelle casse di agenzie sanitarie pubbliche o industrie farmaceutiche, che poi erogano sussidi da destinare a progetti in ospedali o istituti di ricerca, o a singoli professionisti, medici o scienziati che siano.

In un momento in cui una certa parte di popolazione che aveva sottomesso il proprio giudizio alla narrazione ufficiale sta cominciando a poco a poco ad aprire gli occhi, ci si dovrebbe porre anche queste domande legittime: un medico – e magari soprattutto un medico che “fa opinione” mediatica – che riceve finanziamenti da una determinata azienda farmaceutica, come si comporterà quando dovrà scegliere tra i prodotti della società che lo ha sponsorizzato e quelli di altre aziende con cui invece non ha rapporti? E lo stesso vale, a maggior ragione, per associazioni, federazioni, fondazioni. Dimmi chi ti paga, e ti dirò chi sei. E soprattutto potrò giudicare determinate scelte che riguardano la Salute pubblica.

Paolo Gulisano

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